testo di
Ario Corapi
commento per immagini dal web di
Dario Coppola
Ario Corapi
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Dario Coppola
Negli ultimi giorni i media - in particolare quelli occidentali - hanno focalizzato la loro attenzione, insieme a quella dell'opinione pubblica, sulla cattura e la successiva immediata uccisione del Colonnello Mu'Ammar Gheddafi passato alla storia come il Raìs;
ora che il Raìs è morto già si scatenano centinaia di migliaia di (pre)giudizi sui suoi 40 anni di governo in Libia, visti dall'opinione pubblica come una dittatura, e della sua morte, vista come una "liberazione".
Una cosa è certa, nel bene e nel male, uno statista come Gheddafi la Libia e l'Africa intera non lo vedranno mai più; tuttavia sono d'obbligo molte precisazioni sulla sua ascesa al potere nel 1969-70 e la sua caduta a ridosso della guerra civile libica degli ultimi mesi.
Una cosa è certa, nel bene e nel male, uno statista come Gheddafi la Libia e l'Africa intera non lo vedranno mai più; tuttavia sono d'obbligo molte precisazioni sulla sua ascesa al potere nel 1969-70 e la sua caduta a ridosso della guerra civile libica degli ultimi mesi.
Bisogna innanzitutto dire che l'Italia sulle vicende riguardanti la Libia e Gheddafi ha dato ancora una volta il peggio di sè, perchè quando il Raìs prese il potere in Libia nel 1969 tramite colpo di Stato fu proprio grazie anche all'appoggio dell'allora governo italiano presieduto dal democristiano Mariano Rumor che, stabilendo subito degli accordi di politica energetica con la Libia, suscitò la disapprovazione di Washington che per "ripicca" nei confronti dell'Italia inaugurò - tramite contatti fra la CIA e i servizi segreti italiani deviati - la cosiddetta "strategia della tensione" che portò alla stagione nota come gli "Anni dello stragismo" (Piazza Fontana, per esempio);
per non parlare poi degli ultimi 10 anni di rapporti diplomatici con la Libia in cui i vari statisti italiani, da Berlusconi a Prodi passando per D'Alema e Napolitano, hanno sempre accolto il Raìs durante i suoi viaggi in Italia con gli onori di casa che si riservano ad un "imperatore".
Poi improvvisamente, quando nella primavera 2011 è scoppiata la "guerra civile" in Libia, la posizione diplomatica dell'Italia è cambiata radicalmente con dei risultati scadenti, in quanto siamo passati dal "bacia mano" a Gheddafi a sostenitori della "missione umanitaria" da parte della NATO facendoci pure soffiare da Sarkozy e Cameron i pozzi petroliferi ed il gasdotto ottenuti dall' ENI con gli accordi energetici Italia-Libia.
Un'altra precisazione è doveroso farla anche su come in Libia sia scoppiata la "guerra civile", innanzitutto va precisato che la Libia è sempre stata una società tribale in cui a farla da padrone sono sempre state la tribù della Tripolitania - la tribù Ghaddafa (da qui il nome Gheddafi) con capitale a Tripoli - e la tribù della Cirenaica con capitale a Bengasi, al principio i moti di insurrezione in Libia sono nati come scontro tribale fra le due tribù e non - come si vuol far credere dai media filo-americani - come insurrezione di popolo contro il Raìs, lo scontro tribale ha preso seguito divenendo guerra con l'intervento di Washington che, nel vedere lo scontro fra tribù, ha fiutato l'occasione per l'ennesima guerra colonizzatrice camuffata da "missione di pace e libertà" sostenendo con armi ed intelligence militari la tribù di Bengasi ostile a Gheddafi.
Pertanto è un grandissimo errore parlare di "insurrezione popolare contro il Raìs" quando in verità i volontari chiamati "partigiani combattenti per la liberazione della Libia" altro non sono che membri della tribù di Bengasi - da sempre ostile alla tribù Gheddafa di Tripoli - i quali hanno potuto combattere e vincere solamente grazie al sostegno militare e logistico ricevuto dagli USA (bisognosi dell'ennesima "guerra di pace" per scongiurare la crisi finanziaria che gli Yankee vivono ormai da 4 anni).
Inoltre è importante far notare che per quanto la Libia di Gheddafi non fosse certo un paese democratico, il Raìs in questi 40 anni ha compiuto delle opere pubbliche degne di ammirazione sapendo sfruttare la posizione geopolitica e le risorse economiche della Libia, seguendo i precetti enunciati nel Libro Verde (libro in cui Gheddafi parla del suo pensiero politico) il Raìs ha costruito un acquedotto pubblico che ha fornito acqua potabile al 75% del territorio libico in maniera del tutto gratuita - acquedotto che è stato poi distrutto nel luglio 2011 dai bombardamenti della NATO - ,
ha fatto costruire scuole, università ed ospedali pubblici con i profitti ricavati dal petrolio che il Raìs ha venduto ai paesi occidentali (e quindi senza neanche le tasse dei contribuenti libici), voleva costituire in collaborazione con la Banca Islamica un Fondo Monetario Africano totalmente indipendente dal Fondo Monetario Internazionale perchè non fondato sulla formula "prestito + interesse = usura" e quindi con l'intenzione di liberare i paesi africani dalla morsa dell'Alta Finanza Mondiale e del debito pubblico, insomma tutte opere e progetti degni di ammirazione per un paese non allineato democraticamente come la Libia; se si pensa invece che un paese "democratico" come l'Italia ha un debito pubblico che lo sta portando verso il default, la scuola pubblica sta ormai morendo, l'università sta diventando sempre di più un diritto per pochi privilegiati e per difendere dalle privatizzazioni l'acquedotto pubblico nazionale è servito un referendum solo pochi mesi fa.
Gheddafi è stato uno degli ultimi discepoli del "Panarabismo", dell'identitarismo e dell'indipendenza geopolitica del mondo arabo seguendo un percorso politico inaugurato in Nord Africa negli anni '50-'60-'70 con gli egiziani Gamal Abd Nasser e Anwar Saddat.
Infine, occorre una riflessione sul giudizio che si vuol dare alla figura del Raìs e del suo percorso storico e politico considerato che in questi giorni in Libia è stata proclamata la "liberazione" e i media occidentali dipingono questo evento come un nuovo capitolo verso la costituzione del Nuovo Ordine Mondiale, è importante precisare quanto sia inutile spendere attualmente giudizi ora che le folle e l'opinione pubblica sono ancora fogate dagli eventi degli ultimi mesi e invece quanto sia necessario attendete qualche anno o decennio per poter dare un giudizio storico-politico sul Raìs quando le passioni e sentimenti saranno sopiti.
Come scrisse Manzoni nella sua poesia del 5 maggio dedicata a Napoleone Bonaparte: "Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza."
Ario Corapi,
segretario dell'Associazione Quintiliano
(studente UniTO, Scienze Politiche )
segretario dell'Associazione Quintiliano
(studente UniTO, Scienze Politiche )
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