PROSSIMI APPUNTAMENTI e INFO

30.1.10

Mercoledì 03.02.10 ore 19.50 c/o Cinema Romano

L'uomo che verrà

Un film di Giorgio Diritti. Con Alba Rohrwacher, Maya Sansa, Claudio Casadio, Greta Zuccheri Montanari, Stefano Bicocchi, Eleonora Mazzoni, Orfeo Orlando, Diego Pagotto, Bernardo Bolognesi, Stefano Croci, Zoello Gilli, Timo Jacobs, Raffaele Zabban, Greta Zucchi Montanari, Vito, Francesco Modugno, Maria Grazia Naldi, Laura Pizzirani

Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 117 min. - Italia 2009. - Mikado

L'eccidio di Monte Sole visto attraverso una collettività di sguardi e una prospettiva di speranza

di Edoardo Becattini

Alle pendici di Monte Sole, sui colli appenninici vicini a Bologna, la comunità agraria locale vede i propri territori occupati dalle truppe naziste e molti giovani decidono di organizzarsi in una brigata partigiana. Per una delle più giovani abitanti del luogo, la piccola Martina, tutte quelle continue fughe dai bombardamenti e quegli scontri a fuoco sulle vallate hanno poca importanza. Da quando ha visto morire il fratello neonato fra le sue braccia, Martina ha smesso di parlare e vive unicamente nell'attesa che arrivi un nuovo fratellino. Il concepimento avviene in una mattina di dicembre del 1943, esattamente nove mesi prima che le SS diano inizio al rastrellamento di tutti gli abitanti della zona.

L'eccidio di Marzabotto è uno di quegli episodi che premono sulla grandezza della Storia per stringerla dentro alla dimensione del dolore del singolo. Per raccontare quella strage degli ultimi giorni del nazifascismo nella quale vennero uccisi circa 770 paesani radunati nelle case, nei cimiteri e sui sagrati delle chiese, Giorgio Diritti si affida a un proposito simile a quello del suo precedente Il vento fa il suo giro: partire dalla lingua del dialetto per raccontare una comunità e dal linguaggio del cinema per costruire un messaggio sull'identità culturale. Rispetto al lungometraggio d'esordio, L'uomo che verrà si confronta direttamente con la memoria storica e tende a ricostruire la storia del massacro in modo strategico ma senza risultare affettato, puntando sul lato emozionale ma mai ricattatorio della messa in scena. Non più il punto di vista di uno straniero che tenta di confondersi e integrarsi con quello di una comunità ostile, ma quello di un piccolo membro di una collettività, Martina, che si congiunge e si scambia con quello di tutte le vittime della strage. Per rendere questa idea, Diritti riscopre la fluidità delle immagini e, lontano dal facile realismo delle immagini sgranate girate con macchina a mano, costruisce scene a volte statiche e a volte in movimento, inquadrature fisse e piani sequenza, ma sempre modulati in funzione dei movimenti e delle emozioni della comunità rurale. La funzione patemica si concede un solo, brevissimo ralenti durante la scena dell'esecuzione, e delega il suo lavoro a delle semi-soggettive a lunga e media distanza dall'evento. La “visione con” di queste inquadrature diviene “con-divisione” di punti di vista e di emozioni sulla tragedia: dietro a quelle nuche che affiorano dai margini delle inquadrature fino ad occludere la visibilità degli scontri, c'è il progetto di una personificazione dello sguardo nella strage, l'idea che dietro ad ognuna di quelle morti ingiustificabili ci sia sempre un corpo e un punto di vista. Sguardi nella tragedia che si fanno sguardi sulla tragedia, per il modo in cui questo visibile parziale richiede il nostro coinvolgimento ottico ed emotivo.
La distanza che fin dall'inizio pone l'antico dialetto bolognese si annulla così grazie alle scelte di messe in scena di Diritti, che elabora un modo di vedere la guerra dove non c'è bisogno di suddivisioni manichee o di una crudeltà pittoresca per comprendere da che parte stare. Per capire che i “partigiani” di oggi sono quelli che sanno collocare il proprio sguardo sul passato in prospettiva di un futuro pacifico di condivisione che ci riguarda tutti.
(da mymovies)

25.1.10

Martedì 26.01.10 ore 19.55 c/o Cinema Ambrosio


La prima cosa bella


Un film di Paolo Virzì. Con Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolfi, Marco Messeri, Aurora Frasca, Giacomo Bibbiani, Giulia Burgalassi, Francesco Rapalino, Isabella Cecchi, Sergio Albelli, Fabrizia Sacchi, Dario Ballantini, Paolo Ruffini, Emanuele Barresi, Fabrizio Brandi, Michele Crestacci, Bobo Rondelli, Paolo Giommarelli, Giorgio Algranti, Riccardo Bianchi, Giacomo Bibiani, durata 116 min. - Italia 2010. - Medusa
Commedia drammatica colma di sentimenti e spoglia di sentimentalismi

Marzia Gandolfi

Bruno Michelucci è infelice. Insegnante di lettere a Milano, si addormenta al parco, fa uso di droghe e prova senza riuscirci a lasciare una fidanzata troppo entusiasta. Lontano da Livorno, città natale, sopravvive ai ricordi di un'infanzia romanzesca e alla bellezza ingombrante di una madre estroversa, malata terminale, ricoverata alle cure palliative. Valeria, sorella spigliata di Bruno, è decisa a riconciliare il fratello col passato e col genitore. Precipitatasi a Milano alla vigilia della dipartita della madre, convince Bruno a seguirla a Livorno e in un lungo viaggio a ritroso nel tempo. Le stazioni della sua “passione” rievocano la vita e le imprese di Anna, madre esuberante e bellissima, moglie di un padre possessivo e scostante, croce e delizia degli uomini a cui si accompagna senza concedersi e a dispetto delle comari e della provincia. Domestica, segretaria, ragioniera, figurante senza mai successo, Anna passa attraverso i marosi della vita col sorriso e l'intenzione di essere soltanto la migliore delle mamme. A un giro di valzer dalla morte, sposerà “chi la conosceva bene” e accorderà Bruno alla vita.

È cosa nota ma è bene ribadirlo. Se si cerca un erede convincente della grande tradizione della commedia all'italiana, quello è indubbiamente Paolo Virzì. Lo è per attitudine, scrittura, sguardo. Per la modalità di immergersi nell'anima vera e nera del nostro paese, producendo affreschi esemplari e spaccati sociologici precisi. Archiviata la Roma dei call center e della solidarietà zero (Tutta la vita davanti), il regista livornese torna in provincia con una commedia drammatica e col professore depresso di Valerio Mastandrea, che spera un giorno di “ingollare” quella madre che non va né giù né su ma che ugualmente suscita un'irresistibile attrazione.

Indietro nel tempo e al centro del film c'è allora una mamma, l'affettuosa e “disponibile” Anna di Micaela Ramazzotti, idealmente prossima alla Adriana di Antonio Pietrangeli (Io la conoscevo bene), sedotta dalle persone e dagli avvenimenti ma trattenuta e contenuta dall'amore filiale. Se Adriana fosse sopravvissuta alle malignità di un cinegiornale e a un volo dalla finestra della sua camera, avrebbe adesso due figli e un cancro nella Livorno e nel cinema di Virzì. Perché Anna, mamma negli anni Settanta, è come Adriana vittima del torpore psicologico della provincia e della diffusa incomprensione maschile, da cui non sono immuni il figlio e il marito. A interpretarla nel tempo presente e nel letto di un hospice, centro di accoglienza e ricovero per malati terminali, è appunto Stefania Sandrelli, che trova per il suo personaggio (tra)passato un destino più dolce.


La prima cosa bella nel film di Virzì è proprio il personaggio di Anna che, libera e priva di pregiudizi, vive in uno stato di perenne disponibilità nei confronti della vita, offrendo agli uomini quello che può e ai figli quello che sente. Dotata di un'autenticità insolita e una femminilità impropria in un mondo di persone “normali”, Anna è insieme amata e invisa al figlio, che ripudia il candore scandaloso della madre e trova rifugio senza pace nella fuga. Rientrato suo malgrado nella vita di provincia come un adolescente dopo l'ennesima evasione, Bruno indaga un'unità difficile da trovare dentro i silenzi e il dolore compresso. La famiglia rappresenta allora il cuore della commedia, condita con robuste iniezioni di popolarità e ghiotte cadenze toscane, dentro il quale ci tuffa e si tuffa il figlio dolente di Mastandrea, incontrando i fantasmi del passato e contrattando il proprio posto nel mondo.

La prima cosa bella si appoggia su un coro di attori efficaci nel sapere stare dentro e fuori i personaggi, finendo per dare forma a una felice e insieme scriteriata idea di famiglia. Dalla meravigliosa inadeguatezza di Mastandrea deriva poi l'equilibrio tra ironia e malinconia che è la cifra di una commedia colma di sentimenti e spoglia di sentimentalismi.
(da mymovies)

Verso il Symposium, sotto la neve, dopo il film non privo di qualche topos del regista, come la presenza di un professore infelice tra i protagonisti, e di alcune evocazioni pasoliniane, nella scena della madre e del figlio insieme in motocicletta,  o rosselliniane,  nella corsa straziante di Anna Magnani in Roma Città aperta.

16.1.10

HOLMES e AVATAR

Hanno partecipato alle due serate coi proff. Coppola, D'Ambra, Lupis e Martini: due studenti del Liceo Majorana,  Francesco Iriti (Liceo Giusti), Mirko Borgazzi, Marin Gaina (ITIS Grassi), Dario Ameglio, Roberto Antonetto, Federico Garino, Daniele Grillo, Francesco Iriti, Alberto Zanello (Università degli Studi e Politecnico) .



Mercoledì 20.01.10 c/o Fratelli Marx

Sherlock Holmes


Un film di Guy Ritchie. Con Robert Downey Jr., Jude Law, Rachel McAdams, Mark Strong, Kelly Reilly, Hans Matheson, Eddie Marsan, James Fox, Bronagh Gallagher, Robert Stone, William Hope, Robert Maillet, William Houston, David Garrick, Terry Taplin, Geraldine James, James A. Stephens, Joe Egan

Azione, Ratings: Kids+13, durata 128 min. - USA, Gran Bretagna, Australia 2009. - Warner Bros Italia

Ritorno alle origini del personaggio di Conan Doyle per un plot originale in salsa action e steampunk

di Marianna Cappi

Sul finire dell'Ottocento, Londra è una città affascinante e pericolosa. Le novità tecnologiche attirano i cittadini più curiosi, ma il richiamo per l'occulto e il soprannaturale è altrettanto forte. Quando Sherlock Holmes e il fido dottor Watson consegnano l'assassino di giovani donne Lord Blackwood alla giustizia e, dopo aver assistito all'esecuzione capitale, assistono non di meno alla sua apparente resurrezione, Holmes è felice di potersi finalmente interessare di qualcosa alla sua portata. Tanto più che si è ripresentata a lui la bella Irene Adler, chiedendo il ritrovamento di un uomo che si scoprirà interrato nella bara di Blackwood. I casi si intrecciano, si aggrovigliano, sporcano gli abiti di fumo e di avventura.

Guy Ritchie punta su un indirizzo ambizioso: 221B, Baker Street. Lente d'ingrandimento alla mano, smette di farsi sedurre dall'eccentricità per accumulazione (i tanti personaggi delle pellicole precedenti) e la trova, purissima, per “concentrazione” nella figura di Sherlock Holmes, così come fece capolino inizialmente sulle pagine di Conan Doyle, prima di rifarsi trucco e parrucco in seguito alle ingerenze dei lettori, della storia, della leggenda e del cinema stesso. Un uomo di straordinario acume e ugual passione per l'azione, ordinato mentalmente come nessun altro (se n'è fatto un “metodo”), che vive da bohemien nel disordine dei ritagli di giornale (la cronaca scandalistica), della polvere (bianca?) e dell'assenza di regolari abitudini, scazzottando alla bisogna a mani nude. Questo ritorno alle origini del personaggio –benché poi la sceneggiatura segua un plot originale- è una prima evidenza a favore del lavoro di Ritchie.

Seconda, ma intimamente connessa, viene la scelta degli interpreti: il nuovo Holmes emerge, coerente e vigoroso, dalla zona di intersezione e sovrapposizione tra le caratteristiche romanzesche del detective di Conan Doyle e quelle reali e “biofilmografiche” di Robert Downey Jr., talento istrionico, uomo intelligente e contraddittorio, paladino iron(ico), non privo di invadenti fantasmi e noti (alle cronache) trascorsi. Al suo fianco, Jude Law è un dottor Watson con personalità, un passo indietro in quanto a genialità e spavalderia ma complice sincero, coinquilino avvenente, braccio (destro) e spalla (fuori e dentro la finzione) che valgono bene una scenata di gelosia, un tocco di isterismo, una manciata di voluta ambiguità. Rachel Mc Adams, infine, è “la donna”, furba e traditrice, unica fonte femminile di interesse per il nostro, in quanto caso irrisolvibile, abitante di quel territorio del diavolo - la criminalità elegante e scaltra - con cui il protagonista flirta tanto piacevolmente. Ma uno più uno, questa volta, non fa un due pieno.

Qualche spacconeria di sceneggiatura, non poche lungaggini, dialoghi che promettono ma non conquistano, fermano lo spettatore dal fregarsi le mani e gli lasciano sul viso un sorrisetto sarcastico. Alla Holmes.



Venerdì 22.01.10 ore 18 c/o Pathé in 3D


Avatar


Un film di James Cameron. Con Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang, Michelle Rodriguez, Giovanni Ribisi, Joel Moore, CCH Pounder, Wes Studi, Laz Alonso, Peter Mensah, Matt Gerald, Scott Lawrence, Sean Moran, Dileep Rao, Julene Renee, Jacob Tomuri, Noli McCool, Peter Dillon, Kevin Dorman, Dean Knowsley, Sean Anthony Moran, Amy Clover, Sean Patrick Murphy, James Pitt

Fantascienza, Ratings: Kids+13, durata 162 min. - USA, Gran Bretagna 2009. - 20th Century Fox 

James Cameron si conferma un regista capace di fondere spettacolarità e messaggio

di Giancarlo Zappoli

Jake Sully è un marine costretto su una sedia a rotelle che accetta di trasferirsi sul pianeta Pandora (distante 44 anni luce dalla Terra) in sostituzione del fratello morto. Costui era uno scienziato la cui missione era quella di esplorare il pianeta mediante un avatar. Essendo l'atmosfera del pianeta tossica per gli umani sono stati creati degli esseri simili in tutto e per tutto ai nativi che possono essere ?guidati' dall'umano che si trova al sicuro dentro la base. Pandora però non è solo un luogo da studiare. È soprattutto un enorme giacimento di un minerale prezioso per la Terra su cui la catastrofe ecologica ha ridotto a zero le fonti di energia. Uomini d'affari avidi e militari si trovano così uniti nel tentativo di spoliazione del pianeta. C'è però un problema: gli indigeni Na'vi non hanno alcuna intenzione di farsi colonizzare. Il compito iniziale dell'avatar di Jake sarà quello di conoscerne usi e costumi e di farsi accettare all'interno delle loro comunità. Sarà così in grado di riferire se sia possibile sottometterli. Jake conosce così Neytiri, una guerriera Na'vi figlia del capo tribù. Da lei impara a divenire un guerriero molto diverso dal marine che è stato e se ne innamora ricambiato. Da quel momento la sua visione dell'impresa cambia.

James Cameron è tornato e, ancora una volta, ha lanciato la sua sfida molto personale al mondo del cinema. Così come in Titanic, snobbato a torto dalla critica più vetero-conservatrice, anche in Avatar decide di basare l'impresa su una sceneggiatura che a un primo sguardo non può non apparire decisamente semplice (anche se chi ha fatto facili e ironici riferimenti a Pocahontas ha dimenticato che la giovane indiana d'America visse, nella sua storia d'amore con John Rolfe, il percorso esattamente opposto a quello qui narrato).

Cameron si rivela, proprio grazie agli stereotipi narrativi di cui fa ampio uso, un vero autore. Potrebbe sembrare un ossimoro ma non è così. Perché pesca citazioni a piene mani dalla storia del cinema (non rinunciando, ad esempio, a citarsi richiamando in servizio la Sigourney Weaver, un tempo Ripley, offrendole un'entrata in scena provocatoria con sigaretta accesa o attingendo per il personaggio di Tsu'tey al Vento nei Capelli di Balla coi lupi) ma riesce a trasferirle nelle proprie ossessioni narrative. Che sono quelle (tanto per citarne solo alcune) della scoperta di ?Nuovimondi' da Abyss al già citato Titanic o del cosa significhi sentirsi alieno e sul cosa accade quando la prospettiva si rovescia.

Ma è soprattutto il mistero delle dinamiche organiche naturali e del loro rapporto con la Scienza e con i suoi prodotti (siano essi macchine come in Terminator o corpi che sono al contempo un sé e un ?altro da sé' come gli avatar) che lo affascina. Non facendogli però dimenticare che al pubblico (anche al più vasto, indispensabile per riassorbire gli enormi capitali investiti e trarre un profitto) non è sufficiente offrire la tecnologia più avanzata (che qui non manca). Non basta ?stupirlo'.

Anche se nel modo più accessibile è fondamentale suscitare un pensiero. In Titanic ci si immergeva alla ricerca di un tesoro e se ne riportava invece una traccia di memoria (il ritratto) che spingeva poi lo spettatore a interrogarsi su una nave che diveniva, senza superflue sottolineature, il simbolo della divisione in classi di una società. In Avatar, pensato 15 anni fa ma realizzato negli ultimi 4, la recente lezione della guerra in Iraq lascia le sue tracce profonde. Ancor più del discorso ecologico che sottende tutto il film (con la sua visione di un'energia panica da rispettare) è quello sulla facile etichettatura di nemici applicabile a coloro che posseggono le fonti energetiche che abbisognano ai più forti che maggiormente segna la narrazione. È storia di sempre, si dirà, già vista (al cinema) e sentita. Ma ci vogliono registi capaci di osare, consapevoli che tutte le storie sono già state narrate ma che alcune meritano di essere ribadite con tutta la forza della spettacolarità che è possibile mettere in campo.

Avatar non sarà il film che rivoluzionerà la storia del cinema ma Cameron merita rispetto e ammirazione. Sa perché e su quali temi rischiare, in un'epoca in cui la grande maggioranza cerca l'incasso sicuro. Onore al merito.

9.1.10

Mercoledì 13.01.10 c/o Libreria Feltrinelli (ore 17 circa) e Cinema Massimo ore 20

Soul Kitchen



Un film di Fatih Akin. Con Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Ünel, Anna Bederke, Pheline Roggan, Lukas Gregorowicz, Dorka Gryllus, Wotan Wilke Möhring, Demir Gökgöl, Zarah Jane McKenzie, Jan Fedder, Peter Lohmeyer, Maria Ketikidou, Catrin Striebeck, Marc Hosemann, Cem Akin, Gustav-Peter Wohler

Commedia, Ratings: Kids+13, durata 99 min. - Germania 2009.

Una commedia furbissima che mescola buoni sentimenti, alta cucina e musica di prima scelta

Edoardo Becattini


Ad Amburgo, un cuoco di origine greca, Zinos, gestisce un infimo ristorante denominato Soul Kitchen. La clientela abituale sono i rozzi abitanti della periferia, interessati solo a tracannare birra e ingurgitare piatti surgelati o preconfezionati. Dentro e fuori dal Soul Kitchen ruota tutto il microuniverso di Zinos e relativi problemi: l'ambiziosa e viziata fidanzata Nadine è una giornalista rampante in partenza per la Cina, il fratello Illias un ladruncolo in libertà vigilata con il vizio del gioco, la cameriera Lucia è aspirante artista che vive in un appartamento occupato abusivamente e un vecchio compagno di scuola, Neumann, è disposto a tutto pur di comprare il locale e rilevarne il terreno. Un'ernia al disco improvvisa impone a Zinos delle sedute di fisioterapia e gli inibisce l'uso cucina, così che viene assunto un nuovo cuoco esperto di haute cuisine che, dopo uno scetticismo iniziale, trasforma il ristorante in un locale molto in voga capace di offrire buon cibo e musica soul.

Fatih Akin è un abile deejay del mondo del cinema, un giovane autore che ha saputo costruire un suo linguaggio melodico a partire da un'antologia di stili della New Hollywood di Scorsese, Schlesinger e Bob Rafelson. Questa eredità del cinema americano moderno, con la quale aveva finora raccontato i margini di una società multiculturale in pieno dissidio, pervade anche nell'atmosfera conviviale e disinvolta di Soul Kitchen. Cimentandosi con una vera commedia edificante, il giovane regista turco-tedesco mette da parte il tema del viaggio e delega il percorso di emancipazione sociale e di ricerca delle origini, alla musica (come nel documentario Crossing the Bridge) e all'elogio dell'edonismo.

Akin pone attenzione ai corpi e ai loro bisogni primari: dal cibo al sesso, dall'alcool alla danza (passando per il mal di schiena), così che i suoi personaggi, liberati dalla necessità di affrancarsi dal proprio retaggio culturale, agiscono nel nome di un puro principio di piacere. Allo stesso modo, punta all'occhio e al ventre dello spettatore: costruisce il suo film come un piatto sofisticato di nouvelle cuisine, o meglio, come una playlist di musica accattivante, facendo molta attenzione a creare mediante una serie di gag fisiche una sinergia fra movimenti dei personaggi, movimenti di macchina e ritmo dei brani della colonna sonora. È una strategia molto furba e molto ricercata, elaborata da un regista che ha già compreso le tendenze del nuovo cinema della post-globalizzazione (vedi The Millionaire): le storie che intrecciano società multietniche, una regia dinamica, buona musica e un lieto fine sono destinate a vendere (e incassare) in tutto il mondo.
(da mymovies)

Prima del film

Verso le ore 17 (inizio dell'incontro alle ore 18)

Giancarlo Caselli
presenta il libro
 MAGISTRATI DIETRO LE SBARRE 
di
ALBERTO MARCHESELLI

alla Libreria Feltrinelli

Piazza CLN 251
Torino




2.1.10

Mercoledì 06.01.10 c/o Lingotto ore 19.40


Ottima serata, mercoledì 6 gennaio 2010, trascorsa con gli studenti Davide Biagioni e Alberto Zanello (Palazzo Nuovo), Elena Crolle (Conservatorio), Federico Garino e Massimo Zanino (Politecnico) con i proff. Coppola e D'Ambra che, dopo il Symposium da Eataly al Lingotto, hanno visto al Reposi il film

Brothers

di Jim Sheridan.
Con Natalie Portman, Tobey Maguire, Jake Gyllenhaal, Bailee Madison, Taylor Geare, Patrick Flueger, Sam Shepard, Mare Winningham, Clifton Collins Jr., Josh Berry, Carey Mulligan, Jenny Wade

Drammatico, durata 108 min. - USA 2009.

Melodramma del reinserimento ispirato al film danese di Susanne Bier Non desiderare la donna d’altri

Marzia Gandolfi


Sam Cahill è un ufficiale in partenza per la sua quarta missione in Afghanistan. Posato e responsabile, è sposato con Grace, ex cheerleader del liceo, ed è padre di due adorabili bambine. Campione nella vita ed eroe in guerra, Sam è il figlio prediletto di Hank, padre suscettibile e veterano del Vietnam legato in seconde nozze con Elsie. I rancori e le frustrazioni del padre ricadono immancabilmente su Tommy, figlio minore e trascurato che ha dissipato il suo potenziale nei boccali di birra e nelle celle delle prigioni. La presunta morte di Sam al fronte costringe Tommy a rivedere e organizzare la sua vita. Deciso a prendersi cura di Grace e delle nipotine, finirà per innamorarsi di lei e per desiderare di appartenere finalmente a qualcuno. Il ritorno improvviso di Sam, sopravvissuto a un incidente e alla prigionia, sconvolgerà gli equilibri familiari costringendo i due fratelli a un confronto diretto.

“Traduzione” americana del film danese di Susanne Bier (Non desiderare la donna d'altri), Brothers ricalca il dramma scandinavo e lo rilancia, concentrandosi sulla lacerazione degli affetti e delle emozioni determinate dalla guerra nel tessuto sociale e comunitario americano.

Il film di Jim Sheridan contribuisce a rinnovare un sottogenere, il melodramma del reinserimento, costruendo il racconto sul ritorno a casa di un reduce. Ispirato da illustri precedenti, da I migliori anni della nostra vita a C'è sempre un domani, dal Cacciatore a Nato il quattro luglio, Brothers riversa l'esperienza bellica in una struttura di genere riconoscibile come il melodramma.

A Tobey Maguire, dolorosamente credibile e allucinato, spetta il ruolo del fratello maggiore e del reduce squilibrato a un passo dal suicidio. Il trauma subito durante la prigionia e le torture inflitte dai talebani scatenano nel capitano Cahill psicosi illogiche, l'uomo è ossessionato dal tradimento mai consumato della moglie e del fratello minore, che finiranno per alterare, fino a comprometterlo, l'equilibrio domestico. Dopo l'undici settembre tra fronte e patria pare non esserci più un confine e così Sheridan esporta nel mondo civile le esperienze e l'orrore della guerra, combinandole con la meccanica dell'amore, con la fisicità inesprimibile, con gli ingranaggi legati alla sua impossibilità e alla sua irrealizzabilità. Jake Gyllenhaal è il fratello rimasto, quello mai partito e quello “innamorato” della moglie e della vita di un soldato precipitato da un Black Hawk e (ab)battuto dalla logica della guerra e dalla sua fredda follia. Separato da un prima (l'età dell'innocenza) e un dopo (la perdita dell'innocenza) Brothers, come i personaggi di Gyllenhaal e della Portman, si fa carico dello stato confusionale del reduce, preparato per uccidere in guerra e impreparato alla pacifica vita civile.

L'introverso homecoming di Sheridan si interrompe dentro un abbraccio che ha lo scopo di restituire l'eroe alla società e alla propria consorte, contro la Legge del Padre: il reduce del Vietnam di Sam Shepard. Prossimo a quello di Tommy Lee Jones, il genitore di Shepard si affaccerà sulla valle di Elah e prenderà coscienza della sciaguratezza politica del proprio Paese e dei disordini della personalità inflitti ai propri figli. Maguire, Gyllenhaal e Portman, nonostante l'influenza del fuori e l'invadenza di un mondo del quale vorrebbero fare a meno, sono i corpi in cui l'amore si riflette, si esplica e si mette in crisi.
(da mymovies)

In questo film abbiamo notato anche un sottofondo di temi classici dell'ebraismo e del cristianesimo:

  • il rapporto tra fratelli (da Abele e Caino in avanti)
  •  dalle tavole della Torah, due precetti: Non desiderare la donna d'altri, Non desiderare la casa d'altri.
  •  la legge del levirato,  "un'antica usanza praticata dagli ebrei, dagli arabi e dagli antichi indiani (dov'era conosciuta come niyoga), secondo la quale, se un uomo sposato moriva senza figli, suo fratello o il suo parente più prossimo doveva sposare la vedova, e il loro figlio primogenito sarebbe stato considerato legalmente figlio del defunto. Questa usanza è codificata dalla Bibbia nel Deuteronomio (25,5-10). La norma del levirato aveva anche un'altra importante funzione sociale, quella di garantire un marito alla vedova, in una società in cui le donne non potevano lavorare e quindi avevano bisogno di un uomo che provvedesse al loro sostentamento. Questa seconda funzione è documentata da due episodi biblici, nei quali è la vedova stessa a chiedere che la legge venga applicata: nella Genesi si racconta come Tamar sposò uno dopo l'altro due figli di Giuda, che morirono entrambi in breve tempo (il secondo, Onan, fu punito da Dio per essersi rifiutato di generare un figlio per il fratello morto, mettendo in pratica un metodo anticoncezionale: da questo episodio fu derivato il termine onanismo). Giuda, quindi, rifiutò di dare in marito a Tamar il suo terzo figlio, temendo che anch'egli morisse. Tamar allora, travestendosi da prostituta, ebbe un rapporto sessuale con lo stesso Giuda, e ne concepì due gemelli. Giuda, scoperta la verità, diede ragione a Tamar. la vicenda di Rut è narrata nel libro a lei intitolato: ella era una straniera rimasta vedova dopo aver sposato un ebreo. Insieme alla suocera Noemi, fu costretta per sopravvivere a chiedere l'elemosina e a raccogliere nei campi le spighe scartate dai mietitori, fino a quando riuscì a rintracciare Boaz, parente del suo defunto marito, il quale la sposò. Dal loro matrimonio discese la stirpe del re Davide. Il vocabolo levirato deriva dalla parola latina levir, che significa cognato". (voce integrale su Wikipedia)
  • la parabola del Padre misericordioso, più conosciuta come parabola del Figlio prodigo (http://it.wikipedia.org/wiki/Parabola_del_figlio_prodigo).






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Consiglio Direttivo: Presidente: Dario Coppola. Vice Presidente: Anton De Nicolò; Tesoriere: Stefano Marino. Per l'iscrizione all'Associazione si può richiedere il modulo in sede o a un membro del Consiglio Direttivo. Mail: ovidiodariocoppola@alice.it
L' ASSOCIAZIONE QUINTILIANO è stata ideata da Dario Coppola nel 2000

ed è stata fondata nel 2010 con Emanuele Amo, Davide Biagioni, Federico Garino, Irene Fusi, Alberto Saluzzo, Jacopo Villani, Alberto Zanello. A questi soci fondatori sono stati aggiunti, con nomina del presidente, Antonino D'Ambra e Daniele Grillo.

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BREVE STORIA dell'Associazione



ASSOCIAZIONE CULTURALE QUINTILIANO - Il 24 settembre 2010 viene costituita a Torino l'Associazione Quintiliano, che opera in città con i suoi comitati territoriali e laboratori scolastici. La fondazione deriva dall'esperienza laboratoriale iniziata nel 2001.
Nel 2001, a Torino, è partito il progetto del primo Laboratorio Culturale che, con le sue attività didattiche, ha contribuito e contribuisce alla costruzione della personalità degli studenti che ancora lo frequentano, aprendo loro gli orizzonti del sapere. Dopo una prima fase sperimentale, il laboratorio è stato ideato, dal prof. Dario Coppola, e ha così preso corpo nel 2004 con l'acronimo LDG, cioè Laboratorio Didattico del Giusti, il liceo torinese nel quale l'attività ha visto i suoi esordi raccogliendo l'eredità di un grande docente di quel liceo, alla cui memoria il laboratorio è perciò stato dedicato: si tratta del prof. Giorgio Balmas.
Dal 2007 il progetto ha allargato il suo raggio d'azione ed è diventato un laboratorio interscolastico al quale, nella IIIB (2008-09) del Liceo Alfieri, è stato attribuito dal fondatore il nome LC QUINTILIANO. Da allora, il laboratorio ha raggiunto con le sue proposte anche gli studenti e i docenti di altre prestigiose scuole torinesi, e della provincia, come il Copernico, il D'Azeglio, il Majorana di Moncalieri e di Torino, il Gioberti, il Cattaneo, il Ferraris, il Cottini, lo Spinelli, lo Steiner, il Gobetti, il Regina Margherita, il Grassi, il Conservatorio Verdi e - anche - l'Università degli Studi e il Politecnico di Torino.
Nel 2009 sono stati attivati nove laboratori paralleli del Quintiliano corrispondenti alle redazioni scolastiche attive nei settori dell'istruzione secondaria (scuole superiori) e degli atenei torinesi.
Nel 2010 viene stilato il progetto della costituzione di un'Associazione Culturale che comprenda i laboratori già attivi e quelli da attivare.

Le proposte culturali dei laboratori sono di vario tipo:

THEATRUM: visione di spettacoli, a teatro;

AUDITORIUM: ascolto di concerti;

CINEFORUM: visione critica di film al cinema; partecipazione a rassegne cinematografiche;

SYMPOSIUM: incontro, con cena, per socializzare e riflettere informalmente, a caldo, sullo spettacolo cui si è assistito, anche con l'ausilio di schede didattiche;

CIVES: approfondimenti su legalità, educazione alla cittadinanza, Costituzione Italiana;

LUDUS: appuntamenti etico-sportivi;

ETHNE: partecipazione alle iniziative multietniche del territorio;

PACHA MAMA: iniziative ambientali ed ecologiche;

GANDHI: iniziative non-violente contro ogni tipo di discriminazione;

AGORÁ: dibattiti su temi d'attualità per la formazione delle opinioni;

BIBLOS: presentazione di libri;
ARTIFICIUM: promozione dei talenti artistici dei nostri allievi ed ex-allievi e progettazione delle visite alle mostre d'arte;
MNEMOSYNE: recupero delle nostre origini culturali nella storia (viaggio nella memoria, rievocazioni, visite a mostre, spettacoli, conferenze, lezioni introduttive alla storia del teatro, del cinema, della televisione e della radio);
MONOGRAPHIA: presentazioni monografiche interdisciplinari di autori attraverso significative opere che hanno arricchito il nostro patrimonio culturale;
EXPERT: trattazione di tematiche, da parte di esperti, per conoscere meglio le dinamiche dei fenomeni che ci presentano l'attualità e la storia;
DOSSIER: approfondimenti, documentazioni, testimonianze, recensioni, raccolte, relazioni, ricerche e tesine;
IN ITINERE: viaggi di istruzione brevi fuori urbe;
CAUPONA: incontri per accrescere e raffinare la cultura enogastronomica;
AUGUSTA TAURINORUM: lezioni itineranti nei luoghi storici della nostra città, che hanno visto transitare i maestri del sapere, e che ancora ne conservano l'eco;

DHARMA: appuntamenti con la filosofia e la spiritualità;
BERUF: informazione e formazione economica;
REPORTER: la realtà fotografata ad arte (mostre fotografiche);
IN CONCERT: reading, tendenze musicali, concerti;
CINEFERIAE: visione critica di film su richiesta degli studenti durante le vacanze.

Inoltre, il settore Informazione dei Laboratori comprende:


MONITOR: avvisi e segnalazioni;
VADEMECUM: segnalazioni di eventi culturali nel territorio urbano;
IN AETHERE: la cultura in tv o via radio;
NEWS: notizie dalle scuole collegate col nostro laboratorio;
WEB: notizie dalla rete.

Nel 2009 sono stati aperti anche:
1) un gruppo ufficiale su Facebook;
2) un canale video "LC QuintilianoTV" su YouTube, che consente un'espressione ulteriore della creatività comune di chi continua a costruire i nostri laboratori.
Gli studenti "storici" che, negli anni passati, hanno contribuito, insieme a decine di altri, con il coordinatore a condurre QUINTILIANO sono stati:

GUGLIELMO SANDRI GIACHINO (2005-06)
NICOLO' STROCCO (2006-07)
FLAVIO MERGOTTI (2007-08)
FEDERICO GARINO (2008-09)
ALBERTO ZANELLO (2008-09)
DAVIDE BIAGIONI (2008-09)
FEDERICO SILVESTRI (2008-09)
JACOPO VILLANI (2009-10)
ALBERTO SALUZZO coordinatore della costituenda Associazione Culturale (2009-10)


dal 24 settembre 2010:

data della costituzione dell'Associazione Quintiliano
Elezione del primo
Consiglio Direttivo (2010 - 11)
Presidente: Dario Coppola. Vice Presidente: Davide Biagioni (da settembre a dicembre 2010); Emanuele Amo (da gennaio 2011); Tesoriere: Federico Garino; Segretario: Alberto Saluzzo (da settembre 2010 a gennaio 2011); Davide Biagioni (da febbraio 2011); Altri Consiglieri: Alberto Zanello, Jacopo Villani, Antonino D'Ambra, Irene Fusi, Daniele Grillo.


dal 24 settembre 2011:
secondo Consiglio Direttivo (2011-12)

Presidente: Dario Coppola; Vice Presidente: Anton De Nicolò; Tesoriere: Stefano Marino; Segretario organizzativo: Ario Corapi (da settembre 2011 a marzo 2012); Jacopo Villani (da marzo 2012). Comitato esecutivo: ai consiglieri sopra citati si aggiungono i sottotesorieri Alessandro Minetti, Jacopo Villani (fino a marzo 2012), Ario Corapi (da marzo 2012) e i sottosegretari Bernardo Basilici Menini, Marcello Fadda.





L'ASSOCIAZIONE NEL PERIODO COMPRESO FRA IL 2013 E IL 2019 ENTRA IN PAUSA E SI LIMITA SOLO A PROMUOVERE EVENTI DI ALTRE ASSOCIAZIONI. NEL 2019 SI TENTA DI RIPRENDERE MA ARRIVA LA PANDEMIA. COL 2022 RIPARTONO I GRANDI EVENTI. LA COMUNICAZIONE SI ARRICCHISCE INOLTRE DEL CANALE INSTAGRAM quintiliano_associazione SEDE ATTUALE: via Filadelfia, 42 Torino Prima sede legale: piazza Vittorio Veneto 13, Torino

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