Un padre della TV italiana
Questo articolo è stato scritto sul blog Azione del Popolo del 10/09/09 in occasione della morte di Mike Bongiorno
Questo articolo è stato scritto sul blog Azione del Popolo del 10/09/09 in occasione della morte di Mike Bongiorno
A noi dispiace sempre quando muore qualcuno.
Chiunque. Anche il peggiore dei dittatori. Certo non lo si rimpiange ma la morte non piace a nessuno e solo negli altri la morte si può vivere: è ipocrita dire che non dispiaccia che qualcuno muoia. Se poi qualcuno ci gode si tratta di cattiveria o di sadismo anche patologico...
Quando, inoltre, si tratta della morte di un anziano alle soglie dei novanta anni, che sembra molto ingenuo nonostante la lunga esperienza di vita, una morte può ispirare tenerezza soprattutto ai giovani che rimangono sempre più soli, senza modelli, privati di un nonno... che distribuiva premi e soldi in tv; ma ne sono rattristati soprattutto i figli le figlie, che hanno contribuito alla costruzione del padre-mito o del mito di quel padre.
Perciò tutti siamo dispiaciuti per la morte di Mike Bongiorno.
Quasi tutti parlano di lui come del padre della TV italiana. Non è così. Fu davvero il presentatore del primo programma ufficiale trasmesso dalla TV nel 1954, tuttavia gli esperimenti per le trasmissioni televisive erano già iniziati qualche anno prima. E il primo a comparire dalla Triennale di Milano in TV, nel 1949, fu Corrado.
La massa però ha bisogno di un mito che la rappresenti.
Come ebbe a dire Umberto Eco, pur parlandone bene, anche su Corrado: “Lo sguardo attonito può voler dire 'non capisco' ma anche 'capisco tutto e non me la fai'. Ciò che conta è che attraverso lo sguardo attonito il discente impari a trarsi d’impaccio. Corrado è l’Italia. E l’Italia lo ama.”.
Quegli italiani che hanno fatto di Bongiorno un mito volevano essere come lui, che era figlio di emigrati in America, e che seppe, sul carro dalle ruote della Fortuna, andare lontano, tornando nella sua patria e incarnando il sogno della massa degli italiani: l'America.
Perciò Bongiorno ha oscurato gli altrui successi, in modo bonario, senza sensi di colpa, credendosi davvero il migliore.
In realtà, era il peggiore dei presentatori possibili di quell'epoca: non ha mai parlato un buon italiano, ha ucciso il congiuntivo, non ha mai avuto una buona cultura, e soprattutto ha imposto uno stile che poteva piacere soltanto all'italiano medio che in lui, più di ogni altro, si identificava. Umberto Eco nel suo "Diario Minimo" colse perfettamente tutto questo. Oggi molti pseudointelletuali, invece, esaltano Bongiorno, che nel tempo ha convinto tutti. Ha trasformato a sua immagine e somiglianza quell'Italia nella quale tornò. C'è da chiedersi: è stato forte Bongiorno o era debolissima quell'Italia che oggi lo è ancor più? Per noi il problema è la debolezza di quegli spettatori, e di quei "critici" senza acume che popolano le grandi testate di maggiore tiratura o ascolto. Leggere e ascoltare alcune recensioni è davvero umiliante per chi legge ma soprattutto per chi le produce. I vari Mollica, Signorini (mi pare che così si chiamino...): trenta anni fa non sarebbero stati nessuno! All'epoca c'erano Firpo, Arpino, Pasolini... Anche chi ha sempre recentemente parlato male di Bongiorno non ha colto nel segno, perché ormai a nessuno risulta più essere mediocre, giacché tutti lo sono diventati. Se inforco degli occhiali con lenti rosse vedo tutto rosso e perciò non vedo più il rosso... Negli ultimi tempi, Bongiorno rischiava di risultare persino simpatico a noi che non abbiamo mai apprezzato il suo stile. Se Bongiorno è il padre della TV non c'è da essere orgogliosi della figlia... e dei figliastri, ossia gli spettatori. Bongiorno è in qualche modo il padre della nuova politica italiana, della seconda Repubblica: su questo siamo maggiormente d'accordo e, anche se per poco non fu fatto senatore a vita - cosa che voleva più lui di ogni altro -, non è un caso che ora per un probabile senso di colpa le istituzioni non abbiano esitato a rimediare col funerale di Stato.
Noi continuiamo a sostenere la radio e la TV del grande Corrado, che riconosciamo davvero come un padre della TV. Si è parlato di ironia in Bongiorno... Si abusa di questo termine! Bongiorno non sapeva neanche cosa fosse l'ironia. Corrado ne era maestro indiscusso, il vero re dell'ironia. Arbore e De Crescenzo vi si sono avvicinati molto e, soprattutto, Vianello l'ha fatta sua in modo mirabile: tale retorica era troppo raffinata per Bongiorno, il quale faticava anche a capire le battute di chiunque, figurarsi quelle di Corrado e Vianello veri maestri dell'ironia, e lo confessava candidamente, e questo va apprezzato.
Bongiorno era un involontario gaffeur che, nel tempo, ha imparato a rimediare, camuffando la sua naturale incapacità di spiegare fenomeni troppo elaborati per lui come la cultura.
Le sue dolorose esperienze nel carcere, nel campo di concentramento sono da rispettare.
Non crediamo che debbano costituire materia per dipingerlo - stupidamente - come un eroe, giacché molti dovrebbero essere gli eroi, allora.
E' stato un bravo sportivo, e appassionato di sport che ha fatto anche radiocronache: forse quello sarebbe potuto essere un buon campo di gioco per lui, che al fianco degli intellettuali non faceva una gran figura.
Il quiz: sì! E' stata un'ottima scelta, ma così tutta la vita, in Italia, è diventata un quiz (proprio come in America) e Arbore ne ha fatto un critico e profetico inno. Corrado, il vero ironico (e puro autoironico), ha fatto l'antiquiz proprio per comunicare che la vita è altro, inizia quando si spegne la tv, non bisogna confondere il fine col mezzo. Un mezzo che Bongiorno ha saputo sfruttare meglio di ogni altro, dicendo proprio che tutti gli altri che nascevano, o che erano già nati, erano i suoi parti.
E chi lo loda in modo sperticato (da anni) lo sta ora ringraziando con affetto. Noi che amiamo e stimiamo Fazio per la Tv che fa (migliore di quella bongiornesca e molto più vicina a quella di Corrado) non abbiamo mai gradito i panegirici che il discepolo rivolgeva al maestro, ma solo apprezzavamo il suo senso del rispetto.
Un consiglio: leggete il libro "E non finisce qui" scritto da Corrado con Piero Magi.
E' il modo migliore di ricordare un padre della TV, che non è Bongiorno.
Aldo Cairo
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