Alla serata hanno partecipato
Pietro Derossi e Maddalena Gentilli (Liceo Alfieri), Lorenzo Piraino (Liceo D'Azeglio), Irene Fusi, Lorenzo Garnero, Jacopo Villani (Liceo Giusti), Alberto Zanello (Università TO) e i proff. Dario Coppola e Luca Debarbieri.
Un film di Joel Coen, Ethan Coen. Con Michael Stuhlbarg, Richard Kind, Fred Melamed, Sari Lennick, Adam Arkin, Aaron Wolff, Jessica McManus, Brent Braunschweig, David Kang, Benjy Portnoe, Jack Swiler, Andrew S. Lentz, Jon Kaminski Jr, Ari Hoptman, George Wyner, Fyvush Finkel, Katherine Borowitz, Steve Park, Amy Landecker, Allen Lewis Rickman, Raye Birk, Peter Breitmayer, Stephen Park, Simon Helberg, Alan Mandell
Commedia, durata 105 min. - USA, Gran Bretagna, Francia 2009Una messe di guai per un uomo semplice nel Mid West del 1967 e nello splendore registico dei Coen
di Marzia Gandolfi
Da qualche parte nel Mid West, 1967. Larry Gopnik è un professore di fisica con poche pretese e molti guai. La moglie gli preferisce il più serio Sy Ableman e vuole un divorzio rituale per (ri)sposarsi nella fede, il figlio fuma spinelli e ascolta i Jefferson Airplane in attesa di celebrare il suo Bar mitzvah, la figlia lava principalmente i capelli e gli ruba il denaro per rifarsi il naso, il fratello russa sul suo divano e redige un diario sul calcolo delle probabilità, uno studente coreano lo corrompe col denaro e lo minaccia di diffamazione, una bella vicina si offre nuda ai raggi del sole e al suo sguardo, un vicino di casa taglia la sua erba sempre meno verde. Travolto da una messe di guai, Larry si rivolge a uno, due e tre rabbini per ascoltare la parola di Hashem e interpretare la sua volontà. In attesa di una cattedra all'Università, dell'esito delle lastre e dell'arrivo dell'uragano, Larry insegue la strada per diventare un mensch, un uomo serio.
Come sempre, dietro e prima di ogni storia coeniana c'è un piccolo evento, un incontro fortuito, una notizia di cronaca, un romanzo o addirittura un poema in versi, insomma ogni cosa può diventare pretesto e scintilla per avviare la giostra dell'assurdo e lo splendore registico dei fratelli di Minneapolis. Questa volta il sipario si alza su uno shtetl (שטעטל) polacco dove un uomo, una donna e un supposto dybbuk, ovvero un'anima posseduta, interagiscono e parlano una lingua antica e minoritaria, l'yiddish.
Vocabolarietto per comprendere meglio il film
- Dybbuk è l'anima di una persona defunta alla quale è stato vietato l'ingresso in paradiso. Nella tradizione ebraica, il Dybbuk è uno spirito malizioso in grado di possedere gli esseri viventi. Si ritiene che sia spirito disincarnato di una persona morta. Si narra che i Dybbuk siano fuggiti da Gehenna, un termine ebraico traducibile liberamente con la parola "Inferno", o che siano stati da lì allontanati per trasgressioni talmente gravi, come il suicidio, tali da non permettere allo spirito di restarvi. La parola "Dybbuk" deriva dall'ebraico "דיבוק", che significa "attaccamento": il Dybbuk si attacca al corpo di una persona vivente e coabita in esso.
- Lo yiddish (ייִדיש yidish o אידישidish, letteralmente: "giudeo/giudaico") o giudeo-tedesco è una lingua germanica del ramo germanico occidentale, parlata dagli ebrei originari dell'Europa orientale. È parlata da numerose comunità in tutto il mondo ed è scritta con i caratteri dell'alfabeto ebraico. La lingua trae le sue origini dalla cultura degli ebrei ashkenaziti, sviluppatasi nel X secolo in Renania, e poi diffusasi nell'Europa centrale e orientale. Nell'uso comune, tale lingua era definita מאַמע־לשון (mame-loshn = "lingua madre"), per distinguerla dall'ebraico biblico e dall'aramaico, generalmente definiti entrambi come לשון־קודש (loshn-koydesh = "lingua sacra"). Il termine yiddish non fu molto usato per definire la lingua e la sua letteratura, per lo meno fino al XVIII secolo.
- Bar mitzvah (בר מצווה, figlio del comandamento), Bat mitzvah per le ragazze, (בת מצווה, figlia del comandamento), è un termine per indicare il momento in cui un bambino ebreo raggiunge l'età della maturità (12 anni e un giorno per le femmine, 13 anni e un giorno per i maschi) e diventa responsabile per se stesso nei confronti della Halakhah, la legge ebraica. Prima del raggiungimento di questa età, la responsabilità per il comportamento dei bambini ricade, religiosamente parlando, sui genitori. Dopo essere diventati figli del precetto, i ragazzi sono ammessi a partecipare all'intera vita della comunità al pari degli adulti e diventano personalmente responsabili della ritualità, dell'osservanza dei precetti, della tradizione e dell'etica ebraica.
- Il Tetragramma (in ebraico יהוה, la cui pronuncia, concessa solo al Kohen Gadol nel giorno di Kippur e secondo l'Halakhah altrimenti proibita, diversamente dai principi rivelati della tradizione ebraica è secondo alcune teorie Jahwèh, è considerato nella Bibbia ebraica come il nome proprio di Dio. È formato da quattro consonanti; si scrive in un modo e si legge in diversi altri di cui uno in particolare è il più utilizzato: HaShem (cioè: "il Nome") e, tra le varie traduzioni possibili, la più comune è l'Eterno.
- Il termine ghetto deriva dal Ghetto di Venezia del XIV secolo. Prima che venisse designato come parte della città riservata agli ebrei, era una fonderia di ferro (dal veneziano geto, pronuziato ghèto dai locali ebrei Aschenaziti di origine germanica, inteso come getto, cioè la gettata di metallo fuso), da cui il nome. Alcuni affermano che la parola derivi da borghetto, "piccolo borgo" o dall'ebraico get, letteralmente "carta di divorzio".
(da Wikipedia)
Un secolo dopo e in un continente altro, i Coen voltano pagina e piombano nel Mid West attraverso un auricolare che suona "Somebody to love" nell'orecchio di un indisciplinato studente ebreo. Il prologo, avulso dalla storia che segue ma iscritto nel corpo del film, favorisce il gioco interpretativo e lo impone come strumento necessario e come parte integrante della sceneggiatura. Frammento estraneo alla vicenda dominante che tuttavia la presenta e la connota in senso ebraico.
Come già dimostrato da Marge, l'agente incinta di Fargo, nel più stupido dei mondi possibili che annichilisce i soggetti, c'è spazio anche per “l'uomo ordinario” per il quale la realtà non è a tutti i costi il peggior mondo possibile. Per questa ragione il dio-regista a due teste si diverte a tormentare Larry Gopnik, a giocargli irridenti scherzi (la morte di un grasso avvocato), rovesciandone repentinamente prospettive ed attese.
A serious man si impegna a raccontarci l'impossibilità di una famiglia (e di una vita) perfetta e l'irraggiungibilità di una felicità inattaccabile. La telefonata di un medico o l'occhio di un ciclone possono abbattersi impietosi, costringendo nella riserva onirica dell'immaginazione gli impossibili desideri di un uomo semplice, di un marito improbabile ma probabilmente innamorato.
Il professore ebreo di Michael Stuhlbarg come il drugo Lebowski e il barbiere "che non c'era" vengono trascinati in un'incredibile sciarada di disavventure contro la propria radicale apatia. Sospeso tra l'orrore per il caos della vita e la noia esistenziale, Larry si rivolge a tre rabbini per non precipitare nel vuoto e in un movimento insensato. La risposta è un grande buco di senso intorno al quale i Coen fanno scorrere le azioni dei personaggi. L'yiddish e l'ebraico diventano lingue morte di un rituale ormai privo di significato che il rabbino Marshak converte nel linguaggio e nei versi rock dei Jefferson Airplane prima dell'uragano e della fine (del film? Di tutto?).
Ancora una volta i Coen tendono fino all'estremo la corda, sfiorando un happy end, per poi capovolgere tutto con il colpo di coda dell'ultima battuta e dell'ultima inquadratura. Battuta e inquadratura che azzerano e (insieme) moltiplicano qualsiasi dubbio sul senso ultimo del film. Cabalistico.
(da mymovies)
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