Henri Rousseau “Le Joueurs de football”, 1908
Paolo Rozzio,
Maturità 2010-11, III B Liceo Giusti
INTRODUZIONE
Può certamente apparire singolare la scelta di una tesi sul calcio per un esame di maturità classica. Ma la passione che provo per questo sport, che pratico ormai da quando avevo sei anni, e la scoperta di significative pagine della letteratura italiana dedicate a questa disciplina mi hanno invogliato a percorrere questa ricerca.
Forse, mi piacerebbe anche dimostrare che il calcio e la cultura possono arricchirsi vicendevolmente e collaborare a favore di uno sport sempre più etico, meno violento e mediatico e di una cultura magari meno intellettualizzata che rifiuta, per ragioni ideologiche, il gioco e il suo fascino nei confronti delle masse. Penso sinceramente che diffondere la cultura tra i giovani calciatori sia l'unico modo per riassaporare un calcio dai valori antichi, che non si basi solo su una filosofia televisivo-affaristica o su un tifo violento, ma che cerchi attraverso l'ordine, la correttezza, la dignità e il sacrificio di condurre una squadra alla vittoria.
PREMESSA
Lo sport in generale, ma il gioco del calcio in particolare, ha rappresentato sin dagli anni ’20 del Novecento un fenomeno socialmente rilevante. E' stato una delle principali, se non la principale, forma di intrattenimento per milioni di spettatori che in tutto il pianeta hanno popolato stadi, impianti, strutture specializzate e ambienti all'aria aperta, per partecipare ad una passione comune, ad un'emozione, ad una mitologia collettiva.
Essendo stato definito, dunque, quello che ci siamo da poco lasciati alle spalle, il secolo dello sport, e considerando quanto il calcio sia inserito nella quotidianità con uno spazio e un ruolo indiscutibili nella società in cui viviamo, dalla scuola al tempo libero, dall’industria alla politica, mi domando quali tracce stia lasciando un simile fenomeno nell'universo della letteratura.
Considerata appunto la vasta bibliografia, ho scelto di focalizzare l’attenzione sulle opere di Saba e Soriano.
CAPITOLO 1
Il calcio e la poesia onesta di Umberto Saba
Per comprendere l'opera di Saba, bisogna tener presente il rapporto saldissimo, di profondo affetto, insieme psicologico e poetico, che unì il poeta alla sua città, Trieste, e che costituisce uno degli aspetti più caratterizzanti della sua attività letteraria.
Di Trieste amò anche la sua squadra locale di calcio, a cui dedicò una serie di poesie.
U.S. Triestina Calcio, anni '30
Del calcio così scriveva:
“E' il gioco più popolare che ci sia oggi, ed è quello in cui si esprimono con più appassionata evidenza le passioni elementari della folla. L'atmosfera che si forma intorno a quegli undici fratelli che difendono la madre è il più delle volte così accesa da lasciare incancellabili impronte in chi ci è vissuto dentro. E questo per non parlare della bellezza visiva dello spettacolo, dei gesti necessari di giocatori durante lo svolgimento della gara. Che dire poi di quello che succede tra il pubblico e i giocatori quando una squadra paesana riesce a segnare un goal contro una squadra superiore (la cui superiorità molte volte è dovuta al denaro) e rinnova, sotto gli occhi dei concittadini, lucenti alle lacrime, il miracolo di Davide che vince il gigante Golia”.
Nel 1911 pubblicò, a proprie spese il suo primo libro “POESIE”
Squadra Paesana
Anch'io tra i molti vi saluto, rosso
- alabardati,
sputati
- alabardati,
sputati
dalla terra natia, da tutto un popolo
amati.
Trepido seguo il vostro gioco.
Ignari
esprimete con quello antiche cose
Trepido seguo il vostro gioco.
Ignari
esprimete con quello antiche cose
meravigliose
sopra il verde tappeto, all’aria
ai chiari
sopra il verde tappeto, all’aria
ai chiari
soli d’inverno.
Le angosce che imbiancano i capelli all'improvviso,
sono da voi sì lontane! La gloria
vi dà un sorriso
Le angosce che imbiancano i capelli all'improvviso,
sono da voi sì lontane! La gloria
vi dà un sorriso
fugace:il meglio onde disponga. Abbracci
corrono tra di voi, gesti giulivi.
Giovani siete, per la madre vivi:
vi porta il vento a sua difesa. V’ama
anche per questo il poeta, dagli altri
diversamente – ugualmente commosso.
Umberto Saba si avvicina al calcio casualmente, entra per la prima volta allo stadio solo per accompagnarvi la figlia desiderosa di vedere la squadra di casa, la Triestina. Fino a quel momento il poeta non aveva dato molto peso al calcio, anzi tutti quei tifosi che deliravano o si disperavano seguendo le evoluzioni della sfera lo irritavano; non riusciva a capirne il senso; ma da quel giorno per lui tutto cambiò, dentro quello stadio Saba si sentì perduto, avvolto dal calore della folla.
Quel primo incontro è narrato in “Squadra paesana”; il poeta era ormai rapito da quello spettacolo che gli permetteva, fra l'altro, di riconoscersi nella massa, bisogno da lui sempre inseguito. Proprio in virtù di quella esperienza egli avrebbe deciso di continuare a scrivere liriche sull'argomento, prendendo spunto ogni volta dai momenti più rappresentativi. Così, mentre nella prima composizione aveva espresso lo stupore personale, nella seconda, “Tre momenti”, descrive la gioia e la felicità dei tifosi, la cui brevità è compensata dall'immensità, soffermandosi inoltre sugli istanti che precedono il fischio d'inizio e il comportamento del portiere, che si rilassa quando i suoi compagni hanno il controllo del gioco, ma che diventa guardingo appena lo perdono. Ancora il comportamento dei tifosi è il tema della “Tredicesima partita” scritta in occasione di un incontro disputato a Padova del quale il poeta fu spettatore insieme a sua figlia.
Dopo aver capito che padre e figlia, nonostante non parlino il dialetto locale, parteggiano per la squadra di casa, i tifosi, con un atto di galanteria, regalano un mazzetto di fiori alla ragazza; Saba per ringraziarli dedica loro questa poesia facendo leva sul sentimento di unità che lega gli spettatori al di là delle simpatie per l’una o per l’altra squadra.
Gli spettatori che ci sono oggi negli stadi sono completamente diversi da quelli di un tempo, o quanto meno da quelli descritti da Saba. Il pubblico una volta era più omogeneo; i tifosi di una squadra e quelli dell’altra si mescolavano e sembravano quasi tifare per la stesso club. Oggi è tutta un’altra cosa: osservando gli stadi si nota che sono divisi in settori e ciò fa capire la necessità di separare le due tifoserie, ed inoltre all’interno della stessa tifoseria si possono distinguere tre categorie differenti: ci sono quelli che guardano la partita senza badare ai commenti degli altri, ci sono quelli già un po’ più passionali che si infervorano al commento di chi sta loro vicino, criticando continuamente le decisioni arbitrali (solitamente sono quelli che di calcio capiscono meno di tutti) ed infine ci sono i veri e propri tifosi, i quali nelle corrispettive curve intonano cori per incitare la propria squadra.
Tredicesima Partita
Sui gradini un manipolo sparuto
si riscaldava di se stesso.
E quando
- smisurata raggiera - il sole spense
dietro una casa il suo barbaglio, il campo
schiarì il presentimento della notte.
Correvano su e giù le maglie rosse,
le maglie bianche, in una luce d’una
strana iridata trasparenza. Il vento
deviava il pallone, la Fortuna
si rimetteva agli occhi la benda.
Piaceva
essere così pochi intirizziti
uniti,
come ultimi uomini su un monte,
a guardare di là l’ultima gara.
.
CAPITOLO 2
Goal: un istante che suscita reazioni umane differenti
“Goal” probabilmente è la più famosa tra queste poesie poiché fu usata dal regime fascista per avvicinare i bambini alla letteratura. Il poeta però sembra aver perso la sua verve letteraria, come se non avesse più molto da dire sull’argomento, e la composizione si fa alquanto scolastica.
Goal
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l'amara luce.
Il compagno in ginocchio che l'induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla - unita ebbrezza - par trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l'odio consuma e l'amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
- l'altro - è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasto sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa - egli dice - anch'io son parte.
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l'amara luce.
Il compagno in ginocchio che l'induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla - unita ebbrezza - par trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l'odio consuma e l'amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
- l'altro - è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasto sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa - egli dice - anch'io son parte.
Le raccolte di poesie che rientrano nel “Canzoniere“, fanno parte di una concezione tragica della vita caratterizzata dal dolore. A differenza dei poeti precedenti, i quali tendevano a nascondere gli aspetti più tragici della vita umana per mettere in risalto quelli pieni di consolazione e gioia, Saba accetta il mondo così come si presenta e cerca di rappresentarne i suoi aspetti nella poesia. Il dolore di questo mondo rispecchia il dolore individuale del poeta, dunque si parla di “poesia onesta”, ovvero di quella poesia che cerca negli aspetti della quotidianità il dolore dell’uomo.
Questa poesia, che rientra nella raccolta “Parole” (1933-1934) non descrive solamente l’istante puramente tecnico dell’attaccante che si trova di fronte al portiere e insacca il pallone alle sue spalle, ma presenta un risvolto più profondo che Saba riesce a cogliere. Il poeta cattura le reazioni psicologiche dei personaggi attraverso momenti essenziali: il dolore del portiere consolato dai compagni di squadra, l’esultanza del pubblico e l’attaccante che viene festeggiato dai propri compagni. Nell’ultima strofa , il poeta descrive il portiere della “porta inviolata” che gioisce con “l’anima “; dunque si nota proprio questa somiglianza tra due realtà apparentemente diverse: quella vissuta nel rettangolo verde e quella vissuta nella vita di tutti i giorni; sia in una partita sia nelle esperienze più comuni della vita, i sentimenti risiedono soprattutto nell’animo dell’uomo.
Le cinque poesie sul gioco del calcio sono da molti ritenute il vertice della poesia di Umberto Saba. E in effetti incarnano al meglio la sua idea di “pratica quotidiana” come tratto peculiare dello scrivere poesie. Le “trite parole” che dichiaratamente Saba prediligeva significavano anche triti gesti, triti rituali. E tali sono quelli della squadra e dei tifosi descritti nelle cinque poesie.
Con profonda intuizione psicologica e con riuscite soluzioni di scrittura, Saba ritrae alcuni momenti del gioco del calcio: l’ingresso in campo, l’attesa del portiere, il momento del goal, l’esultanza dei tifosi. Semplici momenti di quotidianità domenicale. Eppure si ha la sensazione immediata, leggendole, che l’autore operi regolarmente uno scarto impercettibile dalla prosa all’epica. Il gioco del calcio diventa il gioco della vita.
Le passioni che si consumano nel “verde tappeto” e sugli spalti sono quelle, più ampie e profonde, delle varie vicende umane.
CAPITOLO 3:
Il calciatore scrittore: la letteratura di OSVALDO SORIANO
Osvaldo Soriano nacque il 6 gennaio 1943 a Mar de la Plata da una famiglia di umili origini. Il padre era ispettore di un’azienda incaricata del servizio d’acqua potabile in Argentina. Osvaldo girò tutto il Paese con la famiglia e questo nomadismo influenzerà molto i suoi romanzi “on the road”. Era un calciatore che prometteva anche bene, fino a quando un incidente pose fine alla sua carriera sportiva. Nel 1971 entrò a far parte della redazione del quotidiano “Le Opinion” e in seguito a “Triste, solitario, y final “ (1973) diventò uno dei romanzieri più noti dell’ America meridionale.
“FUTBOL: Storie di calcio”
"- Di che cosa parla il libro? Di calcio?
- No. Parla dei goal che uno si perde nella vita.
- Ho capito. Portami all'ombra, ragazzo, che ti racconto quella del portiere senza mani. "
- No. Parla dei goal che uno si perde nella vita.
- Ho capito. Portami all'ombra, ragazzo, che ti racconto quella del portiere senza mani. "
Il volume raccoglie venticinque racconti, che rappresentano una vera galleria di personaggi indimenticabili, una immaginaria squadra composta da figure dolci e stralunate, patetiche e comiche, di certo assolutamente vive e affascinanti.
Se scrivere di calcio può apparire un po' restrittivo, se si pensa che i lettori debbano essere solo gli appassionati di questo sport, si sbaglia di grosso quando si parla di Soriano. La sua scrittura riesce a coinvolgere e ad appassionare anche chi non ha mai visto una partita, i suoi personaggi sono un po' veri e un po' fantastici, sempre e comunque vibranti di sensibilità e di calore, ingenui e perfidi nello stesso tempo: l'aculeo piantato nel sedere del portiere per bloccarlo, e poi lì dimenticato, ne è un divertente esempio.
"L'eterna, e crudele imprecisione della parola" in questo scrittore si trasforma nella capacità creativa di costruire immagini e veri ritratti che prendono anima, si agitano, quasi costretti dalla dimensione della pagina scritta a dare una qualche conclusione logica al loro agire, troppo spesso solo giustificato dall'allegria o dal puro piacere estetico, da un'idea che si scontra e frana a contatto con la realtà. Anche le brutture che circondano gli uomini, regimi politici arroganti e violenti, una povertà storica e maledetta contro cui combattere quotidianamente, l'ipocrisia di tanti e la debolezza di molti, sono presentati da Soriano con la ribellione del giusto, ma anche con il disprezzo irridente di chi sa di essere altrove e di essere stato capace di non farsene contaminare .
Soriano aveva iniziato la sua carriera da calciatore, (era anche una vera promessa) ma un incidente ne aveva interrotto l'ascesa tra i grandi del pallone. Per un ragazzo latino-americano il calcio spesso rappresenta l'unica possibilità di riscatto e proprio per questo c'è tanta affettuosa pietà per quei ragazzi che dal successo vengono travolti. Forse è proprio da questa considerazione iniziale che nasce tutta l'ammirazione per il mito del calcio argentino, Diego Armando Maradona: "Maradona è così: non è di questo mondo... Io l'ho incontrato una sola volta in vita mia... Sì, Maradona è così: esiste per la gloria di Dio".
Soriano, giocatore, giornalista, scrittore, grande conoscitore dell'Italia, ci lascia in queste pagine tutta la vivacità di una persona sulla cui tomba, pare, molti vadano ancora ogni giorno a chiacchierare, a scherzare, a lasciare lettere e messaggi.
Se scrivere di calcio può apparire un po' restrittivo, se si pensa che i lettori debbano essere solo gli appassionati di questo sport, si sbaglia di grosso quando si parla di Soriano. La sua scrittura riesce a coinvolgere e ad appassionare anche chi non ha mai visto una partita, i suoi personaggi sono un po' veri e un po' fantastici, sempre e comunque vibranti di sensibilità e di calore, ingenui e perfidi nello stesso tempo: l'aculeo piantato nel sedere del portiere per bloccarlo, e poi lì dimenticato, ne è un divertente esempio.
"L'eterna, e crudele imprecisione della parola" in questo scrittore si trasforma nella capacità creativa di costruire immagini e veri ritratti che prendono anima, si agitano, quasi costretti dalla dimensione della pagina scritta a dare una qualche conclusione logica al loro agire, troppo spesso solo giustificato dall'allegria o dal puro piacere estetico, da un'idea che si scontra e frana a contatto con la realtà. Anche le brutture che circondano gli uomini, regimi politici arroganti e violenti, una povertà storica e maledetta contro cui combattere quotidianamente, l'ipocrisia di tanti e la debolezza di molti, sono presentati da Soriano con la ribellione del giusto, ma anche con il disprezzo irridente di chi sa di essere altrove e di essere stato capace di non farsene contaminare .
Soriano aveva iniziato la sua carriera da calciatore, (era anche una vera promessa) ma un incidente ne aveva interrotto l'ascesa tra i grandi del pallone. Per un ragazzo latino-americano il calcio spesso rappresenta l'unica possibilità di riscatto e proprio per questo c'è tanta affettuosa pietà per quei ragazzi che dal successo vengono travolti. Forse è proprio da questa considerazione iniziale che nasce tutta l'ammirazione per il mito del calcio argentino, Diego Armando Maradona: "Maradona è così: non è di questo mondo... Io l'ho incontrato una sola volta in vita mia... Sì, Maradona è così: esiste per la gloria di Dio".
Soriano, giocatore, giornalista, scrittore, grande conoscitore dell'Italia, ci lascia in queste pagine tutta la vivacità di una persona sulla cui tomba, pare, molti vadano ancora ogni giorno a chiacchierare, a scherzare, a lasciare lettere e messaggi.
Tra i racconti presenti in questo libro di Osvaldo Soriano, ho deciso di focalizzarmi su due in particolare: “Obdulio Varala: il riposo del re del centrocampo” e “Corrotti e venduti”. La mia scelta è ricaduta su questi due racconti perché a mio avviso rappresentano i due aspetti rilevanti ed antitetici del mondo del calcio; ovvero la tenacia dei calciatori e la corruzione di un sistema che sta dietro gli attori principali, i giocatori.
Obdulio Varela è stato un mediano della nazionale uruguayana, quella stessa nazionale che vinse i mondiali negli anni ’50. Osvaldo nel primo racconto del suo libro delinea di Obdulio Varela la grinta ma soprattutto la tenacia che porterà, come si evince dalla lettura, l’Uruguay alla vittoria nella finale di coppa del mondo contro il Brasile. L’altra faccia della medaglia è quella della corruzione. Nel brano, la vicenda dell’arbitro che vende tutte le partite sembra ingigantita, e tuttavia l’idea che vuole trasmettere Soriano è molto chiara. Il mondo del calcio è un mercato dove girano moltissimi soldi e, di solito, dove girano i soldi, si trova anche della gente disposta a tutto per il proprio lucro. I soldi portano a fare cose inspiegabili; oggi sui giornali leggiamo di “calcio scommesse” e ci chiediamo cosa spinga giocatori di talento, ricchi e famosi a scommettere su alcune partite di campionato. L’unica arma che ti permette di restare ai margini di questa realtà, in cui ti ritrovi catapultato improvvisamente, è la testa, è la mentalità giusta, quella che punta ancora sui valori più importanti della vita, quali ad esempio la famiglia e il lavoro, e non solo il guadagno.
Obdulio Varela è stato un mediano della nazionale uruguayana, quella stessa nazionale che vinse i mondiali negli anni ’50. Osvaldo nel primo racconto del suo libro delinea di Obdulio Varela la grinta ma soprattutto la tenacia che porterà, come si evince dalla lettura, l’Uruguay alla vittoria nella finale di coppa del mondo contro il Brasile. L’altra faccia della medaglia è quella della corruzione. Nel brano, la vicenda dell’arbitro che vende tutte le partite sembra ingigantita, e tuttavia l’idea che vuole trasmettere Soriano è molto chiara. Il mondo del calcio è un mercato dove girano moltissimi soldi e, di solito, dove girano i soldi, si trova anche della gente disposta a tutto per il proprio lucro. I soldi portano a fare cose inspiegabili; oggi sui giornali leggiamo di “calcio scommesse” e ci chiediamo cosa spinga giocatori di talento, ricchi e famosi a scommettere su alcune partite di campionato. L’unica arma che ti permette di restare ai margini di questa realtà, in cui ti ritrovi catapultato improvvisamente, è la testa, è la mentalità giusta, quella che punta ancora sui valori più importanti della vita, quali ad esempio la famiglia e il lavoro, e non solo il guadagno.
I pulcini ONB (Opera Nazionale Balilla) della squadra oristanese dell'Ardita prima di un incontro di calcio. La foto è stata scattata la mattina di domenica 9 maggio 1937.
CONCLUSIONI
Il fascino del calcio si fonda, probabilmente, sulla capacità di unire in modo convincente due aspetti: esso costringe l'uomo in primo luogo a darsi un'autodisciplina, cosicché attraverso l'allenamento ottiene la padronanza di sé, e attraverso la padronanza di sé quella consapevolezza che lo conduce alla libertà. Il calcio inoltre costringe il singolo a inserirsi nel tutto, unisce tutti i giocatori tramite la meta comune, e il successo e l'insuccesso di ognuno coincidono con il successo e l'insuccesso di tutti.
Ma il calcio sottende anche tentazioni e pericoli. La dignità del gioco può essere corrotta facilmente da uno spirito affaristico che sottomette tutto alla cupa brama del denaro e che trasforma l’originario spirito sportivo in un’industria di falsi miti. Eppure anche questo mondo immaginario non potrebbe sorreggersi se non sopravvivesse un fondamento virtuoso del gioco, cioè l'esercizio preparatorio attraverso il rispetto delle regole dove si praticano lo stare insieme, la competizione e l'armonia con se stessi. Perché la vera libertà vive regole che permettono di imparare lo stare insieme e la retta competizione, l'affrancamento da un successo effimero.
Il gioco come la vita: se lo consideriamo in profondità, il fenomeno del calcio potrebbe darci qualcosa di più di un semplice divertimento sia per chi lo pratica, sia per chi lo segue.
BIBLIOGRAFIA
TESTI:
Osvaldo Soriano, Futbol: storie di calcio, Torino, Einaudi 1998
Oliviero Beha, Indagine sul calcio, Torino, Einaudi 2006.
Fonti fotografiche siti internet:
http://ilmestieredileggere.Wordpress.com/2008/07/09/Osvaldo-soriano-futbol-storie-di-calcio/
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