"Il tempo del mondo è un bambino che gioca, che mette qua e là le pedine; il regno del bambino"
ERACLITO, Frammento 52 (Diels)
EROS E MIRTA
Al Circolo dei Debuttanti, di cui ormai Ruben era diventato presidente, si iscrisse un ragazzino di nome Ambrogio, il quale non sapeva abbinare i colori nel vestirsi: spesso usava un brutto celeste che accoppiava con un turchese spento. Egli apprese con facilità le buone maniere e progredì molto nell'arte da lui preferita, cioè la danza. Superò anche i propri maestri, che successivamente avrebbe sostituito. Ambrogio, di origine ebraica, aveva un carattere coriaceo e battagliero, rivestito di una cortina di sopraffina gentilezza, talvolta incrinata da qualche crepa di incontrollata aggressività. Ambrogio considerava Ruben un rabbi, un maestro, in quegli anni; successivamente l'avrebbe rinnegato e denigrato in modo ingiusto. Grazie alle sue prodigiose capacità di apprendimento, Ambrogio finì addirittura per ricoprire talvolta la figura di consigliere di Ruben nelle decisioni più difficili. Ruben si trovava finalmente a capo di quel Circolo che sempre aveva sognato di guidare, e con sé chiamò al suo fianco una dolce ragazza appena trasferitasi a Firenze: Mirta.
La signorina Mirta divenne per Ruben più che un'amica. Con lei Ruben condivideva le opinioni e gli ideali di ispirazione socialista, che attiravano la sottile curiosità trasgressiva di Ruben fin dagli anni del liceo. Con Mirta, Ruben inaugurò nel Circolo una nuova era, portò una ventata di novità e, insieme a Mirta, tracciò una nuova linea ideologica preparando con lei e realizzando progetti improntati al sociale, per incarnare gli ideali di sinistra, prima soltanto vagheggiati e condivisi con Riccardo.
Si erano rispettivamente laureati Riccardo in Economia e Ruben in Filosofia. Entrambi lavoravano collegando i loro interessi per realizzare i loro progetti sul terreno comune di interesse filosofico-economico, estrapolato dalla teoria marxiana. Entrambi avevano ventisei incandescenti anni.
Nelle rispettive famiglie si respirava un clima di fastosità. L'amicizia con Mirta colorò Ruben con tonalità sempre più trasgressive. Questi si iscrisse al Partito Comunista con Mirta, e insieme condivisero quegli ideali, animati da una speranza nella conquista sociale: la loro utopia superava la realtà. Dopo qualche anno Ruben seppe da Riccardo stesso che egli aveva invece rigettato tutte quelle idee che considerava ora del tutto irrealizzabili; e si convertì ai principi monarchici, che fondamentalmente lo avevano sempre infiammato di ardente e chiara passione. Ruben, imperterrito, continuò nel perseguire i suoi ideali, in seno al Partito Comunista, con la fida sequela di Mirta. Egli arrivò persino a dimettersi dalla presidenza del Circolo aristocratico nel quale si era formato. In famiglia, i genitori di Ruben vissero questo passaggio del figlio, con sofferenza.
Presidente del Circolo dei Debuttanti divenne Ambrogio, che non aspettava altro. La famiglia di Ruben, sempre più affranta, era informatissima di questi eventi che conservava nel severo atteggiamento di chiusura nei confronti del figlio. Mirta progettava nella sua vivace mente disegni monotematici, e scriveva nelle sue giornate un unico romanzo il cui titolo era "Una vita con Ruben". Sembravano fatti l'una per l'altro Mirta e Ruben, ma a Ruben di Mirta interessava soltanto l'entusiasmo: Ruben amava quell'interesse spiccato per le minoranze, che anche in Riccardo egli aveva sempre trovato; ma ora Riccardo non lo sosteneva più e Ruben come sua confidente aveva Mirta, la quale - neanche a dirlo - amava molto parlare, scrivere, riflettere con Ruben. Mirta avrebbe amato fare di tutto con Ruben, ma ciò non le veniva da lui proposto.
Sotto un cielo ebbro di stelle, una sera sulle colline presso Vicchio di Mugello, Ruben e Mirta arrivarono anche a baciarsi intensamente riconoscendo nel quarto di luna un pezzo di quella falce che, col martello e una sola di quelle stesse stelle, formava il simbolo dei loro ideali politici.
Mirta e Ruben, un bel giorno, fecero l'amore; ma Ruben non era innamorato di lei. Altrettanto non si può dire per Mirta, la quale non pensava che al suo Ruben vedendo in lui il successore di Karl Marx stesso. Ruben si sentiva stretto in quei panni che gli piacevano soltanto perché ormai egli era diventato un celebre giovane politico in quella Firenze che prima lo aveva visto aristocratico e ora lo avrebbe rivisto amico del proletariato. Ruben e Mirta conobbero tanta gente nella proteiforme massa scarlatta e carminia dei circoli del Partito Comunista.
Un ragazzo alto si presentò, sul far del tramonto di una giornata autunnale alla sede del partito: egli intravedeva la possibilità di realizzare i propri sogni ideologici grazie a Ruben stesso, del quale aveva sentito a lungo parlare bene la gente. Ruben si ricordò, dal canto suo, di aver già incontrato quel giovane ma non ricordava dove; forse a Pisa, a Montepulciano, forse a Scandicci... A un tratto, gli venne in mente: si erano inncontrati sul lungarno Torregiani. Il giovane sembrava non ricordare quell'incontro, che per la verità era stato breve e gli era servito solo a chiedere come trovare una strada; il giovane così aveva chiesto spontaneamente a un passante che, casualmente, era proprio Ruben, come raggiungere la sua meta. Dopo qualche anno chi ricordava quell'incontro fra i due era solo Ruben.
Questi, da sempre arguto fisionomista, non rivelò di ricordare benissimo quell'incontro e chiese al ragazzo il suo nome: "Eros" gli rispose il giovane ragazzo con una voce indecisa ma gradevole. Ruben gli disse di parlare con Mirta per fissare un appuntamento. Così fece Eros: Ruben divenne il suo punto di riferimento: col tempo Eros arrivò a idolatrare Ruben, aumentando a dismisura la stima già in lui viva dal primo incontro.
Spesso Eros s'intratteneva anche con Mirta. I tre giovani organizzarono insieme la sede del partito, sotto la sapiente e vigile guida di Ruben stesso. Proprio in quegli anni Ruben viveva un conflitto interiore per aver rotto i rapporti con la propria famiglia: fu costretto ad abbandonare l'abitazione familiare e anche Firenze. Ruben si stabilì sulla collina fiesolana e trovò un appartamento modesto di due stanze a basso prezzo. Eros volle condividere con Ruben quell'appartamento: quasta scelta rappresentò il primo concretizzarsi del sogno di una proprietà in comune, contro il principio della proprietà privata, da Eros tanto denigrato.
Intanto Mirta e Ruben erano sempre più vicini e i loro rapporti sessuali crescevano. I due giovani sembravano cercarsi per puro piacere, ma certamente Mirta cercava anche qualcosa in più del gioco.
Inizia ora il racconto della prima delle tre fantasie mitologico-erotiche, che narrano i sogni di Ruben.
La prima fantasia onirica e surreale spiega come avvenne il più intenso rapporto d'amore fra Mirta e Ruben: l'unione tra i due giovani amanti fu suggellata da Eros, dio dell'amore:
IL GIARDINO INCANTATO
I tre giovani decisero di trascorrere un giornata nelle campagne attorno a Firenze.
Distesi sul prato, Mirta e Ruben amoreggiavano.
Lì erano arrivati due cavalli: uno per Ruben e Mirta e uno per Eros.
Eros aveva sempre avuto la passione per i cavalli. Suo padre possedeva un maneggio.
Eros continuava a correre sul cavallo quando, a un tratto, il cavallo stanco si fermò e si ostinò a non voler più ripartire. Eros indossava una maglietta a righe bianche e rosse, dei calzoncini rossi e anch'egli, quasi come il suo cavallo, aveva infilati ai piedi scalzi due bianchi zoccoli olandesi.
All'improvviso, Eros scese dal cavallo.
Egli acquistò una velocità uguale a quella riprodotta con la moviola in un film comico: egli avanzava con piccoli ma accelerati passi girando vorticosamente attorno al suo cavallo.
Così Eros si caricò il cavallo sulle sue forti spalle e camminando, sempre alla velocità di un treno, raggiunse Mirta e Ruben che, divertiti, ridevano.
Essi si accorsero così di essere entrati in un mondo surreale.
In rassegna, nel cielo, passavano dipinti d'avanguardia famosi del primo Novecento.
Mirta, Ruben ed Eros, trasgressivi per vocazione, ricercavano anche il surreale.
Ora essi vedevano nel cielo solo chiazze di colori.
Il Novecento presentava stimoli figurativi di profonda espressione alle loro menti.
Ogni dimensione razionale sarebbe presto stata sconvolta dal dominio irrazionale dell'inconscio.
Mirta e Ruben si scambiavano tenerezze. Mirta, invece di mangiare, tirava fuori dalla sua bocca dei frutti perfettamente integri e composti: almeno una dozzina di mirtilli, con velocità sempre più progrediente.
Ruben si appoggiava nel vuoto comodamente come se avesse un cuscino di gigli sotto la testa.
Dietro i due amanti si stagliava un pino mediterraneo che li rifrescava e straordinariamente abbondava d'ogni sorta di frutto.
Eros adocchiò quei rami fruttati, si sfilò gli zoccoli e d'un balzo s'arrampicò agilmente come una scimmia ma veloce come un coniglio.
Giunto sul più alto ramo, si alzò in punta di piedi e raccolse banane, ananas, manghi, angurie, noci, uva sultanina, uva regina e ogni sorta di delizie.
Con un braccio Eros teneva ogni cosa e sulla testa aveva due angurie, una sull'altra, che perfettamente in equilibrio riuscì a portare scendendo ancor più agilmente, con notevole accelerazione.
Egli depose i frutti davanti ai due amanti.
Mirta e Ruben lo ringraziarono dopo averlo guardato con divertita simpatia.
Essi scorsero sulla sua testa una corona di alloro.
Spogliatisi completamente, Mirta e Ruben si rotolavano sull'erba acquistando accelerazione.
A un tratto, Eros sfoderò due ali da gabbiano e spiccò un volo attorno alla silvana alcova dei due amanti.
Eros trovò un laghetto e, allora, tornò da Mirta e Ruben, li caricò sulle sue spalle e volando ivi li condusse.
Qui fecero un bagno Eros, Mirta e Ruben in un'acqua completamente rossa come il sangue.
Essi stavano proprio bene insieme.
Per sei giorni stettero sempre nel lago.
Il settimo giorno, il primo a uscire fu Ruben, seguito da Mirta, mentre Eros ancora guizzava come un pesciolino rosso nel laghetto. Allora Mirta e Ruben, mentre si rivestivano simularono una partenza senza Ruben che, allarmatosi, uscì dal laghetto e in un baleno si asciugò completamente, come se fosse uscito da acque miracolose o dalla fonte dell'eterna giovinezza.
Così egli s'infilò i vestiti e gli zoccoli e, come un pazzo furioso, corse raggiungendo una velocità impressionante.
Egli arrivò ai cavalli, che erano diventati uno vermiglio e l'altro scarlatto.
Se li mise nelle tasche.
Poi sul suo dorso fece salire Mirta e Ruben e saettò a quattro zampe verso la casa sua e di Ruben, così veloce che pareva avesse un razzo in corpo.
Arrivati, mangiarono.
Poi, Mirta e Ruben si appartarono.
Ruben ed Eros avevano scelto la povertà e perciò, invece di dormire sui letti, usavano una gigantesca amaca che preparavano in una delle due stanze secondo il favore della temperatura.
Ruben non ebbe bisogno di prepararla, perché da sola essa si dispose, srotolandosi come un papiro e disponendosi con tanto di guanciali fatti di petali di mughetti e margherite.
Quando i due amanti suggellarono la loro unione amorosa, Eros, esausto per la giornata e soddisfatto, non volle disturbarli e si depose distendendosi desnudo ai loro piedi in orizzontale.
Al mattino, però, Eros si ritrovò in posizione verticale opposta in mezzo ai due amanti, con un suo piede sul volto di Mirta e l'altro su quello di Ruben.
Perciò Mirta e Ruben si svegliarono: i piedi di Eros emanavano un'aulente freschezza, quasi fossero teneri e ricchi fasci di rose.
I tre giovani si ritrovarono improvvisamente trasfigurati su un letto, formato da foglie uguali a quelle dell'albero incantato, del cui frutto s'erano cibati.
Le belle forme dei nudi corpi di Mirta e Ruben sembravano quelle di una scultura neoclassica e accanto a loro il muscoloso corpo di Eros, anch'esso perfetto, ben si sposava quasi a voler rappresentare la perfezione del dio dell'amore, che con la sua freccia scoccata aveva acceso la fiamma di un idillio.
Il risveglio fu dolce, attraverso un leggero zefiro, tuttavia dalla forza travolgente: infatti fece scomparire ogni foglia e, d'incanto, depose degli abiti sui tre giovani corpi dalla bellezza apollinea.
Con foglie di lauro cominciò a ricoprire le parti più intime di Mirta;
poi quelle di Eros e Ruben con del lino pregiato.
Infilò così un dorato abito a Mirta e due camicie a Eros e Ruben, abbottonandole e ornandole di gemelli, in una frazione di secondo.
Mise due papillon ai colletti.
Ancora il venticello rivestì Eros e Ruben di due paia di pantaloni e con velocità supersonica infilò ai loro piedi due paia di calzini di lino bordeau e due paia di stivali da caccia.
Lo zefiro cosparse ancora di polvere d'oro i neri ricci di Mirta.
I tre giovani erano pronti ad affrontare una nuova giornata, completamente rinnovati, come se si fossero trasformati alla maniera del dio marino Glauco.
Ricominciava la nuova settimana, ma nei cuori dei tre giovani ardeva una vitalità nuova che avrebbe voluto incendiare d'amore ogni persona.
FINE DELLA PRIMA FANTASIA
L'amore fra Mirta e Ruben sembrava destinato a perdurare nel tempo e, ormai, Ruben si era convinto di amarla. Insieme fecero un viaggio a Mosca in un inverno che solo il loro sforzo d'amore poté riscaldare. Quel loro amore intiepidiva i climi più freddi, perché era rinfocolato dai loro ideali rivoluzionari; era agitato dalla voglia di riconquista proletaria, tanto inseguita soprattutto da Mirta. Mirta e Ruben insieme lottarono per difendere i loro ideali. La loro amicizia era pervasa da tenero affetto, ma Mirta spesso dispensava amore anche a Eros, il quale, non formalizzandosi, riteneva anche Mirta il simbolo della proprietà comune fra lui stesso e Ruben. I tre giovani avevano abolito nella loro mentalità il concetto di proprietà privata. Eros, per Ruben, era l'amico più intimo, colui che conosceva i suoi segreti più intimi; era soprattutto colui che condivideva senza tabù e pudori la vita quotidiana con Ruben. Infatti, Eros era l'altro lato - quello nascosto - di Ruben. Ruben era Eros ed Eros era Ruben, in un certo senso: Ruben nascondeva il suo lato segreto, cioè nascondeva Eros, ossia l'amore; Eros, invece, esibiva il suo lato più manifesto, cioè mostrava Ruben, ossia il suo entusiasmo, la sua capacità di amare, la sua forza di incendiare e contagiare di affetto e di amore, il suo arrossire davanti alla vitalità. Ruben proteggeva quel suo lato nascosto; a Silvestro, e a chiunque non lo potesse comprendere, egli non lo manifestò mai, nascondendolo con cura e arte.
Anche Eros, spesso innamorato, si concedeva dei momenti per la conquista dei cuori delle ragazze che conosceva di giorno in giorno. In quei casi Ruben lasciava libero l'amico, e non lo seguiva nelle sue scelte quasi mai; anche se, a insaputa di Mirta, qualche volta Eros riusciva a convincere Ruben che così condivideva alcune di quelle esperienze con le ragazze che Eros gli presentava.
Infatti, Ruben - rosso e acceso come un fuoco - ed Eros - l'Amore -, erano proprio la stessa realtà: ossia l'Amore, che si era acceso come un fuoco nel buio, di un bel colore rosso.
Anche Eros, spesso innamorato, si concedeva dei momenti per la conquista dei cuori delle ragazze che conosceva di giorno in giorno. In quei casi Ruben lasciava libero l'amico, e non lo seguiva nelle sue scelte quasi mai; anche se, a insaputa di Mirta, qualche volta Eros riusciva a convincere Ruben che così condivideva alcune di quelle esperienze con le ragazze che Eros gli presentava.
Infatti, Ruben - rosso e acceso come un fuoco - ed Eros - l'Amore -, erano proprio la stessa realtà: ossia l'Amore, che si era acceso come un fuoco nel buio, di un bel colore rosso.
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