L'AQUILA - I nomi dei colpevoli forse sono sepolti con le vittime, quei sette o nove o undici ragazzi morti. Sono nascosti fra le macerie, nei fascicoli inghiottiti come i cadaveri, nelle carte che raccontano la storia di questi cinque piani che non ci sono più: la casa dello studente dell'Aquila, un palazzo che ora non ha più nemmeno un padrone. È una delle fosse comuni dell'Abruzzo squarciato, una delle vergogne della città fatta con la sabbia. Ricordatevi questo indirizzo: via XX Settembre 46. Ricordatevi il numero civico e anche la strada. E' quello del primo palazzo di una strage annunciata. Quattrocento sono state le scosse dal mese di gennaio alla maledetta notte di domenica e nessuno ha mai mandato un tecnico, un ispettore, un geometra a fare una perizia in quelle camerate che in pochi secondi sono cadute giù. Quattrocento scosse e neanche un sopralluogo, una foto dei luoghi, la ricerca di una crepa, di un muro storto. "In questi tre mesi non abbiamo mai visto nessuno della Regione e nessuno della Protezione civile o dei vigili del fuoco", dice Luca D'Innocenzo, il presidente dell'Asdu, l'Azienda per il diritto agli studi universitari che fino a tre giorni fa gestiva la "casa" dell'Aquila e oggi piange Davide, Angela, Luciana, Michelon, Alessio, Chiara, Francesco e forse altri quattro degli studenti che abitavano lì. Il palazzo è un cumulo di pietre. Era alto una ventina di metri, aveva una cinquantina di stanze e centodiciannove posti letto, una mensa, una sala per i computer e un'altra per le riunioni, gli uffici amministrativi, i locali dello sportello per il pubblico. Una parete è scivolata trascinandosi tutto il resto. Una fatalità? Una sventura che si sarebbe potuta evitare? "Da due giorni e due notti mi chiedo perché non ho fatto chiudere tutto e mandato via gli studenti, ma non potevo mai immaginare e poi, poi - lo ripeto - non c'è stato nessuno che ci aveva messo in allarme", spiega ancora Luca D'Innocenzo mentre ricorda uno per uno i suoi ragazzi morti.
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La casa dello studente è uno scandalo dell'Abruzzo terremotato per quello è accaduto prima e per quello che sta accadendo dopo. Prima, per i "controlli" che non ci sono stati. Dopo, per quel palazzo che ora nessuno riconosce come suo. "E' di proprietà della Regione", assicura il presidente della casa dello studente. "E' dell'Asdu", ribatte l'assessore regionale ai Lavori Pubblici Angelo Di Paolo. E precisa ancora l'assessore: "Mi sono appena informato con il dirigente generale del demanio, è sicuro al cento per cento: la casa dello studente non è della Regione ma di quell'ente". Nessuno vuole le macerie con i suoi morti. In verità, anche se non lo sa, è la Regione Abruzzo che da quindici anni è la sola proprietaria del palazzo che è diventato una tomba. La legge è la numero 91 del 6 dicembre 1994, quella che scioglie le Opere universitarie e trasferisce le competenze alla Regione. All'articolo 16 c'è scritto tutto: "alle aziende che gestiscono le case dello studente in Abruzzo è concesso l'uso gratuito dei beni immobili di proprietà della Regione". E' uno dei tanti paradossi di questo terremoto, ancora tanto da svelarsi per i danni che ha provocato. Così smisurati, così facilmente. E' però tutta la storia del palazzo che non c'è più e di quegli altri che aveva attorno a custodire dentro di sè il mistero dei crolli totali, di quei cinque o sei edifici che si sono sfarinati in uno spazio di ottocento metri, che sono caduti come birilli. In quella via XX Settembre, in via Iacobucci, all'angolo fra via Rossi e via Sant'Andrea, giù a Villa Poggio. Una linea, la direttrice della morte. Il terremoto ha ucciso lì, nella città dell'Aquila. Sono tutti "a norma" quei palazzi. Così rispondono in tanti: tecnici, ingegneri, funzionari del Comune."A norma", a norma di sparire in un attimo, di diventare detriti in un colpo. Cinque o sei si sono frantumati, altri otto o nove hanno subito danni strutturali importanti. Lì, soltanto lì dove c'è anche la casa dello studente, il terremoto è stato assassino. Zona lottizzata nei primi Anni Sessanta, destinata a edilizia residenziale, ha fatto la fortuna di molti palazzinari. Hanno costruito dappertutto su quella montagnetta. Il palazzo dove poi è finita nel 1980 la casa dello studente è stato ultimato nel 1965, usato come deposito di medicinali dagli Angelini - solo omonimi da quell'Enzo Angelini delle cliniche che un anno fa se l'è cantata sulle tangenti della Sanità e sull'ex governatore Ottaviano Del Turco - e poi sistemato per farci dormire i ragazzi. Chiuso dal 1998 per una ristrutturazione interna, nel settembre del 2001 ha riaperto. E' rimasto in piedi fino a quando è arrivata la notte fra domenica 5 e lunedì 6 aprile 2009. "Io penso che tutta la tragedia sia probabilmente da ricercare in quella lontana lottizzazione", dice ancora il presidente della casa dello studente Luca D'Innocenzo. Parla di piloni che affondano a livelli diversi del terreno, di leggi antisismiche che al tempo dei lavori non c'erano, di segnali premonitori mai avvertiti. E ancora: "Quelli della Regione non si sono fatti sentire neanche due giorni dopo il terremoto e dopo tutti quei morti". L'unica ispezione che è agli atti - ma anche quelle relazioni sono scivolate tra le pietre - è stata eseguita dall'architetto Pietro Sebastiani, il capo dell'ufficio tecnico interno alla casa dello studente dell'Aquila. Ammette lui, candidamente: "Ma io di queste cose non ne capisco niente, mi sono limitato a fare un giro per la struttura e mi è sembrato tutto a posto". L'ufficio tecnico interno sovrintende in effetti alla "piccola manutenzione": il cambio di una lampadina, la riparazione dello scarico di un cesso, una parete da ridipingere. Dopo quelle quattrocento scosse non poteva essere l'architetto Pietro Sebastiani a scoprire un pericolo piccolo o grande nel palazzo. Dopo quelle quattrocento scosse, altri sarebbero dovuti entrare nella casa dello studente dell'Aquila e perlustrare una per una le cinquanta stanze. Ma nessuno l'ha fatto. Nessuno. Poi è venuto giù tutto. E anche venti metri più avanti, anche cento metri più indietro. Ricordatevi questo indirizzo: citta dell'Aquila, via XX Settembre.
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La casa dello studente è uno scandalo dell'Abruzzo terremotato per quello è accaduto prima e per quello che sta accadendo dopo. Prima, per i "controlli" che non ci sono stati. Dopo, per quel palazzo che ora nessuno riconosce come suo. "E' di proprietà della Regione", assicura il presidente della casa dello studente. "E' dell'Asdu", ribatte l'assessore regionale ai Lavori Pubblici Angelo Di Paolo. E precisa ancora l'assessore: "Mi sono appena informato con il dirigente generale del demanio, è sicuro al cento per cento: la casa dello studente non è della Regione ma di quell'ente". Nessuno vuole le macerie con i suoi morti. In verità, anche se non lo sa, è la Regione Abruzzo che da quindici anni è la sola proprietaria del palazzo che è diventato una tomba. La legge è la numero 91 del 6 dicembre 1994, quella che scioglie le Opere universitarie e trasferisce le competenze alla Regione. All'articolo 16 c'è scritto tutto: "alle aziende che gestiscono le case dello studente in Abruzzo è concesso l'uso gratuito dei beni immobili di proprietà della Regione". E' uno dei tanti paradossi di questo terremoto, ancora tanto da svelarsi per i danni che ha provocato. Così smisurati, così facilmente. E' però tutta la storia del palazzo che non c'è più e di quegli altri che aveva attorno a custodire dentro di sè il mistero dei crolli totali, di quei cinque o sei edifici che si sono sfarinati in uno spazio di ottocento metri, che sono caduti come birilli. In quella via XX Settembre, in via Iacobucci, all'angolo fra via Rossi e via Sant'Andrea, giù a Villa Poggio. Una linea, la direttrice della morte. Il terremoto ha ucciso lì, nella città dell'Aquila. Sono tutti "a norma" quei palazzi. Così rispondono in tanti: tecnici, ingegneri, funzionari del Comune."A norma", a norma di sparire in un attimo, di diventare detriti in un colpo. Cinque o sei si sono frantumati, altri otto o nove hanno subito danni strutturali importanti. Lì, soltanto lì dove c'è anche la casa dello studente, il terremoto è stato assassino. Zona lottizzata nei primi Anni Sessanta, destinata a edilizia residenziale, ha fatto la fortuna di molti palazzinari. Hanno costruito dappertutto su quella montagnetta. Il palazzo dove poi è finita nel 1980 la casa dello studente è stato ultimato nel 1965, usato come deposito di medicinali dagli Angelini - solo omonimi da quell'Enzo Angelini delle cliniche che un anno fa se l'è cantata sulle tangenti della Sanità e sull'ex governatore Ottaviano Del Turco - e poi sistemato per farci dormire i ragazzi. Chiuso dal 1998 per una ristrutturazione interna, nel settembre del 2001 ha riaperto. E' rimasto in piedi fino a quando è arrivata la notte fra domenica 5 e lunedì 6 aprile 2009. "Io penso che tutta la tragedia sia probabilmente da ricercare in quella lontana lottizzazione", dice ancora il presidente della casa dello studente Luca D'Innocenzo. Parla di piloni che affondano a livelli diversi del terreno, di leggi antisismiche che al tempo dei lavori non c'erano, di segnali premonitori mai avvertiti. E ancora: "Quelli della Regione non si sono fatti sentire neanche due giorni dopo il terremoto e dopo tutti quei morti". L'unica ispezione che è agli atti - ma anche quelle relazioni sono scivolate tra le pietre - è stata eseguita dall'architetto Pietro Sebastiani, il capo dell'ufficio tecnico interno alla casa dello studente dell'Aquila. Ammette lui, candidamente: "Ma io di queste cose non ne capisco niente, mi sono limitato a fare un giro per la struttura e mi è sembrato tutto a posto". L'ufficio tecnico interno sovrintende in effetti alla "piccola manutenzione": il cambio di una lampadina, la riparazione dello scarico di un cesso, una parete da ridipingere. Dopo quelle quattrocento scosse non poteva essere l'architetto Pietro Sebastiani a scoprire un pericolo piccolo o grande nel palazzo. Dopo quelle quattrocento scosse, altri sarebbero dovuti entrare nella casa dello studente dell'Aquila e perlustrare una per una le cinquanta stanze. Ma nessuno l'ha fatto. Nessuno. Poi è venuto giù tutto. E anche venti metri più avanti, anche cento metri più indietro. Ricordatevi questo indirizzo: citta dell'Aquila, via XX Settembre.
Attilio Bolzoni
da La Repubblica
del 9 aprile 2009
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Autogestione al Giusti di
L'onda
c/o Cinema Massimo
Un film di Dennis Gansel. Con Jürgen Vogel, Frederick Lau, Max Riemelt, Jennifer Ulrich, Jacob Matschenz.
Christiane Paul, Max Mauff, Elyas M'Barek, Cristina do Rego, Maximilian Vollmar, Ferdinand Schmidt-Modrow, Tim Oliver Schultz, Amelie Kiefer, Fabian Preger, Odine JohneTitolo originale Die Welle. Drammatico, durata 101 min. - Germania 2008.
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