ANTICHRIST
Il capolavoro di Lars von Trier
Sono entrato in sala col pregiudizio di chi ha un po' di fede nel giudizio della critica, ossia quello che si riflette nelle flebili e poco feconde menti della massa dopo aver letto e ascoltato i cosiddetti "critici", quelli che di mestiere fanno recensioni che, stavolta, non erano proprio il massimo...
Nel corso del film sono stato invece affascinato, come sempre, dallo stile di Lars von Trier impareggiabile e inconfondibile.
Il ricordo è andato subito a Dogville, diviso in nove affascinanti capitoli... (http://www.youtube.com/watch?v=zmLfE6UiEHE&feature=related)
Qui, anche se più lunghi, ce ne sono solo quattro, incorniciati in un prologo e un epilogo molto raffinati.
Mi sono trovato dinanzi a un capolavoro estetico, in cui emerge una Weltanschaunng panteista e immanentista, alla maniera di Giordano Bruno, di Spinoza, di Fichte o, ancor meglio, di Schelling; visioni oniriche idealiste, romantiche, alla Novalis (si pensi a I Discepoli di Sais) totalmente immerse nella Natura che richiamano, per contrasto, un panismo di dannunziana memoria.
Non solo!
L'opera di Trier è un viaggio nel tempo che ci riporta esplicitamente nel Medioevo, epoca della caccia alle streghe ma anche epoca della donna angelicata.
E proprio dai fumi e dalle caligini di quel tempo s'intravedono, nel film, la selva oscura di Dante e le tre fiere, qui enigmaticamente trasformate nei tre mendicanti, che fissano l'uomo, quasi come la Sfinge fa con Edipo, per dirgli che il Chaos regna sovrano.
In una pasoliniana serie manieristica di citazioni all'ennesima potenza troviamo anche il riferimento a Henry Otto e al suo Dante's Inferno, film muto del 1927 che ha fatto la storia del cinema.
Il viaggio nel tempo è, tuttavia, solo un ingresso nell'inconscio per intraprendere un viaggio metafisico e psicoanalitico, che indaga le origini o, meglio, le radici dell'esistenza e della sessualità, e che porta proprio all'Eden. La Natura è una foresta di simboli, è l'inconscio, e l'ingresso in essa è la donna. Le scene del film si rifanno all'arte pittorica in rapporto con la Natura attraverso gli occhi di Trier, che rilegge e riprende immagini che ci fanno pensare un po' a Ofelia morta di John Everett Millais
e di Caspar David Friedrich (per il quale rimando alla tesina, contenuta in questo blog in http://laboratorioculturale.blogspot.com/2009/07/rapporto-delluomo-con-la-natura-di.html, del mio ex studente Valerio Toldonato), in modo cruento e delicato a un tempo: come un ossimoro, tanto caro al mio Maestro (Pasolini, ovviamente), che è implicito in questa opera come nelle altre di Trier. Le principali teorie freudiane, fanno da filo rosso, anzi filo verde in questo caso, e legano la trama che le sviluppa contrapponendole in un dualismo, che degenera dialetticamente in un duello finale fra l'uomo e la donna. Il sogno è il film stesso che perciò va analizzato e interpretato: in esso fra i lapsus, gli atti mancati, le rimozioni, l'isteria, la coazione a ripetere, s'intravedono chiaramente Eros vs. Thanatos, principio di piacere vs. principio di morte, fino alle sanguinolente scene che rappresentano il complesso di castrazione e l'invidia del pene. Non deve sfuggire tuttavia il riferimento a Edipo, che ho qui già evocato: il bambino nel film ha le scarpe girate al contrario, ha una malformazione del piede, e viene proprio forata nei pressi del piede sinistro la gamba dell'uomo dalla donna, un piede che emerge, in basso a sinistra, dalla tana in cui egli si rifugia come nel famoso dipinto Edipo e la Sfinge di Jean Auguste Dominique Ingres... ed Edipo significa proprio "piede gonfio". Tutto questo per significare nel film un altro tema freudiano il Complesso di Edipo, qui rovesciato, forse combattuto... è il bambino a morire subito, cioè la sintesi (quasi "clorofilliana") fra la tesi (il padre) e l'antitesi (la madre). La madre domina! La donna, ossia la Natura, la Madre Terra, la Chiesa di Satana, è forse l'Anticristo stesso. Alla fine, è l'uomo a vincere per Trier e, tuttavia, la donna si moltiplica e popola, fino a coincidervi, la Natura senza un volto riconoscibile, in una processione, solenne quanto nostalgica, accompagnata dalla musica del Rinaldo di Haendel: "Lascia ch'io pianga/ mia cruda sorte/ e che sospiri la libertà" (http://www.youtube.com/watch?v=vcCyL6hZhpk).
Necessità e libertà coincidono dunque nella Natura, nella Madre Terra e nelle sue profondità inconsce. Difficile è, perciò per Trier, nonostante i tentativi andare para fusein, contro Natura.
Un horror? Sì, ma è solo un pretesto... Chi va al cinema per spaventarsi è davvero da psicanalizzare... L'horror è solo lo specchietto per le allodole usato da Trier che vuole comunicare di più, molto di più al suo spettatore. Trier definisce questo film il suo capolavoro, come fece Pasolini per Salò. Anche in quel caso io, inizialmente, non capii ma poi mi resi conto di quanta grandezza ci fosse in quell'opera del Maestro, e credo che, anche per Trier, si possa ipotizzare lo stesso esito nel mio giudizio: Antichrist è davvero il capolavoro di Lars von Trier.
Dario Coppola
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