PROSSIMI APPUNTAMENTI e INFO

27.7.08

L'informazione in Italia: un cane da passeggio

Pubblichiamo l'intervento di Marco Travaglio in un incontro all'Università degli Studi di Torino, avvenuto il 12 febbraio 2oo8. Nella foto, Leonard Mazzone (già mio studente al Ginnasio), dell’Associazione di volontariato UNILIBERA, che ha organizzato il seminario di informazione e sensibilizzazione "Responsabilità politica: ideale regolativo o utopia concreta?". A questo primo incontro, avvenuto nell'aula 4 della Palazzina Einaudi, che era intitolato "I mass media italiani: cani da guardia o da passeggio del potere?", erano presenti anche altri tre ex studenti, Giorgio Pagliari (mio condirettore in AdP*), Luca Ferrotta e Giacomo Valentino. Il seguente testo della mia sintesi dell'intervento di Travaglio non è stato rivisto dal relatore.
Dario Coppola
link utile

Premessa: In Italia pagare il pizzo non è considerato reato, anche se si può venire espulsi dalla Confindustria... Non basta frequentare mafiosi per essere condannati per mafia, Mastella ha fatto da testimone di nozze a un mafioso..., bisogna ricevere o fare favori (vedi Cuffaro), o comunque per concorso esterno. Il penale può colpire una piccola quota di comportamenti simili, spetta dunque all'elettorato respingerli.
Il ruolo della stampa è raccontare ciò che può influenzare la società. L'informazione in Italia è organizzata in modo tale da rendere persino superflue le censure. Viene prodotto e confezionato tutto in modo naturale, persino le autocensure, col pilota automatico: tutti i giornalisti sanno già quanto sia lungo il proprio guinzaglio, non c'è bisogno della classica telefonata; questo sistema è, inoltre, più avanzato in TV che sulla carta stampata.
Vi sono particolari tipi di editori, quali gli editori impuri, quelli - cioè - che fanno anche gli editori, a differenza dell'editore puro. Murdoch, ad esempio, è un editore puro, anche se le sue TV non sono l'emblema del buon gusto egli è, tuttavia, un editore puro.
Anche in Italia, paradossalmente, Murdoch è il migliore editore perché è editore puro. Egli non è né socio di Bush, né di Blair o di chi per lui... è socio di chi vuole.
La stampa italiana è, invece, nelle mani di editori in conflitto con l'editoria:
si veda il cambio della linea editoriale del quotidiano LA STAMPA che prima era vicino a Berlusconi e ora non più;
il CORRIERE DELLA SERA, ad esempio, è di quindici azionisti RCS con una piccola percentuale che comprende Unicredit, Capitalia, Banca Intesa, Fiat, Mediobanca, insomma Lucchini, Montezemolo, Ligresti, Della Valle, Tronchetti Provera... questo giornale, il quotidiano più antico d'Italia, deve tener conto di tutti i suoi padroni.
IL MESSAGGERO è di Caltagirone, il suocero di Casini, come anche IL MATTINO di Napoli e IL GAZZETTINO di Venezia. Stranamente Casini su questi giornali è sempre in prima pagina anche quando non fa niente... Caltagirone è un grosso costruttore, sui suoi giornali difficilmente si trovano attacchi al sindaco di Roma, ad esempio, anzi si esaltano i piani di costruzione perché lo interessano particolarmente. Gli editori impuri hanno dei conflitti di interesse.
Berlusconi ha cento giornali, così non può che costituire il principale condizionamento della carta stampata!
In Italia sono pochissimi gli editori puri. Quali sono le conseguenze di questo dato di fatto? E' difficile trovare, ad esempio, inchieste ficcanti su acque minerali o quant'altro... perché proprio queste società sono fra gli inserzionisti più importanti dei giornali di questi editori.
Per bilanciare i condizionamenti evitabili e non evitabili ciascuno può fare un suo giornale, e ce ne sono persino troppi... c'è sempre un altro posto in cui andare, parlando di carta stampata.
I lettori, tuttavia, non raggiungono il numero dei telespettatori, e infatti questa situazione è diversa in TV dove mancano le frequenze, e anche se il satellite è illimitato è però a pagamento. La TV è dunque il problema principale. E i blog? Il più frequentato (quello di Grillo) ha duecentomila visitatori... La TV ha decine di milioni di spettatori!
Non c'è il coraggio di fare una legge che limiti la pubblicità in TV, perché Berlusconi non vuole.
La TV vanta il record dell'editoria impura.
La7 è della Telecom, che è concessionaria dello Stato; TG La7 non supera il 2% e la gente preferisce vedere il TG di Murdoch. I mille canali di Gasparri del digitale terrestre sono fantasia.
L'authority per la privacy e quella per le telecomunicazioni intervengono quando un partito è danneggiato e si lamenta. Perché? Perché sono nominate dai partiti stessi e lavorano per essi (imputati di Forza Italia si occupano di privacy...). Per cosa interviene l'authority invece? Per De Magistris che viene allontanato, per Sircana che viene fotografato, per queste cose insomma, ma quando viene violata davvero la privacy non interviene.
Oggi bisogna esser bravi a nascondersi (una volta era il contrario) perché l'abilità dei TG sta nel non parlare di cose importanti o di parlarne troppo... Sono cinque anni che Bruno Vespa parla del delitto di Cogne, del bipolarismo o della strage di Erba. E, peraltro, già si sa chi sono i colpevoli! Falsi casi! Come li definisce Sabina Guzzanti sono "armi di distruzione di massa".
Mentana e Floris sono abili a mandare in onda falsi problemi anche se lo fanno con maggior raffinatezza, e sono più sottili nell'ingannare. Nei loro dibattiti ciascuno dice la sua e tutti possono dire qualsiasi cosa, anche esprimere posizioni contraddittorie; ma non sono oggetto di dibattito i fatti: la realtà viene sapientemente occultata con la messinscena di un processo, durante il quale il dibattito risulta una tecnica per ingannare.
Parlare male di chi racconta le cose è un'altra brutta tecnica molto diffusa in TV, come il dire "Lei è un comunista!", cosa che confonde il piano della realtà puntando sulla persona per denigrarla.
Un'ulteriore tecnica televisiva e mediatica, in genere, sta nel rubare il significato alle parole: chiamare 'missioni di pace' le guerre, ad esempio, o Berlusconi 'assolto' invece che 'prescritto', oppure, anziché Craxi 'latitante', chiamarlo 'esule' come se si parlasse di Pertini o Amendola...
Visco e Padoa Schioppa, ministri dell'economia del governo Prodi, venivano dipinti come sadici da chi controllave e controlla l'informazione. In realtà, è questione di nessi causali logici: prima va combattuta l'evasione, poi si tolgono le tasse... in barba a Berlusconi o Veltroni.
Idem per i rifiuti in Campania: non cambia la situazione soltanto eliminando Bassolino. L'idea, secondo la quale Pecoraro Scanio sia alla base di tutto questo... significa rimuovere l'altra idea per la quale, dietro tutto ciò, ci siano la mafia o la camorra.
La nostra informazione è perciò un cane da passeggio e non un cane da guardia!

23.7.08

Giochi divertenti per 9 di noi!

Emanuele Ansermino (studente universitario), Emanuele Rota, Niccolò Cherasco, Simone Barbatano (neo-maturati del Liceo Giusti), Federico Garino, Alberto Zanello (studenti del Liceo Alfieri), Federico Silvestri, Dario Ameglio (studenti del Liceo Giusti), col prof. Dario Coppola, sono andati ieri, martedì 22 luglio 2008, al Cinema Fratelli Marx per vedere il remake di FUNNY GAMES. Star della serata il mitico Dario... non il prof. Cops ma Dario Ameglio! Un grande... ma non diciamo il perché!! Una serata molto divertente. Il Cine-feriae del Laboratorio sta riscuotendo un grande successo. Non avremmo mai immaginato una simile partecipazione in questo periodo. Grazie davvero a tutti. Gli appuntamenti, a grande richiesta, continueranno.


Il film non è particolarmente originale, per essere ironici (il concetto di ironia è quello puro... se ne consideri l'etimo), salvo qualche spunto mal gestito e sprecato... D'altronde, il contenuto è già noto a tutti; cambiano le forme, lo spazio, il tempo... si poteva fare meglio!
Il riferimento ad Arancia Meccanica, del tutto pretenzioso, ha un chiaro scopo promozionale.
La pubblicità occulta - neanche troppo occulta, per la verità - della Nokia conferisce alla sceneggiatura una banalità ancor maggiore che contrasta con i vani sforzi degli attori. Salviamo la fotografia, le scene, l'idea di fondo, il sogno del regista.
Come dice però il Maestro... anche noi ripetiamo che è più bello sognare un'opera d'arte che realizzarla! E, in questo caso, la doppia realizzazione è una brutta copia della copia...

14.7.08

Quando Berta... è la Fiat

di Niccolò Cherasco

Esattamente quattro giorni fa, mentre mi aggiravo in un supermercato, sono capitato nel repartomusica e, curiosando tra i dischi, i miei occhi si sono posati su un cd di Rino Gaetano. Il motivo che mi ha spinto a prenderlo in mano, per poterlo osservare meglio, non è stato né il titolo (“Sotto i cieli di Rino”) e neppure le canzoni al suo interno, visto che quell’album già lo conoscevo. Ciò che mi ha incuriosito, e in seguito inorridito, è stata una piccola etichetta attaccata all’angolo destro della copertina, la quale recitava pressappoco così: “il disco contiene anche la hit "Berta filava": la canzone dello spot della nuova Fiat”.
Dunque, ciò che è uscito dalla mia bocca, dopo aver letto questo, forse è meglio non riportarlo. Avevo già notato alla tv lo spot e avevo sempre fatto finta di niente, cambiando canale ogni qual volta esso comparisse.
Ma ora si è veramente toccato il fondo. Che cazzo c'entra la canzone "Berta filava" con la Fiat?
Prima d’ora la Fiat aveva usato delle canzoni italiane per alcuni spot, e potevano ancora avere un senso ("Meravigliosa creatura" di Gianna Nannini e anche "Senza parole" di Vasco Rossi).
Ma ciò che hanno fatto con la canzone "Berta filava" è aberrante, poiché l’hanno presa e massacrata, e quindi utilizzata con l’unico senso che Rino NON AVEVA dato alla canzone. Infatti nel testo di Berta non si parla di corse, auto e tanto meno della Fiat.
Dulcis in fundo, mi viene da dire: a nessuno dei grandi cervelli che hanno progettato questo obbrobrio di spot è venuto in mente che Gaetano è morto in un incidente d’auto? Forse essendo una Volvo 343 l’auto con la quale Rino si è “schiantato”, e non una Fiat, i cervelloni avranno pensato che non li riguardasse.
Non so più cosa dire, se non... "beati loro che non sanno quello che fanno".

5.7.08

Tesine

Pubblichiamo parti di alcune tesine dei nostri studenti

Margherita Carpinteri
(Liceo Giusti)



Il mito di Medea nel tempo

Introduzione


Il mito di Medea si è fissato nella storia della letteratura e della cultura occidentale sulla base della caratterizzazione conferitale dalla tragedia di Euripide (431 a.C.).
Tuttavia pochi sanno che la sua presenza è attestata fin dai primordi della letteratura greca;
infatti il mito di Medea è legato alla saga degli Argonauti e quindi alla conquista del mare da parte dell’uomo (uno dei miti più cari al popolo greco) nonché del mitico vello d’oro, avventura nella quale la nostra protagonista aiuta Giasone a portare a termine l’impresa attraverso la propria μητις, tanto da apparire ella stessa come depositaria di un sapere divino, necessario all’ uomo per dominare gli elementi della natura.
Medea, figlia dell’oceanina Idia (ma talvolta le si attribuisce come madre la dea Ecate, che, secondo la tradizione seguita da Diodoro Siculo, era la signora di tutte le maghe ), del re della Colchide, Eeta, e perciò nipote del Sole , viene cantata come divinità poiché porta agli uomini aiuto e sostegno nel compiere l’impresa di conquista del mare, tanto da essere quasi accostata a ciò che rappresenta Prometeo nell’appropriazione di un altro elemento naturale: il fuoco. Entrambi i personaggi sono però da accostare inevitabilmente anche al concetto di υβρις, il quale nella visione greca si accompagna indissolubilmente a tali conquiste. Nella sapienza profetica che Medea esprime è presente una certa epifania, simbolo della sua divinità.
In questo modo il suo aggregarsi alla spedizione degli Argonauti non costituisce solo, come avverrà per Apollonio Rodio, la fuga dalla propria patria da parte di una donna innamorata che decide di seguire il proprio uomo condividendone i rischi e il destino futuro, ma esprime anche l’intervento dell’elemento divino all’impresa più ardita dell’uomo, quella della conquista del mare.
Troviamo riferimenti che testimoniano la già antichissima diffusione del mito di Medea nei poemi Omerici, nei quali Medea viene considerata una dea-maga affine a Circe, con la quale, in quanto discendente del Sole, è imparentata; Medea si configura come depositaria di sapienza divina, come peraltro ci suggerisce anche l’etimologia del suo nome ( Medea → da μεδομαι “ colei che escogita”, ovvero colei che sa trovare rimedi).




MEDEA IN EURIPIDE (Atene di Pericle)

Di Euripide, nato a Salamina intorno al 480 a.C., e morto in Macedonia alla corte di Archelao nel 406 a.C., si conoscono novantadue drammi dei quali però sopravvivono solo diciotto tragedie e un dramma satiresco. Tra le diciotto tragedie è presente “Medea”, in cinque atti, composta nel 431 a.C. insieme con il Filottete, il Ditti e i Satiri mietitori. Questa tragedia rappresenta, insieme all’”Ippolito” del 428, un capolavoro del teatro mondiale, mai nessun’altra tragedia ha, infatti, influito tanto sulla letteratura, l’arte figurativa e la musica. Al centro dell’azione vi è lo sviluppo del personaggio, una figura femminile che può essere considerata una sorta di contraltare alla dolce Alcesti, giacché Medea è rappresentata come una donna ribelle alle leggi della famiglia, perturbatrice e portatrice di sciagure.
La tragedia è costruita intorno alla vendetta di Medea, che, eliminata la rivale, in un parossismo di ferocia uccide anche i propri figli per infliggere a Giasone il dolore e l’offesa più atroci. Medea è una donna eccessiva, passionale, mossa da istinti elementari di violenza e collera, è capace di manifestare una vastissima gamma di stati d’animo, ma è anche coraggiosa, intransigente e determinata. Significativa è anche la sua adesione al codice eroico tradizionale, il quale prescriveva di fare del bene agli amici e del male ai nemici; la spia di questa adesione la ritroviamo nel lessico stesso utilizzato dal poeta. Ma Medea è anche una donna ricca di risorse intellettuali alle quali viene dato un rilievo particolare, specialmente in due momenti della vicenda: il colloquio con Creonte nel primo episodio e l’incontro con Egeo nel terzo, ma mentre il primo ha paura di Medea e la accusa di stoltezza, tanto che lo stesso Giasone ravvisa nelle stolte parole di lei la ragione prima dell’esilio impostole dal re, il secondo ne apprezza e rispetta le qualità, e la pone al di sopra del livello medio degli uomini. Ma comunque, nessun personaggio mette seriamente in dubbio le qualità di Medea; nello stesso tempo nessuno la comprende pienamente, e questo perché tutti sono al di sotto del livello della protagonista. Un’altra caratteristica fondamentale, che Euripide riprende dai poemi omerici, è la capacità di persuasione, che, come Odisseo, possiede Medea: nell’Atene del tempo in campo politico, giudiziario, in ambito sofistico e nella tragedia, vi era grande interesse per la persuasione esercitata attraverso la parola. Nel prologo la nutrice ci informa che Medea persuase le figlie di Pelia ad uccidere il padre. Nella grande rhesis dei vv. 214-266 Medea si procura il consenso delle donne corinzie, le donne del coro, facendo in modo che anche loro sentano come propria la sua causa, che finiscano col vedere in lei una di loro. Al termine del discorso di Medea le donne del coro sono dalla sua parte; Medea è riuscita a persuadere le donne corinzie, vale a dire quelle donne che nella parodo avevano chiesto alla nutrice di poter parlare con Medea perché speravano di persuaderla a mutare atteggiamento, a porre un limite alla sua collera. La prova più significativa della sua capacità di persuasione si ha nel secondo colloquio con Giasone, nel quarto episodio. Essendo donna, però, Medea dovrà mettere in atto la sua vendetta rinunciando all’uso delle armi, ricorrendo soltanto all’inganno.
La tragedia si apre a seguito di un breve colloquio tra la nutrice e il pedagogo, al v. 96. Qui troviamo la protagonista che maledice il suo destino urlando frasi spezzate in una monodia recitata da fuori scena; Medea comparirà fisicamente, infatti, soltanto a partire dal v. 214.
Con il procedere dell’azione la vediamo analizzare, davanti al coro, le varie ragioni della sua sofferenza, affrontare lo sposo, simulare sottomissione per ingannare i nemici e ripercorrere in un monologo disperato le ragioni del suo agire, divisa tra il desiderio di vendetta e l’affetto materno; infine la vediamo, nuovamente libera e selvaggia, assaporare la sua vendetta sopra un carro alato, davanti ad un Giasone affranto e ormai impotente. Euripide inaugura così un nuovo genere tragico in cui il personaggio è mostrato in bilico tra irrazionalità e ragione, diviso tra opposte pulsioni; Medea, infatti, sa analizzare lucidamente i suoi stati d’animo, ma non può impedire a se stessa di rimanere vittima delle forze oscure che si agitano dentro di lei. Così in Euripide la personalità umana appare contemporaneamente una e molteplice; Euripide, con una Medea allo stesso tempo donna gelosa, folle assassina, infanticida e vittima di se stessa, rivela per la prima volta, quanto sia complessa e contraddittoria l’identità di una persona. Il personaggio della protagonista è straordinario nella sua mescolanza di sentimenti, ma sicuramente ci troviamo di fronte ad un’eroina negativa, che suscita compassione, e insieme sgomento e orrore. La personalità di questa figura femminile, i suoi filtri, la sua astuzia crudele e la sua natura di maga e di straniera, così lontana dalla psicologia ateniese e dai consueti modelli femminili, deve aver affascinato la mente di Euripide, infatti, queste caratteristiche sono presenti in altre due tragedie, perdute, dell’autore (Pleiadi e Egeo). In realtà però, non bisogna vedere nella Medea solo una storia personale di gelosia e di vendetta; dietro alla vicenda dell’eroina si nasconde una critica al modello tradizionale della famiglia. Infatti Giasone - che compare sulla scena stupito della gelosia di Medea e affermando che l’unica cosa importante è dare figli legittimi alla città, seriamente convinto che Medea non possa chiedere niente di più che essere strappata alla barbarie del suo mondo marginale - non è visto dal pubblico come un fellone, al contrario rappresentava le idee del cittadino medio ateniese, e dal punto di vista del diritto cittadino aveva ragione, in quanto le leggi ateniesi escludevano dalla cittadinanza i figli di un coniuge straniero, e chi non dava figli alla città era biasimato socialmente. Senonchè Medea viene da un altro mondo: un mondo barbaro governato da altre leggi. Tra Giasone e Medea non vi è, quindi, soltanto un conflitto fra un uomo infedele e una donna gelosa, ma vi è anche uno scontro antropologico fra diverse culture e mentalità, tra la cultura barbara e quella greca, tra la cultura maschile, della famiglia patriarcale e quella femminile delle passioni, tra la legge della città e quella della natura, che opera nell’ emotività di Medea. È appunto questa distanza antropologica a rendere impossibile la comprensione fra i due protagonisti e il risultato è una profusione di ferocia e di violenza da entrambe le parti: quella fredda e legalitaria di Giasone e quella selvaggia di Medea. La tragedia si chiude con una frattura totale: dietro tutte queste stragi non c’è alcun progetto divino, alcuna giustizia che interviene a ripristinare un equilibrio; tutti, in qualche modo, hanno perduto qualcosa, e in particolare sono stati immolati i più innocenti e i più deboli (i figli di Medea e la principessa di Corinto). Anche Giasone però non appare certo come un personaggio esemplare e viene presentato, quindi, con tono minore rispetto alla protagonista; la Medea vive così soprattutto della sua protagonista.
Euripide, in una fase ormai prossima alla decadenza politica della πολις ateniese, cercò di rileggere il mito umanizzandolo, lasciando che gli eroi scendessero dal loro piedistallo per consentire al pubblico di cogliere l’incommensurabile impeto di impulsi irrazionali e inspiegabili dell’animo umano. Euripide, però, per questo fu oggetto di critiche e accuse di incoerenza, già da parte dei suoi contemporanei; con Euripide si assiste ad una completa ridefinizione dei concetti-chiave di “eroe”, “colpa”, “responsabilità” e “legge”. È opinione diffusa, inoltre, che sia stato lo stesso Euripide ad escogitare le trovate del peplo incendiario regalato da Medea a Glauce (o Creusa), futura moglie di Giasone, e dell’abbraccio mortale che decretò anche la morte di Creonte, padre di Glauce; ma soprattutto appare certo che egli sia stato il primo ad attribuire l’infanticidio all’eroina, in quanto, nella precedente versione del mito, i bambini venivano lapidati dai Corinzi, quale punizione per aver recato i doni mortiferi alla principessa; Euripide, in questo modo, conferisce alla tragedia una straordinaria potenza drammatica correlata con lo splendido lavoro di scavo psicologico compiuto attorno alla donna. Infine possiamo dire che Euripide ha esercitato la propria originalità su svariati punti; anzitutto egli ha riproposto l’intera saga degli Argonauti in una rivisitazione che mette in luce le capacità di Medea e la codardia di Giasone, intravedendo in questo mito una connotazione altamente drammatica e scegliendo un personaggio femminile che, sotto molti aspetti, è presentato in modo rivoluzionario rispetto alla tradizione e posto al centro del dramma. Infatti, Medea, nella tragedia euripidea, non è una maga barbara, bensì l’archetipo della donna ateniese che mette in discussione certe consuetudini non scritte riguardo alla funzione e al ruolo della donna nella società di allora, incarnando, così, uno dei più evidenti anacronismi che caratterizzano l’opera. Si tratta di una figura fortemente umanizzata dall’autore, nell’intenzione di far risaltare le sue contraddizioni e i suoi impulsi irrefrenabili, in modo da creare uno scontro drammatico non più esterno al personaggio ma che nasce e si sviluppa nell’animo stesso della donna. Ella, però, è anche sola, perché isolata proprio dalla sua unicità e dalla sua stessa grandezza; vive dunque la sua tragedia in completa solitudine: nessuno la comprende tranne Egeo. Di conseguenza essendo Medea protagonista unica, Euripide non poteva fare altro che svalutare le altre figure, che rientrano comunque a pieno titolo nel mito: Giasone è una sorta di eroe dimezzato e privato del proprio coraggio, tanto da apparire quasi patetico in alcuni suoi atteggiamenti; Creonte si rivela, in qualche modo, incapace e cieco di fronte alla donna; Egeo risulta manipolato dalla sorprendente intelligenza della protagonista. Euripide attribuisce a Medea un carattere di terrificante grandiosità, è lei, infatti, che domina sempre la scena; i vv.1-212 preparano la sua apparizione sulla scena e tutti gli eventi portano ad un unico personaggio, Medea, la cui compiutezza si realizza nella compiutezza della scena, ella, infatti, è tale da riempire di sé tutto il mondo circostante, creando uno spazio scenico totale, che sembra esserne il riflesso. Euripide, inoltre, fa in modo che la parodo completi la linea drammatica e il contenuto del prologo. Medea, anche se ancora fisicamente fuori scena, appare già nella sua dimensione tragica di creatura tormentata e terribilmente animata da una disumana sete di vendetta. Nella tragedia euripidea ha una valenza molto importante anche il fattore temporale; infatti, la prologrhesis della nutrice e la rhesis di Medea subito dopo, risultano unire presente e passato. All’evocazione dei fatti accaduti, si accompagna lo stato presente di Medea; ma soprattutto, Medea è una donna che non si può comprendere al suo primo apparire, che ha bisogno, per essere compresa, di essere anche raccontata da chi ha sempre vissuto al suo fianco, come, ad esempio, la nutrice, la quale ce ne può riferire la storia con le parole. Infine al modello odissiaco/tradizionale, Euripide associa anche quello magico, come è già stato detto in precedenza. Infatti la magia diventa parte fondamentale della ρεσις di Medea, la quale si serve magistralmente della sua magia, raggiungendo pienamente il suo obiettivo; di questa sua dote, Medea, inoltre, mostra di esserne pienamente cosciente. Ella è audace ed insieme orgogliosa della propria origine, ed è dunque, portata a ribellarsi agli oltraggi subiti da parte dei nemici. C’è da considerare anche il fatto che Medea è una protagonista donna ; infatti il teatro greco, come tutti sanno, è prettamente maschile, sia per la produzione, sia per la fruizione. Se si considera la condizione della donna nella Grecia del V secolo, non si può non concludere che solo ad una donna poteva capitare quel che è capitato a Medea: il ripudio del coniuge era, infatti, un privilegio solo dell’uomo; inoltre ella aveva commesso crimini indicibili con l’unico scopo di seguire l’uomo di cui era innamorata, finalizzando in quest’ultimo l’intera propria esistenza. La donna in Medea non è, né poteva esserlo, un simbolo; rispecchia le strutture e il tessuto culturale della società ateniese del V secolo. Solo così Medea donna poteva essere compresa dagli spettatori, e solo per questa via a noi è possibile comprenderla. La sua natura di donna, però, non scompare nemmeno quando i tratti eroici del personaggio appaiono predominanti: ulteriore dimostrazione dell’innovazione apportata da un Euripide che sa sondare l’universo femminile. Medea viene umiliata e tradita come donna, e come donna, ma con la determinazione di un eroe, reagisce nell’ambito della sfera che le è propria; Medea si vendicherà, infatti, come donna. Purtroppo, però, proprio la sua condizione di donna fa sì che la coesistenza dei tratti eroici e dei tratti femminili risulti estremamente conflittuale, tragica: lo si vive nelle strazianti parole che ella rivolge ai figli nel monologo d’addio. Così Medea, donna nata per la vita, si piega alla distruzione e alla morte.


Medea in Pier Paolo Pasolini

Il film Medea, ambientato per buona parte in Turchia, a Pisa e in Siria, e nella dimensione temporale del mito, fu scritto da Pier Paolo Pasolini e prodotto da Franco Rossellini nel 1969-70 ed ebbe come protagonisti Maria Callas, nel ruolo do Medea, Giuseppe Gentile nel ruolo di Giasone, Massimo Girotti nel ruolo di Creonte e Laurent Terzieff nel ruolo dai due Centauri. All’interno dell’opera si intrecciano aspetti civili, psicologici, classici e popolareschi, dando luogo a una stratificazione e a una commistione di molteplici chiavi di lettura; infatti, Medea pur essendo classificata tra i lavori pasoliniani di filone classico, si presta ad interpretazioni che vanno da quella psicologica a quella sociale e antropologica. Come disse lo stesso Pasolini, il suo intento fu quello di mostrare, attraverso l’amore tra Medea e Giasone, il contrasto esistente tra il mondo sottoproletario, arcaico e religioso (com’era quello di Medea), e quello borghese, moderno e laico (di Giasone). Pasolini si spinge oltre l’archetipo euripideo sotto una duplice ottica. In primo luogo,
egli avverte, sul piano della ricostruzione temporale della narrazione, il bisogno di non fermarsi allo scenario ultimo della tragedia, cioè quello di Medea a Corinto, per cui risale alle origini di essa, anche se, prende le mosse dall’infanzia e dall’educazione di Giasone. In secondo luogo, Pasolini risale al di là di Euripide soprattutto nella ricostruzione delle radici antropologiche della vicenda mitica, rivolgendo l’attenzione all’elemento magico-rituale e alla visione sacra della realtà cui questo si riconnette, come attestano particolarmente, nella ricostruzione dell’antefatto in Colchide, l’ampio spazio dedicato al rituale di un sacrificio umano e la presentazione della figura di Medea come sacerdotessa, custode di una conoscenza mistica. Medea inoltre, abbandonata la sua terra tenta invano di riappropriarsi di quella dimensione sacra della realtà che ella ha ormai perduto; solo l’unione con Giasone, che infine ella accetta di seguire nella tenda, sembra restituire improvvisamente un significato alla sua vita: nell’amore trova di colpo un sostituto della religiosità perduta. Così, il mondo, il futuro, il bene, il significato delle cose, si ricostituiscono di colpo davanti a lei. L’ingresso di Giasone nella vita di Medea e la fuga dalla Colchide rappresentano l’evento traumatico dello sradicamento della regina barbara dalla sua cultura d’origine magico-sacrale. Il Centauro Chirone, che in Corinto ricompare a Giasone sotto la duplice forma mitica e realistica, definisce il dramma della protagonista catastrofe spirituale, disorientamento di donna antica in un mondo che non crede in nulla di ciò in cui lei ha sempre creduto. Quando poi sembra venire a mancare anche il rapporto con Giasone, apparso in qualche modo sostitutivo delle precedenti certezze nel traumatico smarrimento del senso della realtà e del proprio essere, allora si prepara alla catastrofe. Pasolini, pur rifacendosi in gran parte ad Euripide, applica delle sostanziali differenze: Medea non è più la maga regale, ma una donna dimessa e disperata; il dono della veste, non cela alcun terribile incantesimo, in quanto è Glauce stessa che, vestendosi e mirandosi allo specchio, soccombe al peso del rimorso, finché, dopo essersi slanciata fuori dalla reggia, in preda a una sorta di delirio, si lascia precipitare dall’alto, seguita dal padre, Creonte. La morte di Glauce, inoltre viene riproposta due volte nel film, la prima come sogno di Medea, la seconda come realtà; Pasolini fa in modo che il destino riaccada due volte, ma la vera e propria morte di Glauce la fa avvenire per ragioni psicologiche, segno che nel mondo moderno non c’è spazio per le arti magiche arcaiche ma solo per la ragione. Pasolini, introduce anche la tematica della frustrazione e dell’esclusione di Medea dal mondo di Giasone con una scena che ritrae una danza tra Giasone e i ragazzi di Corinto, vista con gli occhi di una Medea in lacrime. Infine, l’uccisione dei figli avviene come una sorta di rito sacrificale, preceduto dal bagno lustrale e concluso dal fuoco purificatore. Ben diversa dall’immagine euripidea della maga ferocemente trionfante che si allontana sul carro del Sole, appare quella del fuoco in cui arde la casa con le giovani salme, così da sottrarle all’estrema profanazione del mondo “civile”; nella scena finale Medea parla dall’alto ad un Giasone disperato, ma alla tardiva disperazione dello sposo, si oppone la gioia di una Medea gratificata finalmente dalla vendetta. L’ultima battuta è ovviamente di Medea: <<…niente è più possibile ormai.>>. A differenza che in Euripide, manca in Pasolini ogni prospettiva futura anche per Medea: se nel modello tragico, la maga trovava rifugio presso Egeo, la figura del re ateniese invece viene soppressa dal regista italiano, come anche da tutte le riscritture moderne. La vicenda si conclude dunque all’insegna di un pessimismo sospeso e privo di sbocco.
Alla sua comparsa, nel 1970, il film sollevò reazioni negative, specie presso quei critici condizionati dall’idea che l’arte doveva essere funzionale all’impegno civile; poco apprezzata risultò addirittura l’interpretazione della Callas: la cantante lirica apparve poco espressiva e inesperta della cinepresa; altri critici meno impietosi e più obiettivi ne apprezzarono al contrario l’interpretazione, ma anche la professionalità. Pasolini, però, più che la professionalità, cercava negli attori una forza esistenziale, egli infatti tentò di dare profondità psicologica dei personaggi.

2.7.08

Hulk... con ghiaccio? No, liscio!

di Davide Biagioni, alias Zafferano


”Il sonno della ragione genera mostri” diceva Goya. “Oppure un particolare flusso di raggi gamma” aggiunge la Marvel.
Così la sera dell’uno luglio erano in sette, erano giovani ed erano forti, e si incamminavano verso la visione di questo kolossal di suoni ed effetti speciali, Hulk.
E’ strettamente necessario cercare di capire lo spirito che può spingere una persona a pagare sei euro per vedere Hulk, ma per capirlo bisogna tornare indietro di qualche giorno, precisamente al 19 giugno, data nella quale la decisione del film verteva su “Sex and the City”.
Non si sa bene, ironia della sorte, chi e quando avesse proposto questo “film”, sicuramente si sa che è un film degno delle più amabili fiction americane, parecchio lontano dal timbro di Hollywood, più vicino a quello di donne molto sole. Sintomatica la presenza in sala di soli quattro uomini, sintomatici il risolino e il cicaleccio di un materialismo diffuso in tutto il film che tutto è, tranne che divertente e reale…Un film d’azione? No. Storico? No. Introspettivo? No. Stralci di vita quotidiana? Difficile crederlo dato che viene rappresentata l’élite più ricca degli U.S.A.
Un film che non sa comunicare, se non con quella parte della popolazione, e non per essere classista, che si accanisce a voler seguire la “vita di un altro” sullo schermo di casa propria, sognando sfarzo e ricchezza come unico motivo di vita. Nemmeno vicino comunque a film come “Il Diavolo veste Prada” dove buone performance degli attori e cast di livello superiore sono in grado di illustrare morale e senso al termine del lungometraggio.
Ma la serata proseguì proprio in nome di quello sfarzo che il film aveva così lungamente propugnato: la solita pizzeria post-film si era infatti trasformata in un ristorante di pseudo-alta cucina, sottolineando "pseudo" dal momento che di alto, probabilmente, c’erano solo i prezzi.
Dopo aver gustato un ottimo piatto di riso e pane dieteticamente poco salato, la serata si è consumata in una richiesta, decisamente troppo bizzarra, da parte del nostro professore che pretendeva addirittura il ghiaccio nell’usuale S. Simone per digerire il lauto pasto. Ammirevole lo sguardo quasi stupito di un improbabile cameriere probabilmente proveniente da una Transilvania post-moderna, che osservando il professore, e dandogli addirittura del “tu”, ha risposto: "Non ce l’abbiamo il ghiaccio"; ma pareva dire: "Non lo sa che il sangue si beve a temperatura ambiente?".
Certo una vera e propria pretesa il ghiaccio a giugno, dopo tutto abbiamo pagato solo 26 euro a persona, professore!
Da lì l’idea sorge spontanea: se si deve vedere un film scadente almeno scegliamone uno di cui non si hanno aspettative: Hulk.
Non stiamo a tessere finti elogi di questa buffonata americana… piacevole in alcuni punti, impossibile da definire bello.
Se non altro quattro alfierini, un maturando del Cottini, una studentessa di filosofia e un talebano che aizza... ops, mi scusi, un professore di religione, si sono tutti trovati d’accordo nel gustare un banchetto medioevale, in grembo a Tamarrolandia (8 gallery), accompagnati da tanghi, baciate e salse che hanno spinto uno studente del miglior liceo classico di Torino non solo a mangiarle, ma a tentare di ballarle con un'avventata signora di cinquanta anni…
Nessun commento ragazzi, l’appuntamento è per martedì, alle otto e mezza, all’8 Gallery: tutti pronti per una lezione di tango. Vai col liscio!!

xxxzaffxxx

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Torino, Italy
Consiglio Direttivo: Presidente: Dario Coppola. Vice Presidente: Anton De Nicolò; Tesoriere: Stefano Marino. Per l'iscrizione all'Associazione si può richiedere il modulo in sede o a un membro del Consiglio Direttivo. Mail: ovidiodariocoppola@alice.it
L' ASSOCIAZIONE QUINTILIANO è stata ideata da Dario Coppola nel 2000

ed è stata fondata nel 2010 con Emanuele Amo, Davide Biagioni, Federico Garino, Irene Fusi, Alberto Saluzzo, Jacopo Villani, Alberto Zanello. A questi soci fondatori sono stati aggiunti, con nomina del presidente, Antonino D'Ambra e Daniele Grillo.

collegamento con Q TV

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BREVE STORIA dell'Associazione



ASSOCIAZIONE CULTURALE QUINTILIANO - Il 24 settembre 2010 viene costituita a Torino l'Associazione Quintiliano, che opera in città con i suoi comitati territoriali e laboratori scolastici. La fondazione deriva dall'esperienza laboratoriale iniziata nel 2001.
Nel 2001, a Torino, è partito il progetto del primo Laboratorio Culturale che, con le sue attività didattiche, ha contribuito e contribuisce alla costruzione della personalità degli studenti che ancora lo frequentano, aprendo loro gli orizzonti del sapere. Dopo una prima fase sperimentale, il laboratorio è stato ideato, dal prof. Dario Coppola, e ha così preso corpo nel 2004 con l'acronimo LDG, cioè Laboratorio Didattico del Giusti, il liceo torinese nel quale l'attività ha visto i suoi esordi raccogliendo l'eredità di un grande docente di quel liceo, alla cui memoria il laboratorio è perciò stato dedicato: si tratta del prof. Giorgio Balmas.
Dal 2007 il progetto ha allargato il suo raggio d'azione ed è diventato un laboratorio interscolastico al quale, nella IIIB (2008-09) del Liceo Alfieri, è stato attribuito dal fondatore il nome LC QUINTILIANO. Da allora, il laboratorio ha raggiunto con le sue proposte anche gli studenti e i docenti di altre prestigiose scuole torinesi, e della provincia, come il Copernico, il D'Azeglio, il Majorana di Moncalieri e di Torino, il Gioberti, il Cattaneo, il Ferraris, il Cottini, lo Spinelli, lo Steiner, il Gobetti, il Regina Margherita, il Grassi, il Conservatorio Verdi e - anche - l'Università degli Studi e il Politecnico di Torino.
Nel 2009 sono stati attivati nove laboratori paralleli del Quintiliano corrispondenti alle redazioni scolastiche attive nei settori dell'istruzione secondaria (scuole superiori) e degli atenei torinesi.
Nel 2010 viene stilato il progetto della costituzione di un'Associazione Culturale che comprenda i laboratori già attivi e quelli da attivare.

Le proposte culturali dei laboratori sono di vario tipo:

THEATRUM: visione di spettacoli, a teatro;

AUDITORIUM: ascolto di concerti;

CINEFORUM: visione critica di film al cinema; partecipazione a rassegne cinematografiche;

SYMPOSIUM: incontro, con cena, per socializzare e riflettere informalmente, a caldo, sullo spettacolo cui si è assistito, anche con l'ausilio di schede didattiche;

CIVES: approfondimenti su legalità, educazione alla cittadinanza, Costituzione Italiana;

LUDUS: appuntamenti etico-sportivi;

ETHNE: partecipazione alle iniziative multietniche del territorio;

PACHA MAMA: iniziative ambientali ed ecologiche;

GANDHI: iniziative non-violente contro ogni tipo di discriminazione;

AGORÁ: dibattiti su temi d'attualità per la formazione delle opinioni;

BIBLOS: presentazione di libri;
ARTIFICIUM: promozione dei talenti artistici dei nostri allievi ed ex-allievi e progettazione delle visite alle mostre d'arte;
MNEMOSYNE: recupero delle nostre origini culturali nella storia (viaggio nella memoria, rievocazioni, visite a mostre, spettacoli, conferenze, lezioni introduttive alla storia del teatro, del cinema, della televisione e della radio);
MONOGRAPHIA: presentazioni monografiche interdisciplinari di autori attraverso significative opere che hanno arricchito il nostro patrimonio culturale;
EXPERT: trattazione di tematiche, da parte di esperti, per conoscere meglio le dinamiche dei fenomeni che ci presentano l'attualità e la storia;
DOSSIER: approfondimenti, documentazioni, testimonianze, recensioni, raccolte, relazioni, ricerche e tesine;
IN ITINERE: viaggi di istruzione brevi fuori urbe;
CAUPONA: incontri per accrescere e raffinare la cultura enogastronomica;
AUGUSTA TAURINORUM: lezioni itineranti nei luoghi storici della nostra città, che hanno visto transitare i maestri del sapere, e che ancora ne conservano l'eco;

DHARMA: appuntamenti con la filosofia e la spiritualità;
BERUF: informazione e formazione economica;
REPORTER: la realtà fotografata ad arte (mostre fotografiche);
IN CONCERT: reading, tendenze musicali, concerti;
CINEFERIAE: visione critica di film su richiesta degli studenti durante le vacanze.

Inoltre, il settore Informazione dei Laboratori comprende:


MONITOR: avvisi e segnalazioni;
VADEMECUM: segnalazioni di eventi culturali nel territorio urbano;
IN AETHERE: la cultura in tv o via radio;
NEWS: notizie dalle scuole collegate col nostro laboratorio;
WEB: notizie dalla rete.

Nel 2009 sono stati aperti anche:
1) un gruppo ufficiale su Facebook;
2) un canale video "LC QuintilianoTV" su YouTube, che consente un'espressione ulteriore della creatività comune di chi continua a costruire i nostri laboratori.
Gli studenti "storici" che, negli anni passati, hanno contribuito, insieme a decine di altri, con il coordinatore a condurre QUINTILIANO sono stati:

GUGLIELMO SANDRI GIACHINO (2005-06)
NICOLO' STROCCO (2006-07)
FLAVIO MERGOTTI (2007-08)
FEDERICO GARINO (2008-09)
ALBERTO ZANELLO (2008-09)
DAVIDE BIAGIONI (2008-09)
FEDERICO SILVESTRI (2008-09)
JACOPO VILLANI (2009-10)
ALBERTO SALUZZO coordinatore della costituenda Associazione Culturale (2009-10)


dal 24 settembre 2010:

data della costituzione dell'Associazione Quintiliano
Elezione del primo
Consiglio Direttivo (2010 - 11)
Presidente: Dario Coppola. Vice Presidente: Davide Biagioni (da settembre a dicembre 2010); Emanuele Amo (da gennaio 2011); Tesoriere: Federico Garino; Segretario: Alberto Saluzzo (da settembre 2010 a gennaio 2011); Davide Biagioni (da febbraio 2011); Altri Consiglieri: Alberto Zanello, Jacopo Villani, Antonino D'Ambra, Irene Fusi, Daniele Grillo.


dal 24 settembre 2011:
secondo Consiglio Direttivo (2011-12)

Presidente: Dario Coppola; Vice Presidente: Anton De Nicolò; Tesoriere: Stefano Marino; Segretario organizzativo: Ario Corapi (da settembre 2011 a marzo 2012); Jacopo Villani (da marzo 2012). Comitato esecutivo: ai consiglieri sopra citati si aggiungono i sottotesorieri Alessandro Minetti, Jacopo Villani (fino a marzo 2012), Ario Corapi (da marzo 2012) e i sottosegretari Bernardo Basilici Menini, Marcello Fadda.





L'ASSOCIAZIONE NEL PERIODO COMPRESO FRA IL 2013 E IL 2019 ENTRA IN PAUSA E SI LIMITA SOLO A PROMUOVERE EVENTI DI ALTRE ASSOCIAZIONI. NEL 2019 SI TENTA DI RIPRENDERE MA ARRIVA LA PANDEMIA. COL 2022 RIPARTONO I GRANDI EVENTI. LA COMUNICAZIONE SI ARRICCHISCE INOLTRE DEL CANALE INSTAGRAM quintiliano_associazione Prima sede legale: piazza Vittorio Veneto 13, Torino

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