Jacopo Villani, Ludovica Rosso, Irene Fusi, Giada Farjoud, Gabriele e Michelangelo Tommaso, Pietro Derossi (Licei Giusti e Alfieri) col prof. Dario Coppola al nostro Cineforum hanno visto (e poi, al Symposium, discusso su)
Lebanon
Un film di Samuel Maoz. Con Oshri Cohen, Michael Moshonov, Zohar Strauss, Reymond Amsalem, Itay Tiran, Yoav Donat, Dudua Tasas, Zohar Shtrauss, Dudu TassaDrammatico, durata 90 min. - Israele, Germania, Francia, Libano 2009
Un film di Samuel Maoz. Con Oshri Cohen, Michael Moshonov, Zohar Strauss, Reymond Amsalem, Itay Tiran, Yoav Donat, Dudua Tasas, Zohar Shtrauss, Dudu TassaDrammatico, durata 90 min. - Israele, Germania, Francia, Libano 2009
Libano, giugno 1982. Un carro armato carico di armi e quattro giovani soldati avanza solitario dentro un villaggio, bombardato e abbattuto dall'Aviazione Militare israeliana. Assi è un comandante che non ha mai comandato, Shmuel un artigliere che non ha mai colpito, Herzl un servente al pezzo che non ha mai caricato una bomba e Yigal un pilota di un carro corazzato che non conosce destinazione. Impressionabili ed inesperti piangono e resistono dentro il “Rinoceronte” sferragliante, contro una guerra che non hanno voluto e un nemico che non vogliono condannare. Smarrita la direzione, mancata la posizione e assediati dalla paura, tenteranno una fuga disperata verso un campo di girasoli e una terra “promessa” (a tutti). I soldati di Samuel Maoz non amano la guerra e sono lontani, molto lontani, dagli artificieri volontari e “in erezione” della Bigelow (The Hurt Locker). Impegnati sul fronte iracheno a disinnescare bombe e incapaci di tornare alla normalità, i soldati dipendenti della regista americana sono rimpiazzati, sullo schermo e al fronte, dai “corpi corazzati” e arruolati nelle Forze Armate israeliane durante la Prima Guerra del Libano di Maoz. Addestrato a vent'anni come artigliere, l'esordiente regista israeliano gira un film di guerra contro la guerra, riuscendo a mantenersi in equilibrio, a governare l'orizzonte del discorso e l'inferno della sua messa in scena, l'alto e il basso, la battaglia e l'annientamento umano. Claustrofobico e trincerato Lebanon guarda alla guerra attraverso il mirino-obiettivo di un artigliere che, idealmente prossimo al Piero di De Andrè e al tenente Ottolenghi di Lussu (e Rosi), rifiuta in lacrime e indisciplinato di uccidere e di uccidersi. Come gli idealismi, gli ufficiali nel film servono a “cacciare innanzi i soldati”, lasciati morire da una nazione assediata e in crisi nonostante la promessa che nessuno sarebbe stato abbandonato. La guerra “in un interno” raccontata da Maoz è quella della Storia, ancorata a una letteratura che l'ha definita, allestita, giustificata, compresa, perdonata o condannata, e allo stesso tempo quella del presente, ancora aperta e infinita, ancora chiusa nella sua logica di parte, immatura nelle riflessioni, relativa nella rappresentazione. Se la Prima Guerra del Libano appartiene all'altro secolo, i conflitti arabo-israeliani perseverano, eternamente in corso si allungano sulla nuova epoca, veicolati dalle immagini redacted dei servizi giornalistici. Contro le conseguenze mediatiche e i percorsi retorici creati dai media, si leva in alto l'immaginario cinematografico, interrogandosi e scavando nella componente umana di ogni guerra.
Marzia Gandolfi (da mymovies)
Recensione sul film LEBANON
Vi sono pellicole che non terminano con i titoli di coda, ma proseguono a scorrere nell’animo di chi si è lasciato trasportare dalle emozioni proiettate sul grande schermo, capaci di lasciare “un’impronta” negli occhi dello spettatore più attento: è il caso di “Lebanon”. Premiato con il Leone d’oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il lungometraggio di Samuel Maoz sorprende sin dai primi fotogrammi per l’impatto dirompente delle sue immagini accompagnate esclusivamente dai rumori alieni e freddi di un carro armato in movimento. In quella trappola di ferro ed inospitale, quattro ventenni si apprestano a vivere un’esperienza (Prima guerra del Libano-1982) che non solo non potranno dimenticare, ma che uno di loro sentirà il bisogno di raccontare al mondo dopo un lungo e travagliato percorso interiore: il regista e sceneggiatore del film. “Lebanon”non fa sconti, non ci risparmia dal mostrarci gli orrori e gli errori di ogni conflitto bellico: tutto viene mostrato attraverso il medesimo mirino dei soldati, uno sguardo cinico capace di cogliere nei primi piani della Guerra la follia e la paura di cui essa da una parte genera e dall’altra si nutre. E dopo che si saranno riaccese le luci in sala, molti uscendo dal cinema come dalla botola di un blindato, avranno un motivo in più per non dimenticare.
Riccardo Caprioglio
(un ex studente del prof. Dario Coppola all'inizio degli anni Novanta)
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