romanzo di Ada Pirocolpo (1994)
"Il tempo del mondo è un bambino che gioca, che mette qua e là le pedine; il regno del bambino"
ERACLITO, Frammento 52 (Diels)
"Il tempo del mondo è un bambino che gioca, che mette qua e là le pedine; il regno del bambino"
ERACLITO, Frammento 52 (Diels)
AZZURRO ALL'ORIZZONTE: SEBASTIANO
Thomas non vedeva l'ora di conoscere Blue Bill: lo incuriosiva e quasi lo affascinava anche se ne aveva solo sentito parlare da Ruben. L'imprevedibile Billy era stato fondamentalmente il primo  compagno di giochi di Ruben, rimuovendo Silvestro.
Thomas  e Ruben programmarono perciò un viaggio per andare a Bologna. Seppero,  infatti, da alcune certe fonti indirette, che la famiglia di Billy  s'era trasferita da moltissimi anni in quella città, ma non arrivarono  ad altre informazioni; sembrava difficilissimo capire dove si trovava Billy. Divenne un rompicapo, che appassionò Thomas e Ruben. Ancora una volta Billy sembrava aver fatto di tutto  perché altri parlassero di lui e lo ponessero al centro dell'attenzione.
I nostri due viaggiatori  arrivarono a Bologna e l'emozione  nel guardare la città li conquistò:  Bologna, la grassa, la dotta, sembrava la dimora ideale per loro, i  nostri due dottori. Sul sagrato di San Petronio, Ruben e Thomas  diedero a un povero i loro i due panini imbottiti che Marella aveva  preparato per loro, e andarono a mangiare in una trattoria bolognese. Si  diressero quindi verso la Torre Garisenda e verso quella degli  Asinelli; andarono  in una taverna e chiesero informazioni sugli  abitanti del luogo. Fu difficile la ricerca, per le poche indicazioni  che avevano. Riuscirono, tessera per tessera, a ricostruire il mosaico  della rotta verso la loro meta; s'aggirarono sotto i portici dipinti,  contemplandoli pur frettolosamente,  ed elevando così i loro animi  sitibondi di arte. Arrivati al palazzo che cercavano, poterono  riconoscere l'abitazione di Billy. Aprì loro la porta una vecchia  signora, dal volto rugoso e segnato, che pareva una miniatura in legno  piena d'intarsi e ceselli di sapiente manifattura artigianale. Da lei Thomas e Ruben ebbero la triste notizia: Blue Bill  era stato ricoverato in una casa di cura per malati mentali, perché da  tempo era uscito di senno. Ruben vide così morire una grossa fetta della  sua infanzia e della sua adolescenza in un istante. 
Eppure fece l'ultimo tentativo  vano di rinfocolare quella fiammella quasi spenta per prolungarne la  fievole luce, recandosi sulla collina di San Luca presso un'anonima casa  di cura, quella indicata dalla vecchina, che era la governante della  famiglia. Qui ancor peggiore fu l'approccio fra Ruben e Billy, che sedeva in un angolo di una stanza nuda, come lui. Egli continuava a fissare il paesaggio dalla finestra. Da lungo tempo Billy non proferiva parola e ormai non riconosceva neanche più i suoi familiari.
Il rientro a Firenze per Thomas e Ruben fu segnato da questa amara sequenza che Ruben non riusciva a togliersi dalla mente; Thomas propose allora a Ruben di andare a cena in uno dei loro ristoranti preferiti di Firenze fra via dei Pepi e via di Mezzo.
Il progetto al quale Ruben e  Thomas stavano lavorando trovò ugualmente  realizzazione. In quei  giorni, Ruben era continuamente cercato da un giovane, che era stato  accolto nella comunità di recupero. Questi aveva riconosciuto proprio in  Ruben, un tempo, il suo modello di educatore, la sua guida, senza che  Ruben si fosse accorto di questo. Ecco sbocciare una nuova amicizia  all'orizzonte.
Sebastiano, una  quindicina di anni più giovane di Ruben, spesso cercava il suo amico  ritenendolo quasi come un padre. Spesse volte il ragazzo convinceva  Ruben a raggiungere, in sua compagnia, le vette alpine. Insieme,  Sebastiano e Ruben scalarono molte cime: indimenticabile fu la conquista  del Gran Paradiso. Essi raggiunsero i quattromila metri di quota. Ruben  era rassicurato dalla compagnia di Sebastiano: egli era calmo e  tranquillo nell'affrontare anche difficili imprese. Con il senso  dell'opportunità  e la capacità di giudizio nel pianificare, l'affabile e  franco Sebastiano sapeva ben persuadere; era la sua migliore abilità,  che però adoperava per fini onesti. Sebastiano era un cattolico  praticante; era un giovane brillante che ogni madre avrebbe voluto come  figlio. Egli era il modello per ogni ragazzo, era un piccolo fiore  azzurro che Ruben portava con fierezza al suo occhiello.
Fu Sebastiano ad affiancare Thomas  e Ruben nell'elaborare il progetto dell'Ateneo d'arte. Sebastiano amava  il ruolo di coordinamento di un'attività; divenne segretario dei due  organizzatori. La compagnia di Sebastiano divenne ogni giorno più cara a  Ruben. Sebastiano era quasi perfetto, era decisamente equilibrato; su  nessun fronte poteva essergli ravvisato un insuccesso. Preciso,  diplomatico, intelligente, capace di amicizia sincera, Sebastiano curava  il suo legame con Ruben più  di quelli che pur stringeva con i suoi  molti altri amici. E' incredibile a dirsi quanto erano numerosi i suoi  amici. Non è facile definire da dove derivano questi legami: spontanee  affinità elettive? Sì. Sono rapporti che si approfondiscono soltanto con  l'esercizio attivo, ma che già sussistono naturalmente, in potenza. Per  alcuni amici non è necessario incontrarsi con frequenza perché  l'amicizia si eserciti e si attui. Essa già vive, a dispetto della sua  formalizzazione e della sua sostanzializzazione, cose che talvolta sono  addirittura inutili e  quasi superflue. Sebastiano riscaldava spesso i  momenti di solitudine di Ruben e li colorava con la sua gaiezza  azzurrina; confidava all'amico i suoi presentimenti, le sue certezze  riguardanti anche i molti complotti orditi alle spalle di Ruben, che  potevano anche minarne la carriera.
C'era,  tuttavia, un punto interrogativo in Sebastiano al quale egli non  riusciva a dare una risposta con decisione. Né voleva pensarci, pur non  rifiutandosi di accennare a Ruben qualche risvolto di questo suo  problema costituito essenzialmente dalle donne. Sebastiano viveva una  difficoltà di relazione con l'altro sesso, nonostante le sue relazioni  amichevoli annoverassero molte ragazze, alcune delle quali erano  seriamente a lui interessate. Sebastiano con loro non riusciva ad andare  oltre la semplice amicizia. Un greve rapporto molto intenso con la  madre già lo aveva condizionato irrimediabilmente. Anche questo problema  lo unì, suo malgrado, a Ruben. Quest'ultimo aveva però avuto un  rapporto più vivo e vissuto con le donne, come sappiamo; tuttavia i  rapporti di Ruben con le donne erano sempre precipitati nel profondo dei  gorghi di un mulinello d'acqua. Eppure Sebastiano vedeva l'amico Ruben  come un esempio anche nelle relazioni con le donne: almeno Ruben aveva  già amato una donna, anzi tante donne.
Una sera, Thomas,  Marella, Ruben e Sebastiano si trovarono a progettare una camminata in  montagna per i ragazzi della Comunità di accoglienza e recupero. Fu  Sebastiano a decidere il tragitto con l'assistenza di Thomas. Qui Thomas ebbe modo di apprezzare le qualità del giovane.  Ruben e Thomas avevano già parlato di Sebastiano, una sera in una hostaria,  davanti a due buoni bicchieri di Pietra Nera di Montalcino. Ruben,  nell'esaltare la preziosa opera svolta da Sebastiano, non aveva mai  fatto cenno a Thomas dei sottofondi problematici personali del giovane, pur volendolo aiutare. Neanche Thomas  in quel momento avrebbe potuto dare a riguardo un consiglio, nonostante  avesse seguito a lungo, in passato, la formazione di Sebastano nella  comunità. Diventava difficile armonizzare nella gita che avevano in  programma, la presenza di Sebastiano con quella dei nuovi giovani in  formazione della comunità. L'impatto con la sua ex comunità, adesso  vissuta dal punto di vista del governo e della conduzione, si profilava  difficile. Perché facili, invece, sarebbero emerse le identificazioni in  un'esperienza non protetta qual è una camminata in alta montagna, con  relativi pericoli, in compagnia di quei simpatici teppistelli da  governare.
Il profumo caldo della pizza fatta in casa da Marella si espanse nella sala da pranzo. Qui sedevano Thomas,  Sebastiano e Ruben e discutevano sul programma della fatidica camminata  ormai prossima. Proprio quella sera Sebastiano sentì, come non era mai  avvenuto prima, che quei suoi amici erano la sua unica vera famiglia.  A  lui erano cari come nessun altro di cui poteva ricordarsi. La sua reale  famiglia, infatti, non esisteva più.  Sebastiano, d'umile origine, era  nato da una relazione di due amanti  che si sposarono successivamente; i  suoi genitori erano soli al mondo,  scappati da grandi disperazioni, e  quel destino avrebbe poi abbracciato, con  terribili  spire, Sebastiano  stesso. I genitori di Sebastiano,  nella sua infanzia, l'avevano coperto  di caldissimo affetto. Morirono, ancor giovani, in un grave incidente e  da quel trauma il ragazzo non s'era più ripreso:  un sordo e bruciante  dolore da lui era nascosto con cura, una ferita non più rimarginabile  tagliava la sua memoria. L'impietoso contrasto tra la presenza eccessiva  e l'assenza improvvisa di affetto familiare sconvolse Sebastiano che,  in quel polare vuoto di riferimenti, continuò a cercar protezione ora da  dare, ora da ricevere. La comunità venne a costituire nella vita di  Sebastiano il senso della sua stessa esistenza ritrovata; aveva   riportato il rubizzo fiammeggiare d'un falò che scalda di tepore una  compagnia di amici riuniti in cerchio cantando sul sottofondo  di  chitarre. Un rosso fuoco si riaccese nel nero seppioso d'una glaciale  notte in alta quota: proprio così calda fu per Sebastiano la comunità di  recupero. Tutto questo calore, nel tempo, riportò un luminoso sorriso  che non scomparve quasi più, da allora, sul volto tenero e rasserenante  di Sebastiano.
Era tuttavia giunto il momento  in cui, ora proprio a Sebastiano, veniva chiesto di accendere nei nuovi  ragazzi accolti dalla comunità la fiducia nella vita.
La camminata fu più dura del previsto a causa delle condizioni del tempo.
La meta era la cima del Gran Tournalin  in Valle d'Aosta.  Il viaggio si dipanò in sette giorni. due giorni ci  vollero per raggiungere la regione, ove il nostro gruppo trovò  ospitalità nell'accampamento di un'altra comunità composta da volontari  che lavoravano per la costruzione di un centro per malati. Qui  soggiornarono i nostri quindici viaggiatori:
il  rissoso e irascibile Renzo che, in preda a una delle sue crisi causate  da carenze affettive,  negli anni passati aveva già distrutto a sassate  tutti i vetri della casa della comunità; il piccolo Nicola, doppio e  ambiguo, che sfoderava un'aggressività violenta per  far capire a tutti  quanto valesse, per vincere il complesso che gli deriva dalla sua bassa  statura fisica e dalla sua giovane età; Milly, la maschiaccia,  dalle volgari e rudi espressioni che facevano a pugni con la dolcezza  dei suoi tratti; Samuele, di famiglia ebraica, un ragazzo intelligente  traviato dai suoi amici che compromisero la sua fragile volontà:  aveva  anche già  tentato il suicidio; Attila, vispo e vivace ragazzino  effeminato e perciò sempre schernito già in famiglia, il quale sentiva  il bisogno di riscattare la sua mancanza di virilità ostentando un finto  e marcato protagonismo e, così, si faceva vedere forte e violento nel  suo paradossale gracile e rachitico corpicino... anch'egli aveva preso  parte al lancio di sassate sui vetri della casa comunitaria: non avrebbe  potuto farne a meno Attila che, inoltre, seguiva sempre Renzo, il  quale  spesso lo picchiava senza tuttavia farlo sanguinare; infine Ron,  il bello del gruppo, anche se un po' troppo ingrassato: con Samuele, una  sera, si azzuffò alle Cascine poiché il compagno aveva deriso le sue  tanto paventate prestazioni sessuali premature con le puttane che  circondavano il parco nelle ore più solitarie. Ron non sopportò quelle  basse insinuazioni proprio perché le sue difficoltà nell'approccio  sessuale con una donna erano reali: Ron e Samuele si pestarono a sangue.  Samuele si ritrovò un taglio profondo al braccio e Ron uno sfregio sul  volto. Quella volta gli assistenti, con Ruben e Thomas, dovettero correre per accompagnare all'ospedale di Careggi i ragazzi.
Proprio Ron costituiva un pericolo incombente nel rapporto con Sebastiano: Ruben controllava attentamente i loro incontri e gli scontri fatti anche di soli sguardi feroci.
Proprio Ron costituiva un pericolo incombente nel rapporto con Sebastiano: Ruben controllava attentamente i loro incontri e gli scontri fatti anche di soli sguardi feroci.
Con  i ragazzi v'erano anche degli assistenti: i quattro dipendenti della  comunità, due volontari e due stipendiati, tutti laureati in medicina o  in sociologia. Marella, Thomas, Sebastiano e Ruben, insieme al  resto del gruppo, costituivano la granda cordata. Ruben pensò di portare  con sé,  per la sua esperienza di analista, anche Eros che accettò  subito con la sua nota grande disponibilità solo dopo aver svolto una  seria preparazione all'evento, vissuta all'interno della comunità nelle  tre settimane precedenti la gita.
Il gruppo arrivò al luogo della scalata.
Subito  si verificarono piccole risse con i ragazzi appartenenti agli altri  gruppi, e con altri della comunità valdostana. Tuttavia non erano ancora  emersi i grossi problemi...
La  prima notte fu insonne per gli animatori per l'insorgere violento nei  ragazzi di un represso desiderio di libertà, che caratterizza anche gli  adolescenti senza problemi di adattamento.
Il giorno seguente, ecco profilarsi all'orizzonte un primo diverbio serio tra Ron e Sebastiano:
"Ma tu nn te la se' mai fatta una pollastra" disse Ron.
"Bischero" rispose senza intenzioni offensive Sebastiano. Ciò bastò a far tuttavia replicare Ron.
"Bischero  a me tu non lo dici più. Tu l'ha' 'apito?". Fu Ruben a intervenire per  porre fine alla questione. Ormai si avvicinò il tempo della partenza che  non coinvolse l'attenzione dei ragazzi, un po' ignari della difficoltà  del percorso, e perciò non spaventati; essi sfoggiavano sicurezza  soltanto perché non  riuscivano a mostrare la loro fragilità, perché ciò  sarebbe stato per loro troppo umiliante e insopportabile. La loro  natura era fatta di dolorosa insicurezza.
Cominciò la camminata.
In  testa v'era sempre Sebastiano e ciò rinfocolava il naturale spirito di  competizione in Attila, che però rimaneva sempre l'ultimo della fila  anche dietro Milly che lo guardava sorridendo  apostrofandolo con  raffinata eleganza: "Stronzo! Sta' dietro! Che vuo' tu ffare?". Ruben e Thomas  si trovavano a metà cordata per seguire i ragazzi; in coda rimase  Marella con i volontari e l'attrezzatura medica. La salita era  ripidissima e, sotto il sole, i quindici scalatori senbrarono ben presto  sciogliersi. L'aroma salato dei loro sudati corpi incrinati dalla  fatica si mescolò, non troppo tardi, a quello della vegetazione  selvatica e dell'erba sempre più crespa, non appena si raggiunsero  duemila metri di quota. Anche gli insetti, lassù più coriacei,  insidiarono i ragazzi che già si erano lamentati più volte per la  fatica. Esausti, essi volevano tornare  indietro. Questa esperienza,  secondo gli educatori, stava cominciando a dare dei frutti, ma dopo  quattro ore di sudato ed estenuante cammino, si presentarono più grandi  difficoltà. Il sentiero, mal segnato, non fu più visibile e per un lungo  tratto i nostri dovettero quasi arrampicarsi sulle rocce. Fu lì che  Attila cominciò a piangere come un vitello, ma soltanto dopo aver visto  che anche Ron e Renzo lo stavano facendo. Il passaggio benché duro e  impervio fu tuttavia superato. I ragazzi si calmarono, eccetto Nicola  che cominciò a tirare pietre giù nel vuoto: lo strapiombo era  vertiginoso. Allora Sebastiano, preso da un moto incontrollabile, si  avventò contro Nicola e gli diede uno schiaffo. Nicola pianse, ormai  incurante di sfigurare poiché non fu il primo a farlo, confortato anche  dal fatto che a piangere erano i ragazzi più grandi di lui. Ecco, però,  sopraggiungere velocemente, guidato da una forza mal controllata, Ron  che si buttò su Sebastiano minacciando di farlo precipitare di sotto se  egli non avesse subito chiesto scusa a Nicola. Intervennero Thomas ed Eros, che trattennero Ron, mentre Ruben prese Nicola con sé.
Timori  e baruffe scoppiarono sempre meno, quanto più aumentavano i pericoli  naturali presenti nella aspra realtà geologica solcata dal nostro  gruppo.
Arrivarono ai tremiladucento metri sul colle del Gran Tournalin. Qui si fermarono i ragazzi con Marella e gli assistenti. Gli altri proseguirono sulla vetta a tremilacinquecento metri. Nessuno dei ragazzi aveva mai visto prima quell'azzurro spettacolo. Sembrava di viaggiare nel paradiso, sopra le nuvole che, per la prima volta, i nostri - che non avevano mai preso un aereo - potevano guardare sotto di loro dall'alto. Paesaggi impossibili da raccontare per loro, che ognuno vedeva in modo contorto e frastagliato, non avendo sviluppato le loro capacità di percezione gestaltica. Tutti rimasero estasiati e con indicibile e primitiva emozione, nelle pur tenere loro espressioni, sbocciarono affettuosità delicate quanto buffe; i ragazzi si avventuravano in tentativi di descrizione di ciò che vedevano e che credevano di comprendere bene. Presto, nonostante il sole rovente, si resero conto di provare un gran freddo causato dall'altitudine.
Arrivarono ai tremiladucento metri sul colle del Gran Tournalin. Qui si fermarono i ragazzi con Marella e gli assistenti. Gli altri proseguirono sulla vetta a tremilacinquecento metri. Nessuno dei ragazzi aveva mai visto prima quell'azzurro spettacolo. Sembrava di viaggiare nel paradiso, sopra le nuvole che, per la prima volta, i nostri - che non avevano mai preso un aereo - potevano guardare sotto di loro dall'alto. Paesaggi impossibili da raccontare per loro, che ognuno vedeva in modo contorto e frastagliato, non avendo sviluppato le loro capacità di percezione gestaltica. Tutti rimasero estasiati e con indicibile e primitiva emozione, nelle pur tenere loro espressioni, sbocciarono affettuosità delicate quanto buffe; i ragazzi si avventuravano in tentativi di descrizione di ciò che vedevano e che credevano di comprendere bene. Presto, nonostante il sole rovente, si resero conto di provare un gran freddo causato dall'altitudine.
Il ritorno si profilò più faticoso della salita. Milly  pianse, dopo tre ore di cammino perché aveva male ai piedi, imprecando  come era solita fare. Mancavano ancora due ore all'arrivo. Il tempo  trascorse tra il  collettivo lamento e l'insorgere delle crisi a catena.  Stavolta Ron accusò Sebastiano di aver causato le loro sofferenze:  Sebastiano aveva scelto un tragitto non  adeguato alle loro forze. Forse  qualcosa di vero c'era in questa osservazione, ma Ron non seppe  contollare le sue reazioni ed esplose in una serie di insulti che furono  davvero  insopportabili per Sebastiano. "Infame!" gli disse. Sebastiano  si trattenne. Ron poi aggiunse: "Figlio di puttana!". Allora Sebastiano  non riuscì più a controllarsi e, in preda al dolore e alla rabbia, si  gettò su Ron e lo riempì di pugni piangendo. Ron, non abituato a  perdere, ebbe la peggio e si dovette arrendere alla maggior forza di  Sebastiano, più grande di lui. Sebastiano pianse ancor più per aver  fatto del male a Ron. Nessuno degli altri ragazzi proferì parola, quasi a  percepire una dimensione sconosciuta simile a quella di un clan primitivo che vede cadere in battaglia il proprio leader.  L'aria era diventata tranquilla e silenziosa quasi come quella che  grava  su una tomba silenziosa e solitaria tra il verde di un campo  santo. Sebastiano prese, dopo la colluttazione, sulle sue robuste spalle  il pesante e dolorante Ron: lo portò con sé fino all'arrivo. Qui tra  loro cominciò un dialogo destinato a proseguire sino al rientro a  Firenze.
Nel chiedere scusa a  Ron, Sebastiano gli raccontò la sua triste storia e perché aveva reagito  violentemente. Ron cominciò a spargere quei piccoli semi di rispetto e  di affetto che  serbava nelle sue tasche, e che dai primi anni di vita  aveva troppo presto imparato a trattenere nei suoi pugni, chiudendoli,  per l'asperità dei terreni da lui battuti. Quei pugni appartenevano a  mani che avevano saputo più lottare che stringerne altre, come quelle di  un amato fratello. Ron sentiva che adesso si poteva, per la prima volta  forse, fidare di qualcuno senza vergognarsi. Egli  per la prima volta  volle confidarsi senza sospetto e inganno, proprio con Sebastiano.
Sebastiano e Ron erano molto  simili per il loro triste vissuto.  Sebastiano era però riuscito a  realizzarsi e, perciò,  Ron intravedeva una via d'uscita, un tunnel  che conduceva oltre i suoi grandi problemi di adattamento che lo  avevano indotto  a drogarsi. Ciò che forse accomunò, prima nell'odio e  poi nell'amore, i due ragazzi - secondo Eros - fu la loro difficoltà di  relazionare con una donna. Entrambi, fin quando non poterono conoscere  altre donne, avevano avuto due madri eccessivamente apprensive, che  presto erano venute a mancare. L'amore mancato, o troppo presto  spezzato, genera spesso dei mostri. Il destino fu crudele in questi  casi, senza colpe umane.
Con Ruben fu crudele, invece,  quella donna che gli tolse l'affetto prima promessogli: quella donna,  quella dama antica che è la pittura stessa, riconosciuta nei colori  frastornanti di Scozia, finché Ruben non si sentì umiliare da lei e la  rimosse. Vista come la segreta amante di Blue Bill, Ruben cercò  inoltre di seguire 'Donna Pittura' anche lì, con un po' d'invidia,  finché dovette constatare  come quella dama, lei, che per lui era la più  nobile delle arti, poteva anche portare un uomo alla follia. Anche Van  Gogh era impazzito, abbagliato dalla luce degli eventi riflessi sulle  sue tele. 
 Ruben era stato abbagliato da  Fiammetta, attratto da lei come da un quadro famoso di Leonardo da  Vinci. Questi era stato allevato da due donne - Caterina e Donna  Albiera - ed ebbe quasi due madri che riversarono su di lui il loro  amore, che presto venne a mancargli. L'amore mancato genera spesso dei  mostri ma, non spesso, partorisce dei mostri di bravura come  fu per  Leonardo.











 
1 commento:
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