ROBI
Robi,
così era chiamato dai compagni di partito, diceva che l’organizzazione
di una lotta armata irrompe nel PRT, non tanto grazie a studenti ed
intellettuali rivoluzionari influenzati da esperienze di altri paesi, ma
grazie all’esperienza diretta della massa operaia argentina ed è
appoggiata da un partito che ha cercato in tutti i modi di seguire una
linea di lotta pacifica, un partito che ha cominciato con gli scioperi,
ha partecipato attivamente alle elezioni, ha occupato le fabbriche e
tenuto in ostaggio persone, fino alle manifestazioni violente…
precludendo qualsiasi possibilità legale con la presa di potere di
Onganía, Roberto Santucho si vede costretto ad orientare i propri
propositi verso una guerra rivoluzionaria. Il V congresso sancisce la
nascita del “ Ejercito Revolucionario del Pueblo” ( ERP): dovrà dare
origine alla struttura guerrigliera più forte del paese, con
l’obbiettivo di indebolire le forze armate del regime per preparare il
campo ad una insurrezione vittoriosa del proletariato e del popolo. L’
attuale situazione politica argentina necessitava di una risposta ferma e
violenta; il Congresso precisò che la guerra popolare doveva essere
intesa come una “ guerra di massa” che si svilupperà e crescerà grazie a
migliaia di combattenti, armati e non armati, e che potrà trionfare
solamente con la partecipazione di tutto il popolo argentino.
La guerriglia era formata da cittadini che rivendicavano il diritto alla ribellione sancito dalla costituzione. Secondo il documento delle Nazioni Unite, lo stato deve rispettare e garantire i diritti fondamentali delle persone e, quando non lo fa, è responsabile delle violazioni dei diritti umani; come quando tortura, sequestra ed ammazza, quando le armi che gli sono state consegnate dal popolo per essere protetto vengono usate contro di esso. In quel periodo l’apparato statale si mise al servizio di sequestri e sparizioni, torture e morti; le organizzazioni guerrigliere, anche se tesero agguati e compirono omicidi ingiustificati ( ricordo la morte di Oberdan Sallustro, direttore della FIAT di Cordoba definita ingiusta dallo stesso Santucho), erano organizzazioni popolari i cui militanti lottavano contro la repressione per raggiungere l’obbiettivo di ampliare i margini di partecipazione democratica della società. Il movimento era diffuso in tutto il paese; in molte province vi erano rappresentanti e militanti della guerriglia, i finanziamenti provenivano dalla vendita di giornali propagandistici, da sequestri di camion d’alimenti, da rapine in banche, che erano all’ordine del giorno, e soprattutto, nel primo periodo di azioni militari, le imprese straniere erano il bersaglio prediletto. Il reclutamento avveniva attraverso il passa parola; si reclutavano giovani volontari durante i comizi illegali che si tenevano nelle fabbriche o in luoghi segreti. Facendo sua la concezione della guerriglia, l’ERP affermava che, in certi periodi di crisi economica e politica, la lotta di classe si trasforma in guerra civile e che in un’epoca di guerra civile un partito del proletariato si deve trasformare in partito combattente.
La guerriglia era formata da cittadini che rivendicavano il diritto alla ribellione sancito dalla costituzione. Secondo il documento delle Nazioni Unite, lo stato deve rispettare e garantire i diritti fondamentali delle persone e, quando non lo fa, è responsabile delle violazioni dei diritti umani; come quando tortura, sequestra ed ammazza, quando le armi che gli sono state consegnate dal popolo per essere protetto vengono usate contro di esso. In quel periodo l’apparato statale si mise al servizio di sequestri e sparizioni, torture e morti; le organizzazioni guerrigliere, anche se tesero agguati e compirono omicidi ingiustificati ( ricordo la morte di Oberdan Sallustro, direttore della FIAT di Cordoba definita ingiusta dallo stesso Santucho), erano organizzazioni popolari i cui militanti lottavano contro la repressione per raggiungere l’obbiettivo di ampliare i margini di partecipazione democratica della società. Il movimento era diffuso in tutto il paese; in molte province vi erano rappresentanti e militanti della guerriglia, i finanziamenti provenivano dalla vendita di giornali propagandistici, da sequestri di camion d’alimenti, da rapine in banche, che erano all’ordine del giorno, e soprattutto, nel primo periodo di azioni militari, le imprese straniere erano il bersaglio prediletto. Il reclutamento avveniva attraverso il passa parola; si reclutavano giovani volontari durante i comizi illegali che si tenevano nelle fabbriche o in luoghi segreti. Facendo sua la concezione della guerriglia, l’ERP affermava che, in certi periodi di crisi economica e politica, la lotta di classe si trasforma in guerra civile e che in un’epoca di guerra civile un partito del proletariato si deve trasformare in partito combattente.
Ricordare Mario Roberto Santucho- “el Negro”, “el Robi”- ha oggi un profondo significato politico e morale. Politico in quanto con il suo operato scrisse alcune pagine della tormantata storia argentina degli anni ’70; morale in quanto grande idealista e trascinatore di giovani. Fu un combattente per la rivoluzione socialista che morì a 39 anni affrontando il terrorismo dell’ultima dittatura: era il 19 luglio 1976. La classe dominante e tutte le sue versioni di storia ufficiale hanno sempre tentato di presentarlo come un “demonio”, affinché le nuove generazioni non potessero imparare ne dal suo esempio ne dalle sue idee.
Figlio del procuratore giudiziario Francisco Rosario Santucho e della maestra Manuela del Carmen Juarez, nacque nella città di Santiago del Estero il 12 agosto del 1936. Già in giovane età cominciò ad interessarsi alla politica ed ai problemi di ordine sociale che questa genera, fece parte del “ Centro de Estudios Socios-Económicos” della provincia di Santiago del Estero e collaborò attivamente con la rivista “Dimensión”. Studente di economia presso l’università di Tucuman, interviene attivamente nelle lotte politiche universitarie partecipando alla fondazione del MIECE (Movimiento Independiente de Ciencias Económicas), che nasce come alternativa al movimento riformista- composto essenzialmente da correnti radicali, comuniste e socialiste- ed al movimento umanista espressione dei settori della destra conservatrice e di ambienti cattolici. Il MIECE trionfò nelle elezioni universitarie del 1959 consacrando Santucho come rappresentante del Consiglio universitario. Sempre in questo periodo comincia a scrivere per il giornale “ El Combatiente”, dove collaborerà e ne sarà direttore fino alla morte. Cominciarono a definirsi molte delle caratteristiche e degli aspetti che contraddistinsero la sua personalità nelle lotte future. La passione per lo studio di Roberto Santucho, ostacolata molte volte dalle esigenze di una intensa vita da militante, cercava di essere soddisfatta con organizzazione e costanza, rubando ore al sonno fino ad usare metodi di lettura veloce, non sempre adeguati ad un necessario approfondimento.
Una illimitata fiducia nella massa lo dotava di ottimismo e di un dinamismo contagioso, che gli permise di confrontarsi con obbiettivi ambiziosi generando energia e risvegliando forze, molte volte ignorate, in coloro che lo accompagnavano nei suoi sforzi.
Agli inizi del 1961, con l’intento di arrivare a Cuba, intraprende un viaggio con la sua sposa, Ana Maria Villareal, attraverso vari paesi latino americani; questa esperienza risulterà determinante per il suo futuro.
In Perù conosce il leader aprista Raul Haya de la Torre, le cui idee ispireranno il Frente Revolucionario Indoamericano Popular ( FRIP), continua il suo viaggio attraverso gli Stati Uniti, dove ha la possibilità di partecipare a dibattiti e conferenze, conoscendo così dal di dentro il sistema capitalistico con tutte le sue contraddizioni e ingiustizie sociali. Finalmente arriva a Cuba; è un momento decisivo per la rivoluzione, quando viene proclama l’avanzata verso il sistema socialista. Il contatto con questa realtà, le conversazioni e gli scambi di idee con i leader più importanti della Rivoluzione e il contrasto che Santucho percepisce ripensando a quello che aveva fatto, pensato e conosciuto negli anni addietro, definiscono definitivamente le sue aspirazioni rivoluzionarie e la sua totale adesione all’ideologia marxista-leninista.
In sua assenza, il 9 di luglio del 1961, era stato fondato formalmente il FRIP come espressione della concezione americanista antimperialista, Roby fece ritorno in Argentina e, con la sua solita determinazione, intraprese i primi passi per preparare e sviluppare una lotta che dovrà portare ad una rivoluzione antimperialista.
Le possibilità davanti alle quali Santucho si trovava erano: 1) unirsi ad un movimento che aveva come presupposto il marxismo 2) lavorare per costruire una nuova organizzazione con obbiettivi specificatamente rivoluzionari. Egli decise per la seconda opzione, la più rischiosa e difficile, però l’unica che considerava fattibile in quel momento viste le circostanze.
Individuò nel FRIP l’embrione dal quale poi sviluppare e far crescere il nuovo partito rivoluzionario; fu necessario un intenso dibattito ideologico interno per superare le profonde differenze esistenti fra il suo progetto, la sua idea, e quella dei suoi compagni. Il potere di convincimento del già conosciuto ed apprezzato “Robi”, la sua tenacia, e la capacità di trovare compromessi con gli ambienti marxisti della città di Santiago del Estero, permisero importanti passi in avanti nell’organizzazione del nuovo partito.
La lezione dei classici, un’accurata analisi del marxismo-leninismo e soprattutto una lunga pratica sociale, servirono a forgiare definitivamente la sua personalità e la sua tempra rivoluzionaria. Allo stesso tempo, il suo profondo internazionalismo caratterizzò tutta la sua militanza; già abbiamo visto con quale inquietudine e passione conobbe e interiorizzò la rivoluzione cubana, nello stesso modo si dedicò allo studio e alla propaganda informativa dei processi legati alla guerra del Vietnam e di tutto il sud-est asiatico.
Nello stesso modo Roberto Santucho ha lottato per il raggiungimento dell’unità di tutti i rivoluzionari del Cono sud dell’America Latina, anche come membro della “Junta de Coordinación Revolucionaria” ( JCR) di cui facevano parte il MIR cileno, il MLN Tupamaros dell’Uruguay, I’ELN boliviano e successivamente il PRT.
Immagini tratte da http://www.prt.5u.com/MRSantucho_PRT.htm
Agli
inizi degli anni '70 e fino alla fine degli anni '80, in America Latina
erano le dittature militari a governare, regimi di destra che con il
beneplacito degli Stati Uniti detenevano il potere in Cile, Bolivia,
Uruguay, Argentina, Brasile e Paraguay.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda, gli Stati Uniti si prepararono militarmente per reprimere i movimenti rivoluzionari di stampo comunista dei paesi dell’America latina. Nel 1946 viene fondata la “ Escuela de las Americas”, che segue il principio della dottrina de “seguridad nacional” contro l’espansione del comunismo: in questa scuola si formarono militari poi protagonisti, negativamente, nei loro paesi d’origine ( Hugo Banzer Suárez dittatore militare in Bolivia dal 1972 al 1979).
Nel 1975, i governi del cono sud ( Argentina, Cile, Uruguay) decidono di allearsi contro i gruppi guerriglieri dei rispettivi paesi, vengono appoggiati dalla CIA per coordinare una repressione di cooperazione clandestina che prende il nome di “ Operación Condor”[1].
La “Operación Condor”, una campagna di assassinii mirati spacciata per un’azione antiterroristica nei confronti di centinaia di fuoriusciti (fra i primi anche quello, nel settembre del 1974, del generale Pratz, rimasto fedele ad Allende ed esule a Buenos Aires). E ciò in base ad un accordo della polizia segreta cilena, la Dirección nacional de inteligencia (DINA), con i servizi di sicurezza di Argentina, Bolivia, Brasile, Ecuador, Paraguay e Uruguay; fu fondata ed alimentata per far fronte e per debellare l’alleanza nata fra le quattro guerriglie rivoluzionarie latinoamericane, la Junta de Coordinación Revolucionaria, composta dal “ Ejército de Liberación Nacional Boliviano” ( ELN), “ Movimiento de Izquierda Revolucionaria de Chile” ( MIR), “Movimiento de Liberación Nacional- Tupamaros de Uruguay” (MLN-T), “ Ejército Revolucionario del Pueblo e Partido Revolucionario de los Trabajadores” (ERP-PRT) Argentina.
Così si intraprese un processo antimperialista-rivoluzionario alla ricerca di una soluzione definitiva per la critica situazione economico sociale, prodotto dello sfruttamento imperialista. Dai primi mesi del 1970 comincia a concretizzarsi l’idea di una coordinamento organico permanente: dai contatti che si susseguirono si giunge al novembre 1972 quando, a Santiago del Cile, venne sancita ufficialmente la nascita della “ Junta de Coordinacion Revolucionaria” ( JCR), al fine di intraprendere insieme il cammino verso una lotta armata che avesse come obiettivo la fine della dominazione imperialista e l’instaurazione del socialismo. La JCR venne definita come strumento di coordinamento rivoluzionario comprendente sia lo scambio di esperienze politiche sia l’elaborazione di strategie comuni per la soluzione dei problemi. Fu garantito così un mutuo soccorso per i compagni perseguiti, per i problemi finanziari, documenti, armi..etc.
La nascita della (JCR) permise alle forze rivoluzionarie sud-americane di farsi conoscere e di propagandare la loro lotta; la dichiarazione di “nascita” fu tradotta in varie lingue, tra cui anche l’italiano ed il francese, per rendere internazionale la lotta rivoluzionaria che stavano vivendo soli e contro tutti.
Dopo il golpe militare in Cile ( 11 settembre 1973), il centro della JCR fu spostato a Buenos Aires, mettendo ancora di più in evidenzia la supremazia ideologica ed organizzativa dell’ ERP-PRT rispetto alle altre tre organizzazioni. 1) L’ ELN era una guerriglia senza particolari riferimenti alla politica, 2) il MIR era nato dalla scissione dal partito comunista e socialista senza avere un programma ben definito, 3) i Tupamaros erano un movimento sociale di guerriglia urbana, non strettamente legato a finalità politiche. Queste differenze portarono alla definizione di una scala gerarchica del potere, nella quale le parole del ERP-PRT, in particolare quelle di Santucho, erano la guida della rivoluzione.
Durante il cammino di avvicinamento alle altri correnti marxiste, partecipando alle lotte dei lavoratori tucumani, Santucho comincia a stabilire relazioni con i militanti di Palabra Obrera, organizzazione di ispirazione trotskista di Tucuman che cercava di sviluppare una sorta di “entrismo” nel peronismo operaio tucumano.
Questi aspetti e caratteristiche di base permisero a tutte e due le organizzazioni, PO e FRIP, di sviluppare una strategia comune ed identificarsi negli stessi ideali ed obbiettivi; il processo di unificazione arriva a conclusione con la nascita del PRT il 25 maggio del 1965.
Mario Roberto Santucho fu determinante per la nascita e lo sviluppo del partito marxista leninista argentino. Era convinto della indispensabile necessità di un Partito rivoluzionario formato dai “quadri” della rivoluzione ( vedi nota 4), organizzato con una forma di centralità democratica, che garantisse il più ampio spazio alla discussione nel partito, ed anche una possibilità rapida di intervento.
Concepiva il partito come uno strumento, non fine a se stesso, ma necessario per compiere e realizzare il suo obbiettivo; voleva che il suo ideale si riflettesse nell’orientamento politico del popolo in modo omogeneo sia da un punto di vista ideologico sia da uno politico, e che , così, potesse colpire il nemico come un “ unicum”.
Capiva che il partito deve radicarsi profondamente in tutti gli strati popolari e, in particolare, nel proletariato industriale, senza tralasciare o sottovalutare uno sviluppo omogeneo in tutto il paese, perché il lavoro era tanto: si trattava, per il popolo, di prendere il potere. Roby Santucho non fu mai troppo convinto che per raggiungere tale obbiettivo fosse sufficiente avere un partito, anche se forte e coeso. La coscienza rivoluzionaria passava per l’azione di un popolo convinto ed organizzato, politicamente capace di disporre di una avanguardia da mettere a disposizione per una rivoluzione. Per questo coniò l’espressione: “ ejército politico de las masas”[2].
“El Ejército Revolucionario del Pueblo” ( ERP) fu istituito per decisione del V Congresso del Comitè nel novembre del 1969, con l’intenzione di costituire ed addestrare un esercito popolare composto da tutte le classi sociali e dai settori politici antimperialisti. In piena dittatura,era una chiamata alle armi rivolta a uomini e donne che, senza distinzione di credo o di bandiera politica, fossero disposti ad impugnare le armi contro l’imperialismo. Santucho fu, allo stesso tempo, segretario generale del PRT e comandante dell’ERP, fu sempre un combattente in prima linea, agendo coerentemente con le sue idee politiche.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda, gli Stati Uniti si prepararono militarmente per reprimere i movimenti rivoluzionari di stampo comunista dei paesi dell’America latina. Nel 1946 viene fondata la “ Escuela de las Americas”, che segue il principio della dottrina de “seguridad nacional” contro l’espansione del comunismo: in questa scuola si formarono militari poi protagonisti, negativamente, nei loro paesi d’origine ( Hugo Banzer Suárez dittatore militare in Bolivia dal 1972 al 1979).
Nel 1975, i governi del cono sud ( Argentina, Cile, Uruguay) decidono di allearsi contro i gruppi guerriglieri dei rispettivi paesi, vengono appoggiati dalla CIA per coordinare una repressione di cooperazione clandestina che prende il nome di “ Operación Condor”[1].
La “Operación Condor”, una campagna di assassinii mirati spacciata per un’azione antiterroristica nei confronti di centinaia di fuoriusciti (fra i primi anche quello, nel settembre del 1974, del generale Pratz, rimasto fedele ad Allende ed esule a Buenos Aires). E ciò in base ad un accordo della polizia segreta cilena, la Dirección nacional de inteligencia (DINA), con i servizi di sicurezza di Argentina, Bolivia, Brasile, Ecuador, Paraguay e Uruguay; fu fondata ed alimentata per far fronte e per debellare l’alleanza nata fra le quattro guerriglie rivoluzionarie latinoamericane, la Junta de Coordinación Revolucionaria, composta dal “ Ejército de Liberación Nacional Boliviano” ( ELN), “ Movimiento de Izquierda Revolucionaria de Chile” ( MIR), “Movimiento de Liberación Nacional- Tupamaros de Uruguay” (MLN-T), “ Ejército Revolucionario del Pueblo e Partido Revolucionario de los Trabajadores” (ERP-PRT) Argentina.
Così si intraprese un processo antimperialista-rivoluzionario alla ricerca di una soluzione definitiva per la critica situazione economico sociale, prodotto dello sfruttamento imperialista. Dai primi mesi del 1970 comincia a concretizzarsi l’idea di una coordinamento organico permanente: dai contatti che si susseguirono si giunge al novembre 1972 quando, a Santiago del Cile, venne sancita ufficialmente la nascita della “ Junta de Coordinacion Revolucionaria” ( JCR), al fine di intraprendere insieme il cammino verso una lotta armata che avesse come obiettivo la fine della dominazione imperialista e l’instaurazione del socialismo. La JCR venne definita come strumento di coordinamento rivoluzionario comprendente sia lo scambio di esperienze politiche sia l’elaborazione di strategie comuni per la soluzione dei problemi. Fu garantito così un mutuo soccorso per i compagni perseguiti, per i problemi finanziari, documenti, armi..etc.
La nascita della (JCR) permise alle forze rivoluzionarie sud-americane di farsi conoscere e di propagandare la loro lotta; la dichiarazione di “nascita” fu tradotta in varie lingue, tra cui anche l’italiano ed il francese, per rendere internazionale la lotta rivoluzionaria che stavano vivendo soli e contro tutti.
Dopo il golpe militare in Cile ( 11 settembre 1973), il centro della JCR fu spostato a Buenos Aires, mettendo ancora di più in evidenzia la supremazia ideologica ed organizzativa dell’ ERP-PRT rispetto alle altre tre organizzazioni. 1) L’ ELN era una guerriglia senza particolari riferimenti alla politica, 2) il MIR era nato dalla scissione dal partito comunista e socialista senza avere un programma ben definito, 3) i Tupamaros erano un movimento sociale di guerriglia urbana, non strettamente legato a finalità politiche. Queste differenze portarono alla definizione di una scala gerarchica del potere, nella quale le parole del ERP-PRT, in particolare quelle di Santucho, erano la guida della rivoluzione.
Durante il cammino di avvicinamento alle altri correnti marxiste, partecipando alle lotte dei lavoratori tucumani, Santucho comincia a stabilire relazioni con i militanti di Palabra Obrera, organizzazione di ispirazione trotskista di Tucuman che cercava di sviluppare una sorta di “entrismo” nel peronismo operaio tucumano.
Questi aspetti e caratteristiche di base permisero a tutte e due le organizzazioni, PO e FRIP, di sviluppare una strategia comune ed identificarsi negli stessi ideali ed obbiettivi; il processo di unificazione arriva a conclusione con la nascita del PRT il 25 maggio del 1965.
Mario Roberto Santucho fu determinante per la nascita e lo sviluppo del partito marxista leninista argentino. Era convinto della indispensabile necessità di un Partito rivoluzionario formato dai “quadri” della rivoluzione ( vedi nota 4), organizzato con una forma di centralità democratica, che garantisse il più ampio spazio alla discussione nel partito, ed anche una possibilità rapida di intervento.
Concepiva il partito come uno strumento, non fine a se stesso, ma necessario per compiere e realizzare il suo obbiettivo; voleva che il suo ideale si riflettesse nell’orientamento politico del popolo in modo omogeneo sia da un punto di vista ideologico sia da uno politico, e che , così, potesse colpire il nemico come un “ unicum”.
Capiva che il partito deve radicarsi profondamente in tutti gli strati popolari e, in particolare, nel proletariato industriale, senza tralasciare o sottovalutare uno sviluppo omogeneo in tutto il paese, perché il lavoro era tanto: si trattava, per il popolo, di prendere il potere. Roby Santucho non fu mai troppo convinto che per raggiungere tale obbiettivo fosse sufficiente avere un partito, anche se forte e coeso. La coscienza rivoluzionaria passava per l’azione di un popolo convinto ed organizzato, politicamente capace di disporre di una avanguardia da mettere a disposizione per una rivoluzione. Per questo coniò l’espressione: “ ejército politico de las masas”[2].
“El Ejército Revolucionario del Pueblo” ( ERP) fu istituito per decisione del V Congresso del Comitè nel novembre del 1969, con l’intenzione di costituire ed addestrare un esercito popolare composto da tutte le classi sociali e dai settori politici antimperialisti. In piena dittatura,era una chiamata alle armi rivolta a uomini e donne che, senza distinzione di credo o di bandiera politica, fossero disposti ad impugnare le armi contro l’imperialismo. Santucho fu, allo stesso tempo, segretario generale del PRT e comandante dell’ERP, fu sempre un combattente in prima linea, agendo coerentemente con le sue idee politiche.
[1] Valerio Castronovo, Piazze e Caserme, i dilemmi dell’America Latina dal ‘900 a oggi, 2007, Laterza, Bari
[2] http://www.prt.5u.com/El%20_Combatiente_PRT.htm ( 22 gennaio 2008)
Immagini tratte da http://www.prt.5u.com/MRSantuc
DEL MENSAJE
DIRIGIDO POR
MARIO ROBERTO SANTUCHO
AL CLERO ARGENTINO
“Estos
ultimos tiempos, distintos pronunciamentos eclesiasticos evidencian la
valiente actitud de importantes sectores de la Iglesia Catolica de no
permanecer indiferentes ante la profunda crisis que vive la Argentina.
Ese hecho nos mueve a dirigir esta carta, con el propósito de dialogar con el clero sobre el presente y el futuro de nuestra Patria, de nuestra sociedad.
Nadie duda ya que el pueblo argentino vive momentos trascendentales, que de la crisis y de las luchas actuales deben surgir soluciones para la vida del país. Mas aún ahora que los prepotentes militares han establecito por la fuerza una nueva dictadura y cerrado por tanto toda posibilidad de expresión democràtica.
Es conocido asismismo que la crisis económica, social y política que se aceleró bajo la dictadura militar di Onganía-Levingston-Lanusse dio origen a organizacion guerrilleras populares que hoy luchan abiertamente contra las fuerzas represivas militares y policiales en un enfrentamiento que crece constantemente en magnitud y virulencia.
Las fuerzas enfrentadas en el choque militar representan dos concepciones fundamentales opuestas. El Ejército Contrarrevolucionario de Videla defiendo los intereses del gran capital imperialista y lucha para aplastar la rebeldía de nuestro pueblo, para impedir que se cambie el injusto sistema de explotación y de agresión que los argentinos sufrimos y que mantiene a nuestra Patria sujeta a sutiles y morbosos lazos económicos, políticos y militares que la atan al carro del imperialismo norteamericano.
Nuestro Ejército Guerrillero lucha por un cambio fundamental, por la racionalización del capital extranjero, por la reorganización global de la economía de acuerdo a una planificación que responda a necesidades colectivas por encima de intereses individuales, por la roptura de los pactos politicos y militares que nos atan al imperialismo yanqui, por la reforma agraria y la reforma urbana (expropiación de viviendas de todas las impresas imobiliarias y entrega en propriedad a los inquilinos), por la construción masiva de monoblocks por planes trabajador-Estado, por la liquidación del analfabetismo, por la democracia social, en una palabra por la completa reorganización del país sobre nuevas bases socialistas.
Nosotros hemos tomados las armas en respuesta a los reiterados abusos de los militares materializados en la dictadura lanussista y continuamos l lucha armada porque los militares contrarrevolucionarios con o sin disfraces no cesan en la prepotencia, el crimen, la opresión.
Es mas, somos concientes y lo decimos con toda franqueza, de que solo con la fuerzas de las armas se logrará acabar con la dictadura abierta o encubierta con los generale ejercen contra nuestro pueblo en su papel de gendarmes de los grandes capitalistas extranjeros.
No hemos recurrido a la violencia porque sí. Los combatientes guerrilleros somos hombres y mujeres pacíficos que hemos intentado sostener nuestra ideas y luchar pacíficamente por la libertación nacional y social de lo argentinos.
Pero nuestras justas razones obtuvieran como respuesta la cárcel, el asesinato, el atropello militar-policial.
Y así como antes quisimos ejercer nuestros derechos, estamos hoy dispuestos a aportar a la pacificación del país; para ello hemos formulado la propuesta de un armisticio que hoy reiteramos ante ustedes, de suspender el accionar guerrillero a cambio de la libertad de todos los presos, de la derogación de lalegislación represiva y plena democracia para la actuación política de todas las fuerzas populares actualmente proscriptas.
Algunos pronunciamentos de la jerarquía eclesiástica a que hichimos referencia bregan por la pacificación del país y no son contradictorios como disposición de nuestra parte. Es un punto de coincidencia muy importante. Apreciamos altamente que la iglesia intervenga con estos sanos criterios y aporte su influencia en la búsqueda de vías realistas para contener el derramamiento de sangre.
LA IGLESIA ANTE LA REVOLUCION
La positiva posición de la iglesia no es casual ni circunstancial.
Tiene profundas raíces en la historia, en el momento que vive la humanidad y la situación de nuestra patria.
Después de decenas de años de desencuentros y enfrentamientos en que sectores dominantes de la iglesia católica unieron su suerte a la del capitalismo, la realidad histórica concreta de un mundo en el que el socialismo resplandece mientras se consolida y el capitalismo desnuda sus horribles lacras, su corrupción, su barbarie criminal, su inmoralidad caracterstíca, hacen que nuevas corientes se habrán paso dentro de la iglesia Católica en todos los niveles, en la comprensión creciente de que la justicia y el progreso estan en el socialismo, que la construcción del mundo nuevo por el que luchó Jesùs es muy proximo al régimen socialista, que el logro de la comunidad fraterna entre los hombres donde impera el amor al prójimo exige hoy la organización socialista de la producción, sin explotadores ni explotados, comprenden además que la iglesia no es ni serà atacada por sus creencias en la presenes y futuras sociedades socialistas.
Precursores de esta nueva aurora ya han dado su sangre por la revolución latinoamericana. Como católicos militantes, como sacerdotes del evangelio cristiano, decenas de sacerdotes y laicos han caído en nuestro continente bajo las balas de los militares asesinos o en las cámaras de tortura de características criminales. [...]
El movimiento del terzer mundo y otros movimientos ecleciales hicieron de punta de lanza en el seno de la iglesia contra la explotación y opresión capitalista e iniciaron un proceso de acercamiento hacia lalucha revolucionaria de liberación nacional y social que libra denodadamente el pueblo argentino.
Hoy que la lucha de clases està al rojo vivo, que se libran en nuestra patria los combates preparatorios de una guerra civil necesaria, envilecida por la demencial barbarie militar, la iglesia no ha permanecido indiferente y varios obispos se han pronunciado valientemente ante determinadas siuaciones, reflejando la existencia de nuevas y vigorosas corrientes progresistas y revolucionarias, màs moderadas quizàs, pero màs amplias.
LA REVOLUCION ANTE LA IGLESIA
La nueva Argentina socialista por la que luchamos, que liberarà a nuestra Patria y que posibilitarà una vida feliz y plena a nuestro pueblo garantizarà la libertad de cultos, no atacarà a la iglesia unilateralmente y buscarà como en Cuba, Vietnam y demàs países socialistas la fórmula màs favorable para las relaciones iglesia-Estado. Podemos afirmar categóricamente que en el nuevo régime que surgirà del triunfo de nuestra revolución habrà lugar para la iglesia católica y ese lugar serà tanto màs relevante y activo cuanto màs decidida sea la partecipación eclesiástica en el proceso liberador.
Y en este vital aspecto quieremos detenernos; recalcar el importante papel que puede jugar la iglesia con su contribuición inteligente y activa a la victoriosa lucha revolucionaria. Frente a un enemigo desesperado ante la rebeldía popular, que hecha mano a la tortura y al asesinato, que no respecta las leyes de la guerra, ni los derchos humanos, que no vacila en lanzar todos su poderío material contra nuestro pueblo, la iglesia católica tiene un difícil y fundamental papel, plenamente consustanciado con los principios cristianos y la tradición profética: luchar por el respecto de los derechos humanos, contra las torturas, las desapariciones y los crímenes. Por nuestra parte declaramos desde ya que si cesan las torturas y los asesinatos contra el pueblo nosotros suspenderemos los ajusticiamiento de criminales. Porque estas sentencias de la justicia popular tiene el ùnico motivo de contener la desenfrenada violencia contrarrevolucionaria de los explotadores.
Nadie es màs idóneo que la iglesia de nuestra patria para encabezar a los sectores progresistas de nuestro pueblo argentino en la lucha por rescuardar las libertades y los derechos bàsicos consagrados por la constitución nacional, la carta de la ONU, y acuerdos de Ginebra que son violados diariamente por la oficialidad de las FF.AA. contrarrevolucionarias.
CONCLUSIÓN
Los momentos cruciales que vivimos en nuestro país y en el mundo han generado nuevas y pujantes fuerzas revolucionarias a cuya justa causa pertenece el porvenir. La comunidad cristiana, inmersa en esta realidad, es sacudida hasta los cimientos por el vendaval de la lucha de clase, comienza a reabrir sus puertas a los pueblos, a revivir y actualizar las enseñanzas de Jesùs. Se crean asì condiciones para una convergencia muy valiosa que es la saludada por nuestra parte deseando que cada vez sea mayor, màs rica y productiva, deseando sinceramente que la iglesia argentina al ritmo de los nuevos tiempos, logre acercarse nuevamente a amplias masas, recuperar y ampliar su prestigio, unir decididamente su destino a la justa causa de nuestro pueblo.
Si ello se cocreta, el clero cristiano encontrarà de nuestra parte la mayor disposición presente y futura en un marco de mutuo respecto hacia las diferentes concepciones. ”[3]
Ese hecho nos mueve a dirigir esta carta, con el propósito de dialogar con el clero sobre el presente y el futuro de nuestra Patria, de nuestra sociedad.
Nadie duda ya que el pueblo argentino vive momentos trascendentales, que de la crisis y de las luchas actuales deben surgir soluciones para la vida del país. Mas aún ahora que los prepotentes militares han establecito por la fuerza una nueva dictadura y cerrado por tanto toda posibilidad de expresión democràtica.
Es conocido asismismo que la crisis económica, social y política que se aceleró bajo la dictadura militar di Onganía-Levingston-Lanusse dio origen a organizacion guerrilleras populares que hoy luchan abiertamente contra las fuerzas represivas militares y policiales en un enfrentamiento que crece constantemente en magnitud y virulencia.
Las fuerzas enfrentadas en el choque militar representan dos concepciones fundamentales opuestas. El Ejército Contrarrevolucionario de Videla defiendo los intereses del gran capital imperialista y lucha para aplastar la rebeldía de nuestro pueblo, para impedir que se cambie el injusto sistema de explotación y de agresión que los argentinos sufrimos y que mantiene a nuestra Patria sujeta a sutiles y morbosos lazos económicos, políticos y militares que la atan al carro del imperialismo norteamericano.
Nuestro Ejército Guerrillero lucha por un cambio fundamental, por la racionalización del capital extranjero, por la reorganización global de la economía de acuerdo a una planificación que responda a necesidades colectivas por encima de intereses individuales, por la roptura de los pactos politicos y militares que nos atan al imperialismo yanqui, por la reforma agraria y la reforma urbana (expropiación de viviendas de todas las impresas imobiliarias y entrega en propriedad a los inquilinos), por la construción masiva de monoblocks por planes trabajador-Estado, por la liquidación del analfabetismo, por la democracia social, en una palabra por la completa reorganización del país sobre nuevas bases socialistas.
Nosotros hemos tomados las armas en respuesta a los reiterados abusos de los militares materializados en la dictadura lanussista y continuamos l lucha armada porque los militares contrarrevolucionarios con o sin disfraces no cesan en la prepotencia, el crimen, la opresión.
Es mas, somos concientes y lo decimos con toda franqueza, de que solo con la fuerzas de las armas se logrará acabar con la dictadura abierta o encubierta con los generale ejercen contra nuestro pueblo en su papel de gendarmes de los grandes capitalistas extranjeros.
No hemos recurrido a la violencia porque sí. Los combatientes guerrilleros somos hombres y mujeres pacíficos que hemos intentado sostener nuestra ideas y luchar pacíficamente por la libertación nacional y social de lo argentinos.
Pero nuestras justas razones obtuvieran como respuesta la cárcel, el asesinato, el atropello militar-policial.
Y así como antes quisimos ejercer nuestros derechos, estamos hoy dispuestos a aportar a la pacificación del país; para ello hemos formulado la propuesta de un armisticio que hoy reiteramos ante ustedes, de suspender el accionar guerrillero a cambio de la libertad de todos los presos, de la derogación de lalegislación represiva y plena democracia para la actuación política de todas las fuerzas populares actualmente proscriptas.
Algunos pronunciamentos de la jerarquía eclesiástica a que hichimos referencia bregan por la pacificación del país y no son contradictorios como disposición de nuestra parte. Es un punto de coincidencia muy importante. Apreciamos altamente que la iglesia intervenga con estos sanos criterios y aporte su influencia en la búsqueda de vías realistas para contener el derramamiento de sangre.
LA IGLESIA ANTE LA REVOLUCION
La positiva posición de la iglesia no es casual ni circunstancial.
Tiene profundas raíces en la historia, en el momento que vive la humanidad y la situación de nuestra patria.
Después de decenas de años de desencuentros y enfrentamientos en que sectores dominantes de la iglesia católica unieron su suerte a la del capitalismo, la realidad histórica concreta de un mundo en el que el socialismo resplandece mientras se consolida y el capitalismo desnuda sus horribles lacras, su corrupción, su barbarie criminal, su inmoralidad caracterstíca, hacen que nuevas corientes se habrán paso dentro de la iglesia Católica en todos los niveles, en la comprensión creciente de que la justicia y el progreso estan en el socialismo, que la construcción del mundo nuevo por el que luchó Jesùs es muy proximo al régimen socialista, que el logro de la comunidad fraterna entre los hombres donde impera el amor al prójimo exige hoy la organización socialista de la producción, sin explotadores ni explotados, comprenden además que la iglesia no es ni serà atacada por sus creencias en la presenes y futuras sociedades socialistas.
Precursores de esta nueva aurora ya han dado su sangre por la revolución latinoamericana. Como católicos militantes, como sacerdotes del evangelio cristiano, decenas de sacerdotes y laicos han caído en nuestro continente bajo las balas de los militares asesinos o en las cámaras de tortura de características criminales. [...]
El movimiento del terzer mundo y otros movimientos ecleciales hicieron de punta de lanza en el seno de la iglesia contra la explotación y opresión capitalista e iniciaron un proceso de acercamiento hacia lalucha revolucionaria de liberación nacional y social que libra denodadamente el pueblo argentino.
Hoy que la lucha de clases està al rojo vivo, que se libran en nuestra patria los combates preparatorios de una guerra civil necesaria, envilecida por la demencial barbarie militar, la iglesia no ha permanecido indiferente y varios obispos se han pronunciado valientemente ante determinadas siuaciones, reflejando la existencia de nuevas y vigorosas corrientes progresistas y revolucionarias, màs moderadas quizàs, pero màs amplias.
LA REVOLUCION ANTE LA IGLESIA
La nueva Argentina socialista por la que luchamos, que liberarà a nuestra Patria y que posibilitarà una vida feliz y plena a nuestro pueblo garantizarà la libertad de cultos, no atacarà a la iglesia unilateralmente y buscarà como en Cuba, Vietnam y demàs países socialistas la fórmula màs favorable para las relaciones iglesia-Estado. Podemos afirmar categóricamente que en el nuevo régime que surgirà del triunfo de nuestra revolución habrà lugar para la iglesia católica y ese lugar serà tanto màs relevante y activo cuanto màs decidida sea la partecipación eclesiástica en el proceso liberador.
Y en este vital aspecto quieremos detenernos; recalcar el importante papel que puede jugar la iglesia con su contribuición inteligente y activa a la victoriosa lucha revolucionaria. Frente a un enemigo desesperado ante la rebeldía popular, que hecha mano a la tortura y al asesinato, que no respecta las leyes de la guerra, ni los derchos humanos, que no vacila en lanzar todos su poderío material contra nuestro pueblo, la iglesia católica tiene un difícil y fundamental papel, plenamente consustanciado con los principios cristianos y la tradición profética: luchar por el respecto de los derechos humanos, contra las torturas, las desapariciones y los crímenes. Por nuestra parte declaramos desde ya que si cesan las torturas y los asesinatos contra el pueblo nosotros suspenderemos los ajusticiamiento de criminales. Porque estas sentencias de la justicia popular tiene el ùnico motivo de contener la desenfrenada violencia contrarrevolucionaria de los explotadores.
Nadie es màs idóneo que la iglesia de nuestra patria para encabezar a los sectores progresistas de nuestro pueblo argentino en la lucha por rescuardar las libertades y los derechos bàsicos consagrados por la constitución nacional, la carta de la ONU, y acuerdos de Ginebra que son violados diariamente por la oficialidad de las FF.AA. contrarrevolucionarias.
CONCLUSIÓN
Los momentos cruciales que vivimos en nuestro país y en el mundo han generado nuevas y pujantes fuerzas revolucionarias a cuya justa causa pertenece el porvenir. La comunidad cristiana, inmersa en esta realidad, es sacudida hasta los cimientos por el vendaval de la lucha de clase, comienza a reabrir sus puertas a los pueblos, a revivir y actualizar las enseñanzas de Jesùs. Se crean asì condiciones para una convergencia muy valiosa que es la saludada por nuestra parte deseando que cada vez sea mayor, màs rica y productiva, deseando sinceramente que la iglesia argentina al ritmo de los nuevos tiempos, logre acercarse nuevamente a amplias masas, recuperar y ampliar su prestigio, unir decididamente su destino a la justa causa de nuestro pueblo.
Si ello se cocreta, el clero cristiano encontrarà de nuestra parte la mayor disposición presente y futura en un marco de mutuo respecto hacia las diferentes concepciones. ”[3]
[1] Valerio Castronovo, Piazze e Caserme, i dilemmi dell’America Latina dal ‘900 a oggi, 2007, Laterza, Bari
[2] http://www.prt.5u.com/El _Combatiente_PRT.htm ( 22 gennaio 2008)[3] “ In questi ultimi tempi, differenti interventi ecclesiastici evidenziano il coraggio di importanti settori della Chiesa Cattolica di non rimanere indifferenti davanti alla profonda crisi che vive l’Argentina.
Questo fatto ci incoraggia a scrivere e ad indirizzare questa lettera, con il proposito di dialogare con il clero riguardo al presente e al futuro della nostra Patria, della nostra Società.
Nessuno dubita che il popolo argentino viva momenti di fondamentale importanza, e che dalla crisi e dalle lotte attuali debbano nascere soluzioni nuove per la vita del Paese. Ancora di più adesso che i militari hanno imposto con la forza una nuova dittatura e chiuso ogni possibilità all’espressione democratica.
È risaputo che la crisi economica, sociale e politica che aumentò durante la dittatura militare di Ongania-Livingston-Lanusse ha dato origine ad organizzazioni popolari guerrigliere che oggi lottano apertamente contro le forze repressive militari e poliziali in uno scontro che cresce costantemente sia per la vilolenza sia per l’ampiezza.
Le forze che si scontrano rappresentano due concezioni fondamentali opposte. L’esercito contro-rivoluzionario di Videla difende gli interessi dei grandi capitali imperialisti e combatte per annichilire la protesta popolare, per impedire che si cambi l’ingiusto sistema di sfruttamento e di aggressione che gli argentini soffrono e che mantiene la nostra Patria soggetta a sottili e morbosi giochi economici, politici e militari legati al carro dell’imperialismo nordamericano.
Il nostro esercito guerrigliero lotta per un cambiamento fondamentale, per la razionalizzazione del capitale straniero, per la riorganizzazione globale dell’economia in accordo ad una pianificazione che risponda alle necessità collettive più che a quelle individuali, per la rottura dei patti politici e militari che ci legano all’imperialismo “yanqui”, per la riforma agraria e per la riforma urbana, per la risoluzione dell’analfabetismo, per la democrazia sociale, in una sola parola per la completa riorganizzazione del paese fondata su nuove basi socialiste.
Noi abbiamo preso le armi in mano come risposta ai continui abusi dei militari che si sono materializzati nella dittatura di Lanusse e continuiamo la lotta armata perché i militari controrivoluzionari non cessano la prepotenza, il crimine, l’oppressione.
E ancora di più, siamo coscienti, e lo diciamo con tutta franchezza, del fatto che solo con la forza delle armi si raggiungerà la fine della dittatura militare che i generali esercitano contro il nostro popolo in funzione di gendarmi dei grandi capitalisti stranieri.
Il ricorso alla violenza è stato inevitabile. Noi combattenti guerriglieri siamo uomini e donne pacifici, abbiamo cercato di sostenere le nostre idee e abbiamo lottato pacificamente per la liberazione nazionale e sociale degli argentini. Ma le nostre giuste ragioni ottennero come risposta il carcere, gli assassinii, i soprusi militar-poliziali.
E così come prima vorremmo esercitare i nostri diritti, e siamo oggi disposti a lottare per la pacificazione del paese; a Loro abbiamo proposto un armistizio, che ribadisco davanti a Voi, di sospendere le azioni guerrigliere in cambio della libertà di tutti i prigionieri, dell’abolizione della legislazione repressiva e l’instaurazione della piena democrazia aperta a tutte le forze popolari attualmente proscritte.
Alcune fra le dichiarazioni della gerarchia ecclesiastica, a cui ci riferiamo, lottano per la pacificazione del paese e non sono contrarie alle nostre posizioni politiche. È un punto di coincidenza molto importante. Apprezziamo molto che la Chiesa intervenga con questi sani criteri e che usi la sua influenza affinché si cerchino vie realizzabili per la conclusione delle violenze.
La chiesa davanti alla rivoluzione.
La posizione positiva della Chiesa non è casuale né circostanziale.
Ha profonde radici nella storia, nel momento che vive l’umanità e la situazione della nostra patria.
Dopo decine di anni di controversie e scontri nei settori dominanti della Chiesa cattolica che unirono la propria sorte a quella del capitalismo, la realtà storica di un mondo dove il socialismo si afferma e allo stesso tempo si consolida, e il capitalismo mostra le sue orribili cicatrici, la sua corruzione, la sua barbarie criminale, la sua immoralità, fanno in modo che nuove correnti si facciano spazio dentro la Chiesa cattolica a tutti i livelli, nella crescente comprensione del fatto che la giustizia ed il progresso sono alla base del socialismo, che la costruzione di un mondo nuovo, come quello per cui lottò Gesù, è molto vicino al regime socialista, che il raggiungimento di una società fraterna dove impera l’amore per il prossimo esige oggi l’organizzazione socialista della produzione, senza sfruttatori e senza sfruttati, comprendono anche che la Chiesa non è, e non sarà mai, attaccata per il suo credo nelle presenti e future società socialiste.
Pionieri di questa nuova alba hanno già versato il proprio sangue per la rivoluzione latinoamericana. Come cattolici militanti, come sacerdoti del vangelo cristiano, decine di preti e laici sono caduti nel nostro continente sotto il fuoco assassino dei militari o nelle camere di tortura. […]
El Movimiento del Terzer Mundo e altri movimenti ecclesiastici hanno fatto da punta di lancia nel seno della Chiesa contro lo sfruttamento e l’oppressione capitalista e iniziarono un processo di avvicinamento alla lotta rivoluzionaria di liberazione nazionale e sociale che sostiene coraggiosamente il popolo argentino.
Oggi che la lotta di classe è accesa di un rosso vivo, che si stanno ultimando i preparativi per una guerra civile necessaria, aizzata dalla demenziale brutalità militare, la Chiesa non è rimasta indifferente e vari membri del clero si sono pronunciati animatamente davanti a determinate situazioni, evidenziando così l’esistenza di nuove e forti correnti progressiste e rivoluzionarie più moderate, forse, ma sicuramente più ampie.
La rivoluzione davanti alla Chiesa.
La nuova Argentina socialista per la quale stiamo lottando, che libererà la nostra Patria e darà la possibilità di una vita felice per il nostro popolo garantirà la libertà di culto, non attaccherà la Chiesa e cercherà come hanno fatto a Cuba, in Vietnam e negli altri paesi socialisti la formula migliore per le relazioni Stato-Chiesa. Possiamo affermare categoricamente che nel nuovo regime che sorgerà dal trionfo della nostra rivoluzione ci sarà posto per la Chiesa Cattolica e che questo posto sarà tanto più rilevante e attivo quanto più sarà incisiva la partecipazione ecclesiastica nel processo di liberazione.
E su questo aspetto vitale ci vogliamo soffermare, ricalcare l’importante ruolo che può giocare la chiesa con il suo contributo fondamentale alla vittoriosa lotta rivoluzionaria.Davanti ad un nemico disperato che tortura e assassina, che non rispetta le leggi di guerra, che viola i diritti umani, che non esita a scaricare tutto il suo potenziale militare contro il nostro popolo, la Chiesa Cattolica ha un delicato ed importantissimo ruolo, pienamente coerente con i principi cristiani e la tradizione profetica: lottare per il rispetto dei diritti umani, contro le torture, le sparizioni ed i crimini.
Dalla nostra parte possiamo affermare che da quando avranno fine le torture e gli assassini contro il popolo sospenderemo le esecuzioni dei criminali. Perché queste sentenze della giustizia popolare hanno come fine quello di frenare la violenza controrivoluzionaria degli sfruttatori.
Nessuno è più idoneo della Chiesa della nostra Patria per mettersi a capo dei settori progressisti del nostro popolo nella lotta per la riaffermazione delle libertà e dei diritti di base consacrati nella Costituzione Nazionale e nella Carta dell’ONU.
Conclusione
I momenti cruciali che stiamo vivendo nel nostro paese e che si stanno vivendo nel mondo hanno dato vita a nuove e prospere forze rivoluzionarie alla cui giusta causa appartiene l’avvenire. La comunità cristiana, immersa in questa realtà, è scossa fin dalle fondamenta per l’agitazione della lotta di classe, comincia a riaprire le porte alle genti, a rivisitare e attualizzare l’insegnamento di Gesù. Si creano così le condizioni per una collaborazione più stretta che è salutata da parte nostra desiderando che sia sempre maggiore, più utile e produttiva, desiderando sinceramente che la chiesa Argentina, al ritmo dei tempi nuovi, riesca a coinvolgere sempre più persone, a recuperare e ampliare il suo prestigio e ad unire definitivamente il suo destino alla giusta causa del nostro popolo.
Se ciò si concretasse, il clero cristiano incontrerà da parte nostra la maggiore e migliore disposizione in un contesto di mutuo rispetto verso le differenti concezioni.
El Combatiente n° 211- 7 de abril de 1976.
immagini tratte da http://www.prt-santucho-argentina.blogspot.com/
Nell’agosto
del 1971 Santucho viene arrestato nella città di Cordoba mentre era in
procinto di partire, con i compagni di partito, alla volta di Tucuman
per liberare alcuni prigionieri politici detenuti nel penitenziario di
Villa Urquiza. Fu subito trasferito nella prigione di “Villa Devoto” a
Buenos Aires e tenuto sotto stretto controllo; poco tempo dopo anche sua
moglie Ana Maria fu arrestata.
Dalla prigione Santucho continua a scrivere e a dirigere il PRT, allo stesso tempo cerca di migliorare le relazioni con i detenuti politici delle altre fazioni rivoluzionarie, specialmente con esponenti del PC, Montoneros, FAR e FAP.
Viene trasferito a Rawson, penitenziario di massima sicurezza, da dove comincia a preparare minuziosamente un piano di evasione. Pianificò la fuga proponendo di partecipare anche ai militanti del FAR e Montoneros, che accettarono, concretizzando così un importante precedente ed esempio di unità e collaborazione.
L’operazione riuscì perfettamente e fu raggiunto il pieno controllo del penitenziario. Però la mancanza di fiducia e la debolezza di coloro che comandavano l’appoggio esterno generò un serio problema. Poco prima di uscire dal carcere, ci fu una breve sparatoria cha spaventò coloro che erano fuori ad aspettare ed essi ordinarono una ritirata immediata. Ciò causò il ritardo del secondo gruppo di prigionieri, che arrivarono tardi all’aeroporto di Trelew e persero l’aereo che li avrebbe portati in salvo in Cile. I sei dirigenti che riuscirono nell’impresa raggiunsero il Cile e, grazie all’intervento di un salvacondotto del presidente Allende, raggiunsero Cuba dove ricevettero asilo politico; oltre a Mario Roberto Santucho si salvarono Vaca Narvaja (montoneros), Gorrian Merlo e Mena ( PRT), Roberto Quieto e Marcos Osantinsky (FAR).
Il secondo gruppo che arrivò tardi all’aeroporto fu circondato dalle truppe della marina, nonostante i negoziati e le promesse fatte, il 22 agosto del 1972 furono fucilati diciannove prigionieri, tra cui la sposa di Santucho Ana Maria: questo fatto è conosciuto come “el masacre de Trelew”[1].
Pochi mesi dopo, Santucho fece ritorno in Argentina mettendosi nuovamente a capo del partito pronto ad organizzare la nuova strategia politica in tempo per le elezioni del 1973. Il partito era molto indebolito, sia per le numerose assenze dovute al fatto che parecchi dei suoi dirigenti erano in carcere, e sia dalla debole strategia che la dirigenza transitoria aveva intrapreso. Dopo il suo ritorno da Cuba, Santucho denunciò il fatto che il futuro progetto politico di Perón avrebbe dato il via ad un processo di neutralizzazione del partito operaio a favore di una convergenza dello stesso con le organizzazioni socialiste. Prepara il PRT e l’ERP per il nuovo momento, cercando di dare un maggior impulso all’integrazione degli operai, alla educazione politica e alla propaganda.
Nel 1973 il periodico “El Combatiente” viene pubblicato tutte le settimane mentre “Estrella Roja”, giornale dell’ERP, ogni quindici giorni; alla vigilia delle elezioni il clima è febbrile, carico di tensione e animosità politica.
Per la prima volta dopo 18 anni il Peronismo si era presentato alle elezioni unito e ciò, oltre a dargli le redini del potere, caricò di aspettative le masse popolari ormai stanche della ferrea dittatura degli anni precedenti.
Con l’elezione di Campora si aprirono nuovi e migliori scenari per il PRT, e vennero liberati i prigionieri politici: ciò tuttavia durò poco, perché il 20 di giugno, in seguito al “masacre de Ezeiza”[2], episodio durante il quale fanno il loro esordio le squadracce di destra denominate “Triple A”[3] (Alleanza Anticomunista Argentina), Campora si dimise.
Si riorganizzano velocemente nuove elezioni e nel settembre del 1973 Peron vince e attua da subito un piano economico restrittivo che colpisce gli strati proletari della popolazione, esercita un rigido controllo sui prezzi e sulla bilancia dei pagamenti cercando di attirare capitali stranieri.
Questo fu uno dei momenti di maggior crescita quantitativa del PRT, che incorpora diversi nuclei politici di diversi settori sociali; molti delusi dallo stesso peronismo, altri provenienti dal partito comunista ma tutti quanti alla ricerca di una risoluzione di fondo della crisi. L’ultimo anno di vita, più che governare, Peron lo dedicò a combattere in maniera legale ed illegale la Sinistra ed i suoi militanti; il 23 settembre il PRT e l’ERP vengono dichiarati illegali per decreto del potere esecutivo. Nei mesi successivi viene approvato un progetto di legge che riforma in maniera significativa il ruolo dei sindacati e un altro progetto di riforma del codice penale.
Tutto questo evidenzia come il nuovo governo peronista non si limitasse a combattere solo contro la guerriglia, ma si dedicasse anche alla repressione del movimento sindacale e dei suoi rappresentanti.
Quando muore Peron, primo luglio 1974, gli succede la moglie Isabel che, insieme a Lopez Rega stabilisce uno Stato di polizia, inaugurando la fase del terrorismo di Stato in Argentina con l’utilizzo della “Triple A” e di bande paramilitari al servizio del potere politico per eseguire omicidi e sequestri degli oppositori del governo-regime. La lotta clandestina fu intensificata notevolmente durante il governo peronista di Isabel Peron e Lopez Rega. Le lotte di “ Villa Constitución” e la mobilitazione del luglio-agosto del 1975, conosciuta come il “rodrigazo”[4], rappresentarono il culmine di un processo storico della esperienza del movimento operaio e popolare; in questo periodo venticinque milioni di argentini protestarono per le strade del paese. Santucho, che rimane per un periodo al fronte impegnato a combattere e a dirigere la guerriglia, definisce quella crisi “l’anticamera di una situazione rivoluzionaria”. Egli propone un’unità generale dei movimenti rivoluzionari argentini per destabilizzare e affossare la politica repressiva del governo: “ Rios de sangre separan al pueblo del enemigo de clase” (“fiumi di sangue separano il popolo dal nemico di classe”)[5] aveva detto Mario Roberto Santucho. La sua convinzione rivoluzionaria era profonda, non si fermava ad osservare il passare della vita. In lui azione, mente e sentimento erano uniti per la ricerca di nuove soluzioni alle sfide della storia.
La vita di Roberto Santucho cercò di rendere concreto ciò che nel marxismo si definiva solo come dogma, trasformando la lezione teorica (le armi della critica di Hegel) in azione (la critica delle armi di Marx).
[1] Blanca Rina Santucho, Nosotros Los Santucho, 2002, Cordoba
[2] Con il masacre de Ezeiza si fa riferimento al duro scontro fra le organizzazioni armate irregolari peroniste che ebbe luogo all’aeroporto di Ezeiza il 20 giugno del 1973, giorno del rientro in Argentina di Perón dopo quasi diciotto anni di esilio. La sinistra dei Montoneros e la destra del CGT si scontrarono per il controllo del palco d’onore. Il masacre de Ezeiza fu il preannuncio di quello che poi succederà con la nascita dell’Alianza Anticomunista Argentina ( Triple A) ideata da José Lopez Rega.[3]La Alianza Anticomunista Argentina, conosciuta popolarmente come “Triple A”, gruppo paramilitare di ultra destra nato con l’appoggio del governo di Lopéz Rega; creato per annichilire la sinistra argentina ricorrendo spesso ad attentati e omicidi, era un’organizzazione terrorista.[4] Il 4 giugno del 1975, il ministro dell’economia Celestino Rodrigo impose un drastico aggiustamento strutturale dell’economia che fece duplicare i prezzi; il cambio si svalutò del 100% e poche settimane dopo ci fu uno sciopero generale di 48 h che segnò l’inizio della fine del governo di Isabel Peròn.[5] http://www.prt.5u.com/El%20_Combatiente_PRT.htm ( 22 gennaio 2008)
Dalla prigione Santucho continua a scrivere e a dirigere il PRT, allo stesso tempo cerca di migliorare le relazioni con i detenuti politici delle altre fazioni rivoluzionarie, specialmente con esponenti del PC, Montoneros, FAR e FAP.
Viene trasferito a Rawson, penitenziario di massima sicurezza, da dove comincia a preparare minuziosamente un piano di evasione. Pianificò la fuga proponendo di partecipare anche ai militanti del FAR e Montoneros, che accettarono, concretizzando così un importante precedente ed esempio di unità e collaborazione.
L’operazione riuscì perfettamente e fu raggiunto il pieno controllo del penitenziario. Però la mancanza di fiducia e la debolezza di coloro che comandavano l’appoggio esterno generò un serio problema. Poco prima di uscire dal carcere, ci fu una breve sparatoria cha spaventò coloro che erano fuori ad aspettare ed essi ordinarono una ritirata immediata. Ciò causò il ritardo del secondo gruppo di prigionieri, che arrivarono tardi all’aeroporto di Trelew e persero l’aereo che li avrebbe portati in salvo in Cile. I sei dirigenti che riuscirono nell’impresa raggiunsero il Cile e, grazie all’intervento di un salvacondotto del presidente Allende, raggiunsero Cuba dove ricevettero asilo politico; oltre a Mario Roberto Santucho si salvarono Vaca Narvaja (montoneros), Gorrian Merlo e Mena ( PRT), Roberto Quieto e Marcos Osantinsky (FAR).
Il secondo gruppo che arrivò tardi all’aeroporto fu circondato dalle truppe della marina, nonostante i negoziati e le promesse fatte, il 22 agosto del 1972 furono fucilati diciannove prigionieri, tra cui la sposa di Santucho Ana Maria: questo fatto è conosciuto come “el masacre de Trelew”[1].
Pochi mesi dopo, Santucho fece ritorno in Argentina mettendosi nuovamente a capo del partito pronto ad organizzare la nuova strategia politica in tempo per le elezioni del 1973. Il partito era molto indebolito, sia per le numerose assenze dovute al fatto che parecchi dei suoi dirigenti erano in carcere, e sia dalla debole strategia che la dirigenza transitoria aveva intrapreso. Dopo il suo ritorno da Cuba, Santucho denunciò il fatto che il futuro progetto politico di Perón avrebbe dato il via ad un processo di neutralizzazione del partito operaio a favore di una convergenza dello stesso con le organizzazioni socialiste. Prepara il PRT e l’ERP per il nuovo momento, cercando di dare un maggior impulso all’integrazione degli operai, alla educazione politica e alla propaganda.
Nel 1973 il periodico “El Combatiente” viene pubblicato tutte le settimane mentre “Estrella Roja”, giornale dell’ERP, ogni quindici giorni; alla vigilia delle elezioni il clima è febbrile, carico di tensione e animosità politica.
Per la prima volta dopo 18 anni il Peronismo si era presentato alle elezioni unito e ciò, oltre a dargli le redini del potere, caricò di aspettative le masse popolari ormai stanche della ferrea dittatura degli anni precedenti.
Con l’elezione di Campora si aprirono nuovi e migliori scenari per il PRT, e vennero liberati i prigionieri politici: ciò tuttavia durò poco, perché il 20 di giugno, in seguito al “masacre de Ezeiza”[2], episodio durante il quale fanno il loro esordio le squadracce di destra denominate “Triple A”[3] (Alleanza Anticomunista Argentina), Campora si dimise.
Si riorganizzano velocemente nuove elezioni e nel settembre del 1973 Peron vince e attua da subito un piano economico restrittivo che colpisce gli strati proletari della popolazione, esercita un rigido controllo sui prezzi e sulla bilancia dei pagamenti cercando di attirare capitali stranieri.
Questo fu uno dei momenti di maggior crescita quantitativa del PRT, che incorpora diversi nuclei politici di diversi settori sociali; molti delusi dallo stesso peronismo, altri provenienti dal partito comunista ma tutti quanti alla ricerca di una risoluzione di fondo della crisi. L’ultimo anno di vita, più che governare, Peron lo dedicò a combattere in maniera legale ed illegale la Sinistra ed i suoi militanti; il 23 settembre il PRT e l’ERP vengono dichiarati illegali per decreto del potere esecutivo. Nei mesi successivi viene approvato un progetto di legge che riforma in maniera significativa il ruolo dei sindacati e un altro progetto di riforma del codice penale.
Tutto questo evidenzia come il nuovo governo peronista non si limitasse a combattere solo contro la guerriglia, ma si dedicasse anche alla repressione del movimento sindacale e dei suoi rappresentanti.
Quando muore Peron, primo luglio 1974, gli succede la moglie Isabel che, insieme a Lopez Rega stabilisce uno Stato di polizia, inaugurando la fase del terrorismo di Stato in Argentina con l’utilizzo della “Triple A” e di bande paramilitari al servizio del potere politico per eseguire omicidi e sequestri degli oppositori del governo-regime. La lotta clandestina fu intensificata notevolmente durante il governo peronista di Isabel Peron e Lopez Rega. Le lotte di “ Villa Constitución” e la mobilitazione del luglio-agosto del 1975, conosciuta come il “rodrigazo”[4], rappresentarono il culmine di un processo storico della esperienza del movimento operaio e popolare; in questo periodo venticinque milioni di argentini protestarono per le strade del paese. Santucho, che rimane per un periodo al fronte impegnato a combattere e a dirigere la guerriglia, definisce quella crisi “l’anticamera di una situazione rivoluzionaria”. Egli propone un’unità generale dei movimenti rivoluzionari argentini per destabilizzare e affossare la politica repressiva del governo: “ Rios de sangre separan al pueblo del enemigo de clase” (“fiumi di sangue separano il popolo dal nemico di classe”)[5] aveva detto Mario Roberto Santucho. La sua convinzione rivoluzionaria era profonda, non si fermava ad osservare il passare della vita. In lui azione, mente e sentimento erano uniti per la ricerca di nuove soluzioni alle sfide della storia.
La vita di Roberto Santucho cercò di rendere concreto ciò che nel marxismo si definiva solo come dogma, trasformando la lezione teorica (le armi della critica di Hegel) in azione (la critica delle armi di Marx).
[1] Blanca Rina Santucho, Nosotros Los Santucho, 2002, Cordoba
[2] Con il masacre de Ezeiza si fa riferimento al duro scontro fra le organizzazioni armate irregolari peroniste che ebbe luogo all’aeroporto di Ezeiza il 20 giugno del 1973, giorno del rientro in Argentina di Perón dopo quasi diciotto anni di esilio. La sinistra dei Montoneros e la destra del CGT si scontrarono per il controllo del palco d’onore. Il masacre de Ezeiza fu il preannuncio di quello che poi succederà con la nascita dell’Alianza Anticomunista Argentina ( Triple A) ideata da José Lopez Rega.[3]La Alianza Anticomunista Argentina, conosciuta popolarmente come “Triple A”, gruppo paramilitare di ultra destra nato con l’appoggio del governo di Lopéz Rega; creato per annichilire la sinistra argentina ricorrendo spesso ad attentati e omicidi, era un’organizzazione terrorista.[4] Il 4 giugno del 1975, il ministro dell’economia Celestino Rodrigo impose un drastico aggiustamento strutturale dell’economia che fece duplicare i prezzi; il cambio si svalutò del 100% e poche settimane dopo ci fu uno sciopero generale di 48 h che segnò l’inizio della fine del governo di Isabel Peròn.[5] http://www.prt.5u.com/El%20_Combatiente_PRT.htm ( 22 gennaio 2008)
Immagini tratte da http://www.prt-santucho-argentina.blogspot.com/
SANTUCHO E IL POPOLO
immagini tratte da http://www.elortiba.org/prt.html
Santucho diceva che, poiché è l’unica classe sociale che non ha interesse materiale nel sostenere il capitalismo, la classe operaia è la sola capace di formulare scientificamente il suo progetto sociale per la modificazione totale del sistema, e di combattere, conseguentemente, per il trionfo di questo progetto: il socialismo.
In una parola sola, la classe operaia deve conquistare la DIRIGENZA POLITICA della rivoluzione e dotarsi degli strumenti necessari per farlo; lo strumento fondamentale, storicamente insostituibile, è il partito proletario rivoluzionario.
Certamente la rivoluzione non potrà trionfare in Argentina, e in nessun altro paese, senza un’alleanza tra le classi più oppresse e disagiate, senza aver scelto una dirigenza motivata e capace e, soprattutto, senza una forza armata che le possa permettere di combattere il nemico.
Deve essere un partito proletario perché la classe operaia è l’unica classe rivoluzionaria, perché i suoi interessi sono inconciliabili con quelli delle classi dominanti; non vuol dire che questa deve essere formata solo da operai, anzi, ne fanno parte studenti, contadini, liberi professionisti… ecc, ma è anche necessario che questi adottino lo stile di vita proletario, perché facendo così, vivendo come operai, potranno abbandonare il modo di fare e di pensare della classe sociale di appartenenza.
Questo partito rivoluzionario dovrà essere composto da professionisti della rivoluzione, da uomini e donne che facciano dell’attività rivoluzionaria la cosa più importante della loro vita, che dedichino alla rivoluzione tutti i loro sforzi, tutte le ore della loro vita… la loro stessa vita.
La disciplina più ferrea dovrà governare il partito rivoluzionario, per garantire una unità monolitica, requisito fondamentale per poter affrontare e sconfiggere la repressione ed i molti attacchi della classe nemica. Il partito rivoluzionario abbraccia l’ideologia del proletariato, del marxismo-leninismo, interpretazione secondo la quale la lotta di classe è il motore dello sviluppo dell’umanità, lotta di classe che nella nostra società capitalistica si manifesta come lotta del proletariato contro la borghesia, con la quale, il proletariato sconfiggerà il potere borghese per costruire una società più giusta, la società socialista.
Preme qui sottolineare che per Robi e per il PRT la politica costruita sulle alleanze era collocata al centro della strategia per il potere, proprio perché fondamentale per la costruzione del partito; Il partito si costruisce e si sviluppa con la lotta e solo con essa si amplia.
Per i militanti era impossibile immaginare che il partito potesse acquistare forze lasciando fuori le masse; il partito si costruiva sommando le forze e le esperienze, imprimendo una direzione politica alla lotta, interagendo con tutte le forze che erano parte o appoggiavano il movimento di massa. Il PRT indirizzava i suoi sforzi verso la classe operaia e, da questa, attraverso un processo di mobilitazione democratica e antimperialista, intendeva rivolgere la sua politica a tutto il popolo.
Verso la fine del 1974 si registra un salto qualitativo della repressione: i servizi di Intelligence delle forze armate inaugurano la politica del “secuestro-desaparicion”; prima a Tucuman, poi in tutto il paese. Nel 1975 il governo di Isabel Peron decide di intervenire direttamente per soffocare la guerriglia rurale.
Fino al settembre 1975 le operazioni erano dirette solamente contro la popolazione e non contro la guerriglia; tutti i morti e i “desaparecidos” di questo periodo appartenevano al popolo accusato, con o senza fondamento, di aver appoggiato l’ERP. Si stava attuando la tattica già sperimentata in Vietnam e in altre parti del mondo, per adesso non interessava la guerriglia; il nemico era il popolo che l’appoggiava.
Nel 1975 si registrò l’indice annuale di scioperi più alto di tutta la storia argentina, e uno tra i più alti che si fosse mai registrato nel mondo; lo sciopero generale di luglio fu il risultato delle misure economiche adottate dal ministro Rodrigo, e la protesta che ne seguì venne denominata “Rodrigazo”; in seguito a ciò Lopez Rega si dimise.
Il progetto sembrava realizzato: il PRT e altre organizzazioni di sinistra erano riuscite nell’intento di unire le forze per una causa comune e contro un nemico comune, la classe operaia industriale, gli operai di tutte le grandi fabbriche del paese avevano smesso di dare ascolto al sindacalismo peronista, adesso si orientavano verso posizioni autonome, uscivano in strada a protestare contro un governo peronista.
Alla fine del 1975, il PRT si sentiva accerchiato. La guerriglia si stava pian piano spegnendo, decimata e fortemente debilitata dalle operazioni militari del governo, solo sui monti di Tucuman si continuava a combattere e a tener testa all’esercito.
Anche nelle città la situazione era critica, molti dei dirigenti erano stati arrestati o uccisi, l’unità delle forze democratiche era impossibile da raggiungere.
La debolezza non era solo dovuta alla irreparabile perdita dei quadri preparati in anni di lotta, ma soprattutto al distacco del gruppo dirigente dalla massa, e al non aver saputo cogliere la “verità effettuale”.
Il 24 marzo del 1976 le forze armate comandate dal generale Jorge Videla rovesciano il governo di Isabel Peron. Con il pretesto di effettuare il Processo di Riorganizzazione Nazionale instaurano il terrorismo di stato su grande scala.
Dichiarano lo stato di assedio abrogando i diritti costituzionali, sospendono le attività politiche e di associazione, chiudendo il Congresso e proibendo i sindacati, i giornali, sequestrando gli attivisti politici ed i sindacalisti.
Per l’Argentina si aprì così un capitolo della sua tormentata esistenza assai più fosco di altri, denso di grandi tragedie e sofferenze. Da allora, coloro che indistintamente venivano ritenuti degli oppositori o sospettati di esserlo continuarono ad essere processati, incarcerati e seviziati: ma molti di loro vennero anche fatti sparire nell’ombra dall’oggi al domani senza che se sapesse più nulla (di qui il fenomeno dei desaparecidos).
Si creano centri clandestini di detenzione e tortura, e si realizza anche un perverso sistema di appropriazione dei neonati delle detenute in stato di gravidanza.
Uno tra gli obiettivi della dittatura militare argentina fu quello di eliminare fisicamente la Dirección del PRT, principalmente Santucho, come fu annunciato e confermato più volte dal governo militare.
Il 19 luglio del 1976, a Villa Martelli a Buenos Aires, morirono, dopo un conflitto a fuoco con i corpi speciali dell’esercito, Mario Roberto Santucho e Benito Urteaga, furono sequestrati e sparirono per sempre Domingo Mena, Liliana Delfino e Ana Lanzillotto de Mena.
Così la stampa riportò la notizia:
“El Liberal” di Santiago del Estero disse: “Con la morte di Mario Roberto Santucho, e di tre dei suoi luogotenenti, uccisi in uno scontro a fuoco con le forze militari e di polizia, finisce l’era di una delle organizzazioni sediziose più attive dell’America Latina”.
In Brasile “O Globo” pontifica: “Finalmente l’Argentina vincerà contro il terrore e, assicurando la pace, ritroverà un alto livello di civilizzazione orgoglio dei suoi figli”.
A Cuba “Granma”, periodico del Comitato centrale del Partito Comunista di Cuba riporta una notizia di agenzia in cui parla di Santucho come un leader rivoluzionario e un capo indiscusso.
“La Republica” di Costa Rica titola: “Risonante vittoria contro il terrorismo argentino; da quasi tre anni era l’uomo più ricercato del paese da quando l’ERP era stato messo fuori legge.”
A Roma “la Repubblica” dice: “Dei tre capi storici della sinistra rivoluzionaria che si erano uniti in una sorta di giunta sovranazionale per seguire l’esempio di Che Guevara, due morirono in combattimento, e solo uno , Raul Sendic, è ancora vivo in una prigione in Uruguay. Miguel Enriquez capo militare del MIR, morì in Cile nel 1974. Ieri fu il turno di Santucho. Tra i tre Santucho era il più incline all’azione e l’organizzatore più capace”.[1]
Che la si chiami dittatura, guerra sucia o stagione dei desaparecidos, il regime che dal marzo del 1976 dominerà l’Argentina sino al 1982, ha scritto una delle pagine più buie della storia recente dell’America Latina. Il balletto dei generali Massera, Agosti e Videla, che rovesciando il governo di Isabelita Perón occuperanno le stanze del potere sino alla guerra delle Malvine, era seguito con molta attenzione anche fuori dai confini di casa e soprattutto dagli Stati Uniti.
Nel giugno del 1976, a pochi mesi cioè dall’arrivo al potere dei generali, il segretario di stato americano Henry Kissinger ebbe una lunga conversazione con il ministro degli esteri argentino Cesar Augusto Guzzetti: “se ci sono cose da fare bisogna farle in fretta – gli disse - ma poi bisogna anche tornare rapidamente alle normali procedure.”[2]
Kissinger in sostanza come già ampiamente dimostrato diede luce verde al rappresentante della dittatura. L’incontro avvenne il 10 giugno a Santiago (Cile) in occasione del vertice Osa.
Dopo i convenevoli Guzzetti entrò nel vivo: “ Il nostro principale problema è il terrorismo … assicurare la sicurezza interna del paese … l’Argentina ha bisogno da parte degli Stati Uniti di comprensione e supporto. “Abbiamo seguito le vicende argentine da vicino. Vediamo bene il nuovo governo e vogliamo che ce la faccia. Faremo il possibile perché ce la faccia.” Rispose Kissinger.[3]
Le violazioni che avevano caratterizzato i primi tre mesi della dittatura erano dunque ben note. Ma Kissinger si dimostrò comprensivo: “Sappiamo che siete in difficoltà … sono tempi curiosi quelli in cui attività politiche, criminali e terroristiche tendono ad emergere senza una chiara separazione. Capiamo che dovete stabilire un’autorità … farò quel che posso.”
Dopo circa un mese, il 9 luglio, il principale consigliere di Kinssinger Henry Shlaudeman, gli forniva particolari sui sistemi applicati dagli argentini, che utilizzavano “ … il metodo cileno … terrorizzare l’opposizione, anche a costo di uccidere preti e suore…” Il 7 ottobre a New York, il fatto è noto da tempo, Kissinger aggiustò il tiro con Guzzetti: “… prima avrete finito meglio sarà.”[4] La guerra sporca non è ancora stata descritta compiutamente. Il rapporto della commissione nazionale dell’84 ha fornito una stima di 8.960 scomparsi tra il 1976 e il 1982. Secondo il Centro Studi per la pace, sarebbero 30.000 gli scomparsi, oltre 500 i figli di desaparecidos adottati, 2.000.000 gli esiliati politici. Buonos Aires contava all’epoca 365 campi di concentramento clandestini nel ventre di una città che, nel 1978, ospitò addirittura un mondiale di calcio.
CONCLUSIONI
immagini tratte da http://www.elortiba.org/prt.html
Santucho diceva che, poiché è l’unica classe sociale che non ha interesse materiale nel sostenere il capitalismo, la classe operaia è la sola capace di formulare scientificamente il suo progetto sociale per la modificazione totale del sistema, e di combattere, conseguentemente, per il trionfo di questo progetto: il socialismo.
In una parola sola, la classe operaia deve conquistare la DIRIGENZA POLITICA della rivoluzione e dotarsi degli strumenti necessari per farlo; lo strumento fondamentale, storicamente insostituibile, è il partito proletario rivoluzionario.
Certamente la rivoluzione non potrà trionfare in Argentina, e in nessun altro paese, senza un’alleanza tra le classi più oppresse e disagiate, senza aver scelto una dirigenza motivata e capace e, soprattutto, senza una forza armata che le possa permettere di combattere il nemico.
Deve essere un partito proletario perché la classe operaia è l’unica classe rivoluzionaria, perché i suoi interessi sono inconciliabili con quelli delle classi dominanti; non vuol dire che questa deve essere formata solo da operai, anzi, ne fanno parte studenti, contadini, liberi professionisti… ecc, ma è anche necessario che questi adottino lo stile di vita proletario, perché facendo così, vivendo come operai, potranno abbandonare il modo di fare e di pensare della classe sociale di appartenenza.
Questo partito rivoluzionario dovrà essere composto da professionisti della rivoluzione, da uomini e donne che facciano dell’attività rivoluzionaria la cosa più importante della loro vita, che dedichino alla rivoluzione tutti i loro sforzi, tutte le ore della loro vita… la loro stessa vita.
La disciplina più ferrea dovrà governare il partito rivoluzionario, per garantire una unità monolitica, requisito fondamentale per poter affrontare e sconfiggere la repressione ed i molti attacchi della classe nemica. Il partito rivoluzionario abbraccia l’ideologia del proletariato, del marxismo-leninismo, interpretazione secondo la quale la lotta di classe è il motore dello sviluppo dell’umanità, lotta di classe che nella nostra società capitalistica si manifesta come lotta del proletariato contro la borghesia, con la quale, il proletariato sconfiggerà il potere borghese per costruire una società più giusta, la società socialista.
Preme qui sottolineare che per Robi e per il PRT la politica costruita sulle alleanze era collocata al centro della strategia per il potere, proprio perché fondamentale per la costruzione del partito; Il partito si costruisce e si sviluppa con la lotta e solo con essa si amplia.
Per i militanti era impossibile immaginare che il partito potesse acquistare forze lasciando fuori le masse; il partito si costruiva sommando le forze e le esperienze, imprimendo una direzione politica alla lotta, interagendo con tutte le forze che erano parte o appoggiavano il movimento di massa. Il PRT indirizzava i suoi sforzi verso la classe operaia e, da questa, attraverso un processo di mobilitazione democratica e antimperialista, intendeva rivolgere la sua politica a tutto il popolo.
Verso la fine del 1974 si registra un salto qualitativo della repressione: i servizi di Intelligence delle forze armate inaugurano la politica del “secuestro-desaparicion”; prima a Tucuman, poi in tutto il paese. Nel 1975 il governo di Isabel Peron decide di intervenire direttamente per soffocare la guerriglia rurale.
Fino al settembre 1975 le operazioni erano dirette solamente contro la popolazione e non contro la guerriglia; tutti i morti e i “desaparecidos” di questo periodo appartenevano al popolo accusato, con o senza fondamento, di aver appoggiato l’ERP. Si stava attuando la tattica già sperimentata in Vietnam e in altre parti del mondo, per adesso non interessava la guerriglia; il nemico era il popolo che l’appoggiava.
Nel 1975 si registrò l’indice annuale di scioperi più alto di tutta la storia argentina, e uno tra i più alti che si fosse mai registrato nel mondo; lo sciopero generale di luglio fu il risultato delle misure economiche adottate dal ministro Rodrigo, e la protesta che ne seguì venne denominata “Rodrigazo”; in seguito a ciò Lopez Rega si dimise.
Il progetto sembrava realizzato: il PRT e altre organizzazioni di sinistra erano riuscite nell’intento di unire le forze per una causa comune e contro un nemico comune, la classe operaia industriale, gli operai di tutte le grandi fabbriche del paese avevano smesso di dare ascolto al sindacalismo peronista, adesso si orientavano verso posizioni autonome, uscivano in strada a protestare contro un governo peronista.
Alla fine del 1975, il PRT si sentiva accerchiato. La guerriglia si stava pian piano spegnendo, decimata e fortemente debilitata dalle operazioni militari del governo, solo sui monti di Tucuman si continuava a combattere e a tener testa all’esercito.
Anche nelle città la situazione era critica, molti dei dirigenti erano stati arrestati o uccisi, l’unità delle forze democratiche era impossibile da raggiungere.
La debolezza non era solo dovuta alla irreparabile perdita dei quadri preparati in anni di lotta, ma soprattutto al distacco del gruppo dirigente dalla massa, e al non aver saputo cogliere la “verità effettuale”.
Il 24 marzo del 1976 le forze armate comandate dal generale Jorge Videla rovesciano il governo di Isabel Peron. Con il pretesto di effettuare il Processo di Riorganizzazione Nazionale instaurano il terrorismo di stato su grande scala.
Dichiarano lo stato di assedio abrogando i diritti costituzionali, sospendono le attività politiche e di associazione, chiudendo il Congresso e proibendo i sindacati, i giornali, sequestrando gli attivisti politici ed i sindacalisti.
Per l’Argentina si aprì così un capitolo della sua tormentata esistenza assai più fosco di altri, denso di grandi tragedie e sofferenze. Da allora, coloro che indistintamente venivano ritenuti degli oppositori o sospettati di esserlo continuarono ad essere processati, incarcerati e seviziati: ma molti di loro vennero anche fatti sparire nell’ombra dall’oggi al domani senza che se sapesse più nulla (di qui il fenomeno dei desaparecidos).
Si creano centri clandestini di detenzione e tortura, e si realizza anche un perverso sistema di appropriazione dei neonati delle detenute in stato di gravidanza.
Uno tra gli obiettivi della dittatura militare argentina fu quello di eliminare fisicamente la Dirección del PRT, principalmente Santucho, come fu annunciato e confermato più volte dal governo militare.
Il 19 luglio del 1976, a Villa Martelli a Buenos Aires, morirono, dopo un conflitto a fuoco con i corpi speciali dell’esercito, Mario Roberto Santucho e Benito Urteaga, furono sequestrati e sparirono per sempre Domingo Mena, Liliana Delfino e Ana Lanzillotto de Mena.
Così la stampa riportò la notizia:
“El Liberal” di Santiago del Estero disse: “Con la morte di Mario Roberto Santucho, e di tre dei suoi luogotenenti, uccisi in uno scontro a fuoco con le forze militari e di polizia, finisce l’era di una delle organizzazioni sediziose più attive dell’America Latina”.
In Brasile “O Globo” pontifica: “Finalmente l’Argentina vincerà contro il terrore e, assicurando la pace, ritroverà un alto livello di civilizzazione orgoglio dei suoi figli”.
A Cuba “Granma”, periodico del Comitato centrale del Partito Comunista di Cuba riporta una notizia di agenzia in cui parla di Santucho come un leader rivoluzionario e un capo indiscusso.
“La Republica” di Costa Rica titola: “Risonante vittoria contro il terrorismo argentino; da quasi tre anni era l’uomo più ricercato del paese da quando l’ERP era stato messo fuori legge.”
A Roma “la Repubblica” dice: “Dei tre capi storici della sinistra rivoluzionaria che si erano uniti in una sorta di giunta sovranazionale per seguire l’esempio di Che Guevara, due morirono in combattimento, e solo uno , Raul Sendic, è ancora vivo in una prigione in Uruguay. Miguel Enriquez capo militare del MIR, morì in Cile nel 1974. Ieri fu il turno di Santucho. Tra i tre Santucho era il più incline all’azione e l’organizzatore più capace”.[1]
Che la si chiami dittatura, guerra sucia o stagione dei desaparecidos, il regime che dal marzo del 1976 dominerà l’Argentina sino al 1982, ha scritto una delle pagine più buie della storia recente dell’America Latina. Il balletto dei generali Massera, Agosti e Videla, che rovesciando il governo di Isabelita Perón occuperanno le stanze del potere sino alla guerra delle Malvine, era seguito con molta attenzione anche fuori dai confini di casa e soprattutto dagli Stati Uniti.
Nel giugno del 1976, a pochi mesi cioè dall’arrivo al potere dei generali, il segretario di stato americano Henry Kissinger ebbe una lunga conversazione con il ministro degli esteri argentino Cesar Augusto Guzzetti: “se ci sono cose da fare bisogna farle in fretta – gli disse - ma poi bisogna anche tornare rapidamente alle normali procedure.”[2]
Kissinger in sostanza come già ampiamente dimostrato diede luce verde al rappresentante della dittatura. L’incontro avvenne il 10 giugno a Santiago (Cile) in occasione del vertice Osa.
Dopo i convenevoli Guzzetti entrò nel vivo: “ Il nostro principale problema è il terrorismo … assicurare la sicurezza interna del paese … l’Argentina ha bisogno da parte degli Stati Uniti di comprensione e supporto. “Abbiamo seguito le vicende argentine da vicino. Vediamo bene il nuovo governo e vogliamo che ce la faccia. Faremo il possibile perché ce la faccia.” Rispose Kissinger.[3]
Le violazioni che avevano caratterizzato i primi tre mesi della dittatura erano dunque ben note. Ma Kissinger si dimostrò comprensivo: “Sappiamo che siete in difficoltà … sono tempi curiosi quelli in cui attività politiche, criminali e terroristiche tendono ad emergere senza una chiara separazione. Capiamo che dovete stabilire un’autorità … farò quel che posso.”
Dopo circa un mese, il 9 luglio, il principale consigliere di Kinssinger Henry Shlaudeman, gli forniva particolari sui sistemi applicati dagli argentini, che utilizzavano “ … il metodo cileno … terrorizzare l’opposizione, anche a costo di uccidere preti e suore…” Il 7 ottobre a New York, il fatto è noto da tempo, Kissinger aggiustò il tiro con Guzzetti: “… prima avrete finito meglio sarà.”[4] La guerra sporca non è ancora stata descritta compiutamente. Il rapporto della commissione nazionale dell’84 ha fornito una stima di 8.960 scomparsi tra il 1976 e il 1982. Secondo il Centro Studi per la pace, sarebbero 30.000 gli scomparsi, oltre 500 i figli di desaparecidos adottati, 2.000.000 gli esiliati politici. Buonos Aires contava all’epoca 365 campi di concentramento clandestini nel ventre di una città che, nel 1978, ospitò addirittura un mondiale di calcio.
CONCLUSIONI
Questo
tipo di guerra ha avuto successo nelle ex colonie europee in Asia e in
Africa, in America latina ha avuto un unico esito positivo: Cuba,
successo che non si ripeterà altrove proprio per il carattere
eccezionale e anomala della rivoluzione cubana, un modello assolutamente
inapplicabile agli altri paesi latinoamericani, per i suoi risvolti
romantici garibaldini per la sua fortunata ingenuità militare.
Oltre alla indiscutibile influenza esercitata dalla rivoluzione cubana sulla nascita di movimenti rivoluzionari latinoamericani è stato riconosciuto un non trascurabile valore a un fattore di importanza determinante: la crisi economica che ha colpito la maggior parte dei paesi latinoamericani verso la fine degli anni ’50.
Non c’è un “prima” e un “dopo”, quanto piuttosto la continuazione di processi che si erano radicati in America Latina all’inizio del decennio Sessanta: guerriglie, autoritarismo militarista e rivolte studentesche, ma anche un tumultuoso sviluppo di una cultura critica ( dalla letteratura al cinema, alle scienze sociali), percorrono in modo trasversale quasi tutti i Paesi più importanti di quest’area.
La sconfitta del PRT, sia da un punto di vista politico sia da quello militare, è da imputare alla modalità con la quale esso cercò la scalata al potere e la sua attuazione. Fu commesso un errore che si può definire di “forzatura”: si cercò di accelerare il cammino verso la rivoluzione, quando la società non era ancora pronta per affrontarla. La chiave della sconfitta è non aver capito per tempo che la strategia insurrezionale perdeva vigore con la “ normalizzazione” della situazione storica; nella complessa tappa di apertura democratica del 1973 fino alla dura sconfitta del 1976, gli errori politici di incomprensione e la successiva virata “militarista”, portarono ad un cambio nel funzionamento organico che debilitò la struttura partitica e facilitarono l’incorporazione di militanti poco determinati nella difesa dei principi del Partito Proletario. Il contributo di Santucho per quanto riguarda l’ideologia e la relazione con la massa risulta eccezionale nella sua chiarezza e nella sua applicabilità, e consiste proprio nella capacità di coinvolgere e connettere le masse popolari con i settori rivoluzionari.
Mario Roberto Santucho era un uomo di carne ed ossa, era un uomo del popolo che riassumeva nel suo pensiero e nelle sue azioni i sentimenti e le necessità di milioni di argentini e latinoamericani.
Nel superamento delle contraddizioni e nala capacità di individuare il nemico ( qualunque esso fosse) Santucho cercò, in ogni circostanza, il modo di unire e tenere unito il popolo. Organizzò e propose l’unità a tutti coloro che si definivano antimperialisti ed erano disposti a costruire una patria socialista.
Mario Roberto Santucho era il più ricercato, il cervello indiscutibile, non era solo il massimo dirigente del PRT era l’esempio di rivoluzionario amato e ammirato da una larga fascia della società. Fu un autentico rivoluzionario, cioè dedicò la propria vita, nella sua pratica quotidiana, ai valori fondamentali di una nuova ideologia, attuando nella pratica, con coerenza totale, la teoria l’insegnamento e l’esempio, per realizzare la costruzione dell’uomo nuovo. Con la morte di Santucho si affermò definitivamente l’esempio rivoluzionario che il popolo argentino ancora riconosce.
Per concludere cosa dire sul destino dell’utopia rivoluzionaria che ha commosso la storia del paese negli anni ‘60 e ‘70?
Diremo che la storia non è stata ancora raccontata fino alla fine, e nemmeno è stata analizzata dalla società. È una storia non finita, tronca per diversi motivi. Resta così un’impronta che non ha ancora cancellato le ferite e solo nel tempo e col tempo sarà possibile cogliere tutti gli insegnamenti di quelle lotte che hanno coivolto il popolo argentino.
BIBLIOGRAFIA
- Blanca Rina Santucho, Nosotros Los Santucho, 2002, Cordoba
- Dirección del Partido Revolucionario de los Trabajadores, Historia del PRT, 1997, Editorial 19 de julio, Buenos Aires
- Mario Roberto Santucho, Poder Burgués y Poder Revolucionario, 1974, El Combatiente, Santiago del Estero
- Mario Roberto Santucho, Escritos, 1996, Editorial 19 de julio, Buenos Aires
- Julio Santucho, Los ultimos Guevaristas, 2004, Byblos, Buenos Aires
- Alain Rouquiè, L’America Latina, 2007, Mondadori, Milano
- Valerio Castronovo, Piazze e Caserme, i dilemmi dell’America Latina dal ‘900 a oggi, 2007, Laterza, Bari
- Maria Seoane, Argentina. Paese dei paradossi, 2004, Laterza, Bari
- Maria Seoane, Todo o Nada, 2003, Sudamericana, Buenos Aires
- Italo Moretti, L’Argentina non vuole più piangere, 2006, Sperling&Kupfler editori, Milano
- Ludovico Incisa di Camerana, I ragazzi del Che, storia di una rivoluzione mancata, 2007, Corbaccio, Milano
[1] http://www.argenpress.info/notaold.asp?num=032378 (26 febbraio 2008)[2] http://www.lettera22.it/showart.php?id=1721&rubrica=117 (25 febbraio 2008)[3] Vedi nota 18[4] Vedi nota 18
Oltre alla indiscutibile influenza esercitata dalla rivoluzione cubana sulla nascita di movimenti rivoluzionari latinoamericani è stato riconosciuto un non trascurabile valore a un fattore di importanza determinante: la crisi economica che ha colpito la maggior parte dei paesi latinoamericani verso la fine degli anni ’50.
Non c’è un “prima” e un “dopo”, quanto piuttosto la continuazione di processi che si erano radicati in America Latina all’inizio del decennio Sessanta: guerriglie, autoritarismo militarista e rivolte studentesche, ma anche un tumultuoso sviluppo di una cultura critica ( dalla letteratura al cinema, alle scienze sociali), percorrono in modo trasversale quasi tutti i Paesi più importanti di quest’area.
La sconfitta del PRT, sia da un punto di vista politico sia da quello militare, è da imputare alla modalità con la quale esso cercò la scalata al potere e la sua attuazione. Fu commesso un errore che si può definire di “forzatura”: si cercò di accelerare il cammino verso la rivoluzione, quando la società non era ancora pronta per affrontarla. La chiave della sconfitta è non aver capito per tempo che la strategia insurrezionale perdeva vigore con la “ normalizzazione” della situazione storica; nella complessa tappa di apertura democratica del 1973 fino alla dura sconfitta del 1976, gli errori politici di incomprensione e la successiva virata “militarista”, portarono ad un cambio nel funzionamento organico che debilitò la struttura partitica e facilitarono l’incorporazione di militanti poco determinati nella difesa dei principi del Partito Proletario. Il contributo di Santucho per quanto riguarda l’ideologia e la relazione con la massa risulta eccezionale nella sua chiarezza e nella sua applicabilità, e consiste proprio nella capacità di coinvolgere e connettere le masse popolari con i settori rivoluzionari.
Mario Roberto Santucho era un uomo di carne ed ossa, era un uomo del popolo che riassumeva nel suo pensiero e nelle sue azioni i sentimenti e le necessità di milioni di argentini e latinoamericani.
Nel superamento delle contraddizioni e nala capacità di individuare il nemico ( qualunque esso fosse) Santucho cercò, in ogni circostanza, il modo di unire e tenere unito il popolo. Organizzò e propose l’unità a tutti coloro che si definivano antimperialisti ed erano disposti a costruire una patria socialista.
Mario Roberto Santucho era il più ricercato, il cervello indiscutibile, non era solo il massimo dirigente del PRT era l’esempio di rivoluzionario amato e ammirato da una larga fascia della società. Fu un autentico rivoluzionario, cioè dedicò la propria vita, nella sua pratica quotidiana, ai valori fondamentali di una nuova ideologia, attuando nella pratica, con coerenza totale, la teoria l’insegnamento e l’esempio, per realizzare la costruzione dell’uomo nuovo. Con la morte di Santucho si affermò definitivamente l’esempio rivoluzionario che il popolo argentino ancora riconosce.
Per concludere cosa dire sul destino dell’utopia rivoluzionaria che ha commosso la storia del paese negli anni ‘60 e ‘70?
Diremo che la storia non è stata ancora raccontata fino alla fine, e nemmeno è stata analizzata dalla società. È una storia non finita, tronca per diversi motivi. Resta così un’impronta che non ha ancora cancellato le ferite e solo nel tempo e col tempo sarà possibile cogliere tutti gli insegnamenti di quelle lotte che hanno coivolto il popolo argentino.
BIBLIOGRAFIA
- Blanca Rina Santucho, Nosotros Los Santucho, 2002, Cordoba
- Dirección del Partido Revolucionario de los Trabajadores, Historia del PRT, 1997, Editorial 19 de julio, Buenos Aires
- Mario Roberto Santucho, Poder Burgués y Poder Revolucionario, 1974, El Combatiente, Santiago del Estero
- Mario Roberto Santucho, Escritos, 1996, Editorial 19 de julio, Buenos Aires
- Julio Santucho, Los ultimos Guevaristas, 2004, Byblos, Buenos Aires
- Alain Rouquiè, L’America Latina, 2007, Mondadori, Milano
- Valerio Castronovo, Piazze e Caserme, i dilemmi dell’America Latina dal ‘900 a oggi, 2007, Laterza, Bari
- Maria Seoane, Argentina. Paese dei paradossi, 2004, Laterza, Bari
- Maria Seoane, Todo o Nada, 2003, Sudamericana, Buenos Aires
- Italo Moretti, L’Argentina non vuole più piangere, 2006, Sperling&Kupfler editori, Milano
- Ludovico Incisa di Camerana, I ragazzi del Che, storia di una rivoluzione mancata, 2007, Corbaccio, Milano
[1] http://www.argenpress.info/notaold.asp?num=032378 (26 febbraio 2008)[2] http://www.lettera22.it/showart.php?id=1721&rubrica=117 (25 febbraio 2008)[3] Vedi nota 18[4] Vedi nota 18
Filippo Mariani
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