MIRACOLO A SANT'ANNA di Spike Lee
Presenti con i proff. Antonino D'Ambra e Dario Coppola: Federico Silvestri, Ruggero Alfano, Dario Ameglio, Luna Fiorenzano, Lorenzo Nardi, Costantino Trogu, Mirko Giangrasso
da MYmovies 2008 - Giancarlo Zappoli
Un film drammatico incentrato sulla tragedia dei soldati americani che combatterono contro i tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale nel paesino toscano di Sant'Anna di Stazzema.
Stati Uniti. Anni '80. In un ufficio postale un impiegato di colore spara a bruciapelo a un utente italoamericano. L'uomo viene arrestato e nella sua abitazione viene trovata la testa di una statua che ornava un ponte di Firenze.Toscana 1944. Quattro soldati neri americani della 92^ Divisione "Buffalo Soldiers" dell'esercito americano (la quale è interamente composta da militari di colore) vengono isolati dai commilitoni e si ritrovano in un paesino degli Appennini dopo che uno di loro, Train, ha rischiato di morire per salvare Angelo, un bambino italiano. Costretti in quello spazio limitato, con i tedeschi in arrivo e i superiori incapaci di comprendere le dinamiche della situazione i quattro entrano in contatto con la vita degli abitanti del paese e con la guerra partigiana. Hanno però ricevuto un ordine preciso: catturare un soldato tedesco. Chi si attiva per raggiungerli vuole che questo risultato sia conseguito a tutti i costi. C'è un legame tra la statua e quegli uomini.Spike Lee tenta la sua operazione più spericolata: uscire dai confini statunitensi per tornare a trattare il tema del rapporto bianchi/neri oltreoceano. Lo fa con un film che affronta (a differenza di buona parte del cinema mainstream made in Usa) la difficoltà della complessità. È complessa in questo film la struttura narrativa che vuole fondere la rilettura del genere bellico con la problematica di forte impatto sociale, inserendovi elementi che vanno al di là di quella razionalità, a volte chirurgica, che ha guidato altri film del regista. Ma la complessità si colloca anche altrove e cioè nello sguardo sulle relazioni che stavano (o forse stanno ancora) alla base dei due nuclei sociali. Da un lato i 4 commilitoni dalla pelle scura, che proprio su quella pelle hanno vissuto in patria discriminazioni che ora vengono superate grazie al bisogno di forze armate da dispiegare in gran numero sul fronte europeo. Si deve cioè tecnicamente verificare se i 'negri' potessero essere utilizzati nella fanteria (oltre che nei battaglioni di lavoro in cui già operavano). Questi 'oggetti' di esperimento potrebbero essere facilmente liquidabili sotto l'etichetta che fa riferimento al colore della loro pelle mentre invece tra di loro le differenze sono profonde. C'è chi percepisce il protrarsi della discriminazione e pensa al futuro dei propri figli e chi vive alla giornata cogliendo ciò che può essere colto. Sopra di loro dei superiori bianchi che perpetuano con loro le stesse relazioni discriminatorie cristallizzatesi in patria. Dall'altra parte lo 'strano' mondo della Toscana con il paesino in cui convivono fascisti visceralmente convinti, donne pronte a sedurre e a farsi sedurre dal 'nuovo' e partigiani. Anche lo sguardo sul mondo dei 'ribelli' non è mai semplice nel film. C'è chi combatte il nemico ma sente sulla coscienza il peso di aver ucciso chi fino a poco prima era un vicino di casa ed ora sta sull'opposta barricata. Gli stessi tedeschi non vengono tratteggiati con le semplicistiche tinte da attribuire al 'nemico' fonte di ogni male ma vedono nelle loro file chi non sopporta l'orrore della violenza bestiale. Per dominare narrativamente questa complessità il film inserisce l'elemento miracolistico di Angelo (un bambino che non può non far pensare a La vita è bella) e, anche se questo ruolo diviene fondamentale per chiudere la vicenda e soprattutto per consentire il tratteggio della figura del 'gigante buono nero' Train, rischia proprio in questo caso di indebolire il tessuto narrativo. Ma quella testa di statua a cui l'oggi offre solo una consistenza di valore patrimoniale, diviene segno di memoria, di secoli di storia, di un passato che gli Stati Uniti non hanno e che forse un po' invidiano a un'Italia che troppo facilmente tende a dimenticare le proprie radici. È un monito che ci giunge da chi ci guarda da lontano e che nel passato ci ha sbrigativamente etichettato come 'mangiaspaghetti': nella memoria del passato sta la forza degli individui e di un popolo.
Dopo il film
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